lunedì 3 luglio 2017

Giro d'Italia giorno 19 SILA-LAMEZIA TERME

Giro d'Italia giorno 19 SILA-LAMEZIA TERME

 

Durante la notte un’auto si ferma davanti alla tenda e scende un uomo con un cane...mi sveglio spaventato, sembrava vero! Mi giro da un lato e continuo a dormire.
La mattina mi sveglio bello caldo nonostante i 1300 m di quota e il vento, sono rimasto chiuso nella mummia con solo il naso all’esterno, come uno snorkel. Mi pare di sentire della pioggia, ma quando esco il telo è asciutto, probabilmente erano gli aghi dei larici.
Sono lento a ripiegare il campo, colpa delle mani gelate, il rotolo del sacco a pelo non entra, devo rifarlo, sono con il pile e sto appena bene.



Mangio qualche biscotto e parto, ho il vento contro, per fortuna c’è poca salita, navigo nel giallo delle ginestre finchè un branco di una decina di grossi cani rabbiosi mi insegue. 


Sono già con la bomboletta pronta in mano, per fortuna sono in pianura, mi pare di averli distaccati quando un grosso bastardone nero ricompare alle mie costole, mi rincorre per quasi un km prima di darsi per vinto. Ho il cuore che pompa all’impazzata e gli occhi che schizzano dalle orbite, avrei potuto bruciare Cipollini in volata, altro che doping...fearing for your own skin!



Messo dietro le spalle questo altro adrenalinico capitolo del viaggio mi distraggo col panorama fino a raggiungere la sede organizzativa del Parco della Sila, campeggia in tutto il suo splendore un cartello gigante con un lupo e la scritta: sono cattivo solo nelle favole, e poi: il lupo è protetto (“sì, dai suoi denti, penso io”). Un guardiano si affaccenda ripulendo dalle cartacce e parlando mi dice, i cani non sono pericolosi, devi fermarti e procedere piano (una volta sentendomi S. Francesco l’ho fatto...dovevo essere un santo diverso perché ho il segno su uno stinco!), mentre i lupi sono animali schivi, quando sentono l’odore dell’uomo si tengono a distanza, io in vent’anni li ho visti 2 o 3 volte. Va beh morale che ho passato la notte indisturbato.
Al primo bar mi fermo a bere qualcosa che mi riscaldi, sono gelato. Anche qui torma di randagioni intorno ai cassonetti dell’immondizia, la signora del bar dice che sono miti, ma che ce ne sono troppi, sono ovunque, questi almeno non mi assalgono.



Arrivo a costeggiare il lago di Cecita che a quanto pare è il paradiso del pescatore domenicale, sulla riva sono attendati equipaggiati e superattrezzati una lunga fila di maniaci della lenza, immobili con un freddo boia nell’umido della mattina presto in riva ad un lago di montagna (loro staranno pensando: ma guarda sto deficiente con il freddo che fa a prendersi tutta l’aria in bici così carico!).





Incontro ancora parecchi branchi di cani, mi fanno pensare alle tribù selvagge, alcune pacifiche, altre miti e indolenti, alcune irose al passaggio dello straniero ciclista altre ancora decisamente bellicose.


Arrivo a Camigliatello Silano e chiedo informazioni su come è più conveniente proseguire, mi consigliano di salire al valico di Montescuro e giù a Cosenza. Il paese è desolato, nessuno in giro, pochi negozi di prodotti tipici e souvenirs aperti, è ancora presto, la domenica la gente dorme.
Attacco la salita per il valico, ha una pendenza gradevole e si sale ad una buona velocità.


Dopo un po’ di km mi fermo ad una bella fontanella a lato della strada immersa nei boschi che nulla hanno da invidiare a quelli alpini e resto un poco a parlare con un venditore ambulante che sta allestendo la bancarella di vini olio sottoli e salumi, è entusiasta del mio viaggio e mi fa mille domande. Mi piace parlare con le persone che riescono ad emozionarsi e a sognare, anche se bloccati da un fisico pesante e un lavoro sedentario hanno ancora uno spirito agile e frizzante.


Passo accanto al cartello che indica in centro di sopravvivenza dell’Aeronautica Militare, dove feci il mio primo corso invernale nel 1981, considero di farci un passaggio, ma ci ripenso e continuo a salire, mi immergo nella nebbia che ammanta le cime e finalmente raggiungo il passo, foto e prima di raffreddarmi affronto la discesa. 



Grandissimo errore, per non perdere tempo resto con pile, gilet e guanti leggeri, in un attimo sono ibernato e arrivo dopo 10 km a 50 km/h a Spezzano duro come un fossile. 



Ho attraversato paesaggi splendidi, boschi e foreste antichi, ma non mi sono per nulla goduto il panorama attanagliato dalla morsa del freddo e dalla pioggia che a tratti mi ha rallegrato.
Mi fermo in un bar con le mani che faticano a frenare e mi ammanto intorno al calore di una tazza di the, piano piano torno alla temperatura umana, indosso la combinazione in goretex, copriscarpe e i guanti caldi per sfidare il resto della discesa, così si sta proprio bene. 




Arrivo alle porte di Cosenza e mi svesto, in basso fa caldo. Confidando nei suggerimenti ricevuti vado in stazione e prendo un treno per Paola, non ho voglia di una bella bagnata in montagna, perché il tempo non lascia speranze.
Pranzo in stazione attendendo il treno, qui non ci sono rampe per la bici, ma il treno è allestito per il trasporto biciclette, una galleria di quindici minuti mi porta a Paola. 




Il paese non è entusiasmante, S. Lucido, Amantea, panorama di falesie e monti a sinistra, cielo con nuvoloni sopra e mare grosso che rotola sulla spiaggia grigia e corta, sparuti bagni ancora in preparazione per l’estate.












Il tempo è migliorato, mi concedo un gelato a Lamezia Terme e superato l’aeroporto trovo il mio bivacco in un uliveto, peccato per il terreno argilloso che si incolla alle suole e la moltitudine di formiche.

Oggi 140 km pedalando 6h 25' dislivello +710m

Totale 2321 km in 117h 05’ dislivello +21332m

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