mercoledì 26 aprile 2023

  PROGETTO TRANSAMAZZONICA 2023


MAROCCO: TOUR DI FAMIGLIARIZZAZIONE DEL TEAM 

21 Marzo - 5 Aprile 2023

parte seconda


Qui il link al percorso sull'app. Komoot




La mattina del giorno 7, (28 marzo), ci accoglie all'hotel Panorama di Ait Hani, io e Riccardo abbiamo dormito nella stanzetta mentre Alberto ha optato per un letto nel salone da pranzo tra i tavoli e le bici.
Straordinario, finiamo in fretta e alle 8,15 siamo pronti, mai accaduto!






Si affronta subito un gran tratto di discesa ripida dove è impossibile non stare aggrappati ai freni, poi inizia un altopiano con i soliti saliscendi, capitiamo in un mercato affollato di locali che sciamano tra le bancarelle, sarebbe un delitto non immergersi nella vita locale.





Un pastore con un numeroso gregge di capre nere risale il greto asciutto dello oued, nella valle sempre tortuosa ed angusta. 


Incrociamo una coppia di ragazzi olandesi che ci vengono incontro, sono anche più carichi di noi. Partiti quest'inverno ci raccontano che generalmente percorrono 40/60 km al giorno, non hanno una previsione di rientro.

Su un gomito della valle sorgono alcune costruzioni caratteristiche, una è senz'altro un albergo vista l'animazione che regna ed il numero di veicoli.



Ora, dopo aver sbagliato strada una volta, controllo più spesso di essere sul tracciato del viaggio, ecco infatti un problema: siamo fuori percorso, passo dalla cartina di Komoot a quella di Google maps ed il problema persiste, siamo in un punto dove non esiste una strada, eppure siamo su un tracciato molto largo e dall'asfalto perfetto, si vede la strada compiere un'ampia voluta nella valle e dirigersi verso un'enorme cantiere. Temo di essere su una nuova strada per i mezzi che lavorano, non abbiamo comunque incrociato bivi o altre strade. Non ci resta che proseguire e scopriamo che è in costruzione una grande diga. Probabilmente il vecchio tracciato è stato spostato perché finirà sommerso nell'invaso che si creerà, ancora, però, la cartografia non è stata aggiornata.
All'altezza della diga la strada precipita zigzagando in tornanti nella strettoia, poco oltre una nuova serie di gole ci ferma per ammirare il panorama. In alto, su un fianco, si vedono delle grotte riparate da muri a secco e panni colorati stesi, probabilmente capanne e ovili dei pastori le cui greggi si vedono sparse sulle pietraie attorno. Qui probabilmente ci sono ovini mutanti che riescono a cibarsi di pietre, la vegetazione è praticamente inesistente.






La valle si stringe sempre più sino ad arrivare alle gole del Todra, sfruttate turisticamente da un paio di alberghi con ristorante, decine di mercanti che espongono tessuti, monili, tappeti, oggetti caratteristici, figurine ottenute da foglie di palma intrecciate e le immancabili pietre incrostate i cristalli. 
Dal  fianco di una parete di roccia accanto al ristorante una sorgente sgorga con un gran getto ridando un senso al letto asciutto del torrente, decine di turisti se ne stanno con i piedi in ammollo ed il naso all'insù guardando gli strapiombi dell'orrido. 
Anche la strada è invasa di persone che parlano tutte le lingue, poco oltre un parcheggio accoglie decine di minibus.
Scendendo incontriamo riad e chambre d'hôtes qua e là mentre molti tratti delle pareti di roccia sono attrezzati per l'arrampicata e si vedono climbers che, come insetti colorati, sono incollati a varie altezze.
Il tempo come sempre è bellissimo, cielo azzurro e sole brillante, il caldo ci spinge ad una sosta CocaCola e noccioline a Tinehir dove si incontra la strada nazionale. 




Puntiamo diretti a Sud su una pista che, dopo un tratto, ci porta da 1250m di quota verso i 1700m, la salita è piuttosto dura ma veniamo premiati da una lunga discesa in lieve pendenza ed il vento a favore.



Un'ennesima salita ci porta a Tiniwarkane dove la ricerca di Alberto riporta un alberghetto. Ancora una volta veniamo traditi da un Google maps non aggiornato o smentito da improvvisazioni da Ramadan, ispezionato tutto il villaggio non troviamo nulla e un gruppo di anziani seduti all'ombra della piazzetta ce lo conferma.
Ripieghiamo su una soluzione ovvia, cerchiamo un negozio per fare spesa e campeggiare nel primo luogo che ce lo consenta. Anche questa opzione naufraga, l'unico negozio vende solo succhi di frutta e merendine, le nostre certezze cominciano a vacillare quando il negoziante non parla una parola diversa dall'arabo.





Nel frattempo siamo circondati da ragazzini curiosi che ci coprono di domande nelle quattro parole di francese che conoscono, nella moltitudine spunta un ragazzo di una ventina d'anni che parla discretamente il francese. Attraverso di lui il negoziante Brahim ci offre ospitalità  a casa sua per cena, pernottamento e colazione, si scatena allora una serrata contrattazione sul prezzo con notevoli difficoltà di traduzione dei numeri, mi pare di capire che qui calcolino tutto in una vecchia valuta che devono poi convertire al Dirham. Ci si guarda in cagnesco, si propongono e rifiutano cifre, poi come al solito ci si accorda e si diventa amiconi.
Nel parapiglia, quando risalgo sulla bici mi rendo conto che sono spariti i miei occhiali da sole appesi al manubrio, evidentemente un bambino ha avuto le mani leste, mi preoccupa solo il fatto che in un paese dove non si trova acqua da bere non troverò certamente degli occhiali e con questo sole non sarà divertente.
Comunque Brahim sale sul motorino dopo aver chiuso bottega (evidentemente siamo il suo "affare" del giorno) e ci conduce a casa sua, un cancello metallico ci dà accesso al giardino con molti alberi da frutto che separa due costruzioni, in una veniamo alloggiati noi, mentre nell'altra vive la sua famiglia.





Portiamo all'interno le bici e ci sistemiamo nella stanza che ci indica, dove tre materassini, cuscini e coperte sono allineati sui tappeti in attesa di accoglierci. Arriva anche il padre di Brahim a salutarci e darci il benvenuto, qui l'accoglienza è una cosa seria.
Parto per farmi una doccia fredda, dato che l'acqua calda non c'è, e vengo fermato mentre mi sciacquo da un Brahim disperato che immediatamente mi porta un secchio di acqua calda da casa sua. Gli pare impensabile la doccia fredda. Comunque va bene così, le comodità non fanno dispiacere.




Subito compare il the sul tavolino circondato da pane, datteri, olio e mandorle. Siamo tutti accampati sui materassi circondati da due figli, Brahim, il ragazzo che traduce (e cercherà disperatamente tutto il tempo di essere aiutato a trovare un lavoro all'estero) e poi anche la moglie che appare agile di mente e parla un po' di francese. Il marito la spedisce a casa appena lo mette in ombra con un intelletto decisamente superiore al suo, qui la donna è ben lontana dalla parità.
Ci troviamo a parlare in spagnolo al telefono con un amico di Brahim che vive in Spagna, una situazione incredibile, da film di Totò, e spiega in arabo quello che diciamo, o risponde a alle domande del padrone di casa.
Alla fine riusciamo a lavarci tutti, la sceneggiata prosegue fino all'ora di cena, ma ci permette di entrare un poco nella mentalità e negli usi locali, sono cose che spesso risultano difficili da comprendere e raccontare, sfumature che si percepiscono a pelle.
Ormai oltre le 21 arriva una montagna di couscous circondato di verdure e sovrastato da un pezzo di carne di manzo, una ciotola contiene il brodo di verdure per inumidire il tutto.


Stranamente qui il segnale telefonico è scarso e dobbiamo salire sul terrazzo per avere un minimo di connessione quando non c'era problema nemmeno tra le montagne.
La situazione prende una piega comica quando Brahim e la moglie scoprono che Alberto non è sposato e, dopo cena, la signora compare con una giovane possibile candidata, se non abbiamo frainteso, sarà un divertente motivo di scherzo e risate per il resto del viaggio, nella tempesta di telefonate che assillano il povero celibe Alberto.


Il padrone di casa sembra non volerci lasciare mai, alla fine mi arrendo alla maleducazione e mi infilo nel sacco a pelo...non so com'è andata a finire :-)

La mattina del giorno 8 di viaggio ci vede pronti piuttosto presto dopo una sostanziosa colazione.



Salutiamo Brahim e la famiglia, paghiamo la pensione, mille foto e ci avviamo verso la strada statale che dista circa un km. Il nostro ospite ci raggiunge col motorino, e, dispiaciuto per non essere riuscito a ritrovare i miei occhiali da sole, mi dà un paio di finti Ray Ban dalla montatura mista tartarugata/oro, le lenti sfumate e due ferretti al posto delle viti che tengono le stanghette. E' veramente tenero e commovente il nostro Brahim, proseguo il viaggio con un look epoca John Kennedy che dà lustro e prestigio al team.

   
Il tempo anche oggi è bellissimo, facciamo molte soste foto.






Un laghetto verso la sommità scatena la vena artistica, al passo un albergo dall'architettura caratteristica è arroccato tra colli rocciosi.



















Verso il basso costoni, canyon e pinnacoli riportano a degli scenari da Monument valley. I torrioni sfidano la nostra fantasia, associati a pecore, biciclette e gli edifici colorati di una scuola.









Piccola intrusione a spinta in un corso d'acqua semiasciutto scavato nella roccia per immortalare palme solitarie.




Terminata la discesa seguiamo la valle fino a N'Kob in un panorama giallo e uniforme, terreno quasi piatto costeggiato da due linee montuose ai lati.


Il villaggio ci offre l'opportunità di riposare e mangiare in un locale modesto a bordo strada, spiedini, insalata marocchina che mi ingolosisce ma rimpiangerò, come ogni volta, di aver mangiato per gli effluvi pestilenziali della cipolla, una consistente dose di bevande gassate ripiana il bilancio degli zuccheri.
Proseguiamo verso Zagora, accompagnati da un vento che ci è nemico, ma presto si calma e possiamo procedere tranquilli sfruttando la lieve discesa.
Il campo tendato che era il nostro obbiettivo non si trova, decidiamo di fare spesa per un bivacco selvaggio, questa volta trovo anche i piselli che andranno nella pasta insieme al tonno.
Dall'area di servizio dove siamo fermi a considerare la situazione imbocchiamo una strada sterrata ed un ponticello che porta nei palmeti sulla zona bassa della valle.
Un centinaio di metri e siamo in mezzo al palmeto valutando il terreno, poco dopo le tende sono in posizione e l'accampamento è pronto. 




L'ultimo atto si svolge di fronte alla pasta tonno e piselli, sistemiamo fornello e pentole, leghiamo le bici e ci mettiamo in tenda.

Come previsto la mattina, giorno 9,  troviamo contadini e passanti sulla vicina strada sterrata che osservano incuriositi le nostre operazioni di smontaggio del campo, carico delle bici e altra sostituzione raggi per la ruota posteriore di Alberto, questa volta più semplice, non dal lato dei pignoni.




Un contadino resta per un poco tra noi a chiacchierare finché non abbandoniamo il palmeto e ritorniamo sulla strada principale dove ci attende una colazione all'area di servizio e un tagliando di pulizia e lubrificazione della catena a tutte le bici.
I pedali scorrono meglio e la lieve pendenza ci fa progredire senza sforzo, solo il sole si accanisce già di prima mattina.
Tra le tante costruzioni particolari in fango rosso ocra risalta la casbah Oulad Othmane, ci sovrasta da un rilievo, è enorme, ben tenuta e ospita un hotel con piscina.




Una pausa caffè al bar si trasforma in un pizza brunch.
Copriamo i 6 km che ci separano da Zagora in un soffio, l'idea è di fermarsi a fare spesa per la cena, ma in città perdiamo il contatto con Riccardo, messaggi e chiamate non sortiscono effetto, probabilmente siamo in uno dei  rari angoli dove non c'è segnale. In attesa di ritrovarci compriamo vettovaglie e molta acqua, quindi ci spostiamo all'ombra in attesa di notizie.
Dopo un po' riceviamo una chiamata, evidentemente i messaggi sono arrivati, Riccardo non ci ha visti e ha proseguito per un tratto, l'attesa sarà piuttosto lunga a causa di una foratura.
Raggruppati ci dedichiamo alla nostra attività preferita, la degustazione delle pietanze locali.
Ormai si è fatto tardi, poiché abbiamo deciso di tagliare la parte bassa del percorso verso M'Hamid e andare diretti verso Forum Zguid lungo la strada nazionale RN17, ci troviamo davanti 120km senza un villaggio, optiamo per un pernottamento in riad qui in periferia di Zagora.




Il telefono ci guida in un dedalo di stradine sterrate fino al riad Sole del Mondo che si mostra una bella scelta, con tante piante, fiori, gazebo e piscina. 



The di benvenuto, una nuotata in piscina e una bella doccia prima di sistemarci nel gazebo a mangiare l'abituale zuppa marocchina, le bici rimangono stracariche con tutte le vettovaglie che consumeremo domani.



Ci siamo accordati per avere la colazione prima dell'orario di servizio, ce la lasciano pronta su un tavolo apparecchiato, purtroppo non ci saranno cibi e bevande calde ma già sono stati gentili così.

La mattina del giorno 10 consumiamo la colazione e alle 6,30 stiamo già partendo, ci districhiamo nel dedalo di vicoli sino alla strada asfaltata, raggiungiamo Zagora e imbocchiamo la statale verso Forum Zguid. Nonostante l'orario la temperatura è già elevata, ci muoviamo nell'arida vallata accompagnati da un venticello che ci spinge.



Il traffico è molto scarso e la vegetazione inizialmente composta da acacie sparse e cespugli va mano a mano diradandosi fino ad annullarsi quasi completamente. Riccardo fora una ruota e la riparazione sotto il sole ci dà un bella strigliata, ormai il sole a piombo ha portato la temperatura a 37°C.


Bici "cammello" di Alberto, bottiglione d'acqua da un lato e bottiglione di verdura dall'altro







Ancora un tratto e ci accampiamo sotto l'unica acacia in vista per sottrarci ai raggi diretti.
Siamo carichi d'acqua e la sete non è un problema, laviamo e tagliamo la verdura che sarà il condimento della spaghettata di oggi, cipolla, melanzana. zucchina, peperone, carota e pomodori cuociono e completiamo la cottura aggiungendo la pasta, tocco di lusso del parmigiano in busta portato da casa.



Il risultato è il piatto migliore mai cotto e consumato, nel bivacco in bici, complici anche gli ingredienti che in Marocco sono ben diversi dai prodotti che si trovano nei nostri supermercati.


La lunga pausa e il pasto ci rimettono in forze e la lieve discesa ci agevola nel raggiungere un hotel alla periferia di Forum Zguid, una bevuta di liquidi freschi e zuccherati ci fa riprendere le energie e raggiungere il campeggio 5 km oltre il paese.




Avendo pranzato piuttosto tardi mangiamo qualcosa di leggero al ristorante del campeggio e chiudiamo la giornata dopo oltre 120km.

Anche oggi sveglia presto e l'11° giorno inizia con un lunghissimo rettilineo che ci conduce verso le montagne.




Cominciano le salite ma sono dolci, nel panorama ocra delle vallate, purtroppo non c'è un bar aperto per fare colazione, ormai siamo abituati bene e viaggiare a stomaco vuoto non è nostra abitudine.
Nella la prima cittadina che incontriamo a parte una grande rotonda non c'è nemmeno un negozio aperto, non ci resta che proseguire.
Per Alberto è una giornata nera, fora due volte e rompe altri quattro raggi al posteriore, ormai affaticati dalle rotture precedenti e dai km di vita. Siamo a sette raggi rotti con 6 ricambi a disposizione, si dovrà continuare con uno mancante. La riparazione avviene in un villaggio minuscolo, ancora una volta veniamo aiutati dagli abitanti, un vecchio ci porta una bottiglia d'acqua non minerale (che non berremo per paura della dissenteria) del pane e delle arance, il vicino che vive di fronte ci invita a casa sua per un the.
A lavoro terminato ci spostiamo per bere il the, non nascondo con un po' d'imbarazzo, ma il padrone di casa ci tratta con gentilezza e ospitalità mettendo sul tavolo datteri, olive e rotoli di sfoglia alle verdure con curcuma e semi di sesamo, in breve si ride, si scherza e si fanno foto.


Ripartiamo rigenerati, ma, siamo ancora in vista delle case quando una ruota bucata ci ferma ancora. Mentre Alberto ripara la camera d'aria, io ispezione l'interno del copertone, un infido e sottilissimo filo d'acciaio sbuca verso l'interno, sicuramente il residuo di uno dei tanti copertoni di camion disintegrati che si trovano sulla strada, estrazione con la pinza e rimontaggio.


Le valli aride che percorriamo sono immerse in aria immobile, non un alito di vento e la temperatura arriva, record del viaggio, a 41,8°C, in un bagno di sudore arriviamo  nel villaggio di Taznakt.
Finalmente un negozio di alimentari aperto! Banane e succo di frutta sono il pranzo.


Un pomeriggio duro di salite e discese ad una temperatura impossibile ci porta ad Anzal.


Villaggio sperduto con un albergo messo male ma provvidenziale, ci sono già due ciclisti in MTB con un carico bikepacking leggero, scopriamo la sera che sono olandesi, uno è meccanico di bici e aiuta Alberto a tendere meglio i raggi al posteriore per centrare la ruota.
A causa della scarsità di turisti e del Ramadan anche qui non hanno molto cibo in dispensa, Riccardo, che non vuole la solita tajine chiede del formaggio e patatine fritte, il piatto sarà una brutta sorpresa, dose da bambino di patate e altrettanto di formaggio che sembra sintetico, per la prima volta il cibo è veramente scarso in tutti i sensi, compenseranno portando un po' di couscous. 
Anche oggi più di cento km e 1350m di dislivello.

Siamo ormai al 12° giorno di viaggio, domani dovremmo arrivare a Marrakech. Abbiamo deciso di tagliare il tour che porta al passo di 3500m ai piedi del monte Toubkal, non c'è abbastanza tempo.
Alla mattina presto dopo colazione siamo già in strada, la prima parte scorre quasi piana nei consueti suggestivi panorami aridi, parecchia discesa con qualche inopportuno strappo a salire che irrita la pigrizia.






Lungo i tragitto incrociamo un'area di servizio surreale, sembra di essere sulla Route 66, con pompa dell'acqua a ventola, relitti di vecchie auto americane e cartelloni, scopriamo essere stato il set cinematografico del film: "The hills have eyes"









Una quarantina di km e siamo ad Amerzgane, dove, salendo verso nord, intercettiamo la statale Marrakech-Ouarzazate.
E' pausa di mezza mattina, un negozio di alimentari gestito da un signore, aiutato dalla timida figlia che parla un po' di francese, ci fornisce baguettes di ieri (oggi è domenica niente pane fresco) tonno, yogurt e beveraggi. Il muretto all'esterno ci fa da tavolo e in un attimo divoriamo tutto, siamo all'ombra e la giornata non è ancora troppo calda.
Si procede ora sulla statale trafficata già percorsa all'andata, molti tratti con lavori in corso sterrati e con sgradevoli nubi di polvere, i pulmini che trasportano turisti sono pericolosissimi, gli autisti hanno una guida estremamente spregiudicata e non esiste rallentare per un ciclista, bisogna stare molto attenti.
Ancora una ventina di km e siamo al ristorante di Abdel, dove abbiamo cenato all'andata e dormito la seconda notte. Il ragazzo è contento di vederci e chiacchierare un po', ci offre un the che ormai è la nostra droga.
Pranziamo un po' più avanti all'ombra di un ristorante, siamo a corto di dirham, quindi pasto al sacco e Cocacola fresca come digestivo, mentre i turisti sciamano sulla terrazza panoramica che guarda la valle mangiando brochettes, tajine e couscous.




Una salita abbastanza comoda, a parte l'ultimo tratto, ci porta ad Aguelmuss dove avevamo previsto di pernottare, ma ancora una volta l'aggiornamento di google maps ci tradisce, c'è solo una costruzione che il padrone definisce chambre d'hotes ma è più vicina allo stile di un pollaio, non c'è doccia e nemmeno acqua calda in più il prezzo è un ladrocinio. Pensiamo che sia più confortevole la tenda e proseguiamo verso il passo. Gli ultimi dirham se ne sono andati nella spesa per la cena, scegliendo il cibo in funzione del costo.
C'è un vento molto forte, bisogna pedalare vigorosamente in discesa e salire al secondo colle è un'impresa, sosta obbligata al bar/supermercato di pietre al Tizi N'Tichka, che ci consente un the corroborante pagato in euro.



Proseguiamo in discesa, Alberto ricorda una fonte e prati al fianco della strada, una zona che potrebbe essere il nostro bivacco per questa sera. Effettivamente troviamo aree verdi ma sono troppo vicine alla strada e visibili ai passanti, vorremmo qualcosa di più riparato e mimetico.
Poco oltre, accanto ad una minuscola valletta popolata da un gregge, cani e il pastore, ci sono un paio di costruzioni, una sembra l'equivalente delle nostre case dell'ANAS e di fronte un bar con terrazza e giardino che pare fare al caso nostro per il bivacco. 


Il locale è chiuso e, dopo una discussione sull'opportunità di rimanere cominciamo, a montare le tende e quindi a cucinare sotto la veranda d'ingresso del bar. Accanto il tavolo designato per la cena, il tutto sotto gli occhi indifferenti di un vecchio pastore tedesco che è impegnatissimo a dormire e un cane del pastore che palesemente ambisce a qualche boccone.


Si cena col pile e il piumino, la sosta a 2200m di quota si prospetta fresca nella notte, dopo aver sparecchiato e ritirato (quasi) tutto leghiamo le bici e ci ritiriamo nei nostri appartamenti, questa volta non siamo molto nascosti, ma le curve della strada fanno si che chi passa sia impegnato a guardare dove mette le ruote più che il panorama, soprattutto di notte.

Oggi, giorno 13 del viaggio, abbiamo una sveglia più comoda del solito, visto che una bella discesa di una cinquantina di km ci attende. All'appello manca una pentola, dopo una ricerca a tappeto non compare, pensiamo che uno dei cani se la sia portata via per leccare gli avanzi, ma casualmente Alberto guarda nel bar e la vede appoggiata su un tavolo. Probabilmente è stata lasciata davanti alla porta e il padrone, arrivando, l'ha appoggiata là, ce la rende senza problemi e si parte.
Affronto la discesa con pile, giacca e pantaloni isolanti, nei primi chilometri si sta bene coperti, sostiamo a far colazione in un bar dove già all'andata ci eravamo fermati, ci capita una scenetta particolare: il vento fa volare un guanto giù per il dirupo accanto a noi, lo guardiamo sconsolati appoggiato sul terreno ripidissimo e franoso, arriva il ragazzo del bar e come uno stambecco scende in ciabatte a recuperarlo. 


Proseguiamo la discesa, tra i tornanti all'inizio poi lungo il fianco della valle fino ad un posto conosciuto, il distributore di benzina con l'hotel dove abbiamo pernottato la prima volta. Ora ci prendiamo un mezzo bicchiere di gasolio per lavare, con un mio vecchio spazzolino, i denti alle bici. Spazzoliamo la catena e le pulegge del cambio ber liberarli dai sostanziosi depositi di polvere, tutta la trasmissione ringrazia sentitamente scorrendo più fluida e dimenticando i fastidiosi cigolii.
Ancora discesa lungo i panorami conosciuti e sosta pranzo in un bel ristorante terrazzatissimo, i piatti sono discreti purtroppo l'attesa è molto lunga, facciamo in tempo a far amicizia con gli altri ospiti e chiacchierare un po'.
Ormai a una quarantina di km da Marrakech la discesa è finita ma un generoso venticello ci accompagna nell'ultimo tratto facendoci viaggiare a velocità mai toccate in pianura, grazie anche alla frenesia di Alberto che tira la volata con una foga inspiegabile.
Entriamo in Marrakech dopo aver percorso i grandi viali periferici ed arriviamo in piazza Jemaa El Fnaa nel pieno fervore delle attività, da qui imbocchiamo le stradine superaffollate della medina e in breve siamo all'ostello.




Un the di benvenuto e passiamo subito allo smontaggio delle bici, ancora una volta il mio compito è piuttosto laborioso, devo fare a pezzi la Teresa e impilare tutto stratificando telaio e bagaglio tra le due ruote, fissare tutto con una gran quantità di fascette, avvolgere il pacco nel foglio di pluriball protettivo e solo alla fine mettere questa grande torta nella sacca di nylon. Per Alberto e Riccardo il lavoro è più semplice: togliere la ruota anteriore, sgonfiare, girare i pedali e infilare i due pezzi nel cartone seguiti dai bagagli.
Piazziamo i nostri "pacchi" nel sottoscala all'ingresso, ci sistemiamo nelle camere, questa volta siamo divisi, una doppia e un posto in stanza da 4, e da ultimo una doverosa doccia.
Ci immergiamo nel dedalo di viuzze gremite di turisti e venditori del suk, profumi, rumori e colori  confondono i sensi ormai disabituati dai giorni trascorsi nella quieta solitudine del deserto e dei villaggi.
Alberto ci offre la cena dell'ultimo giorno che, ci dice, per lui è una tradizione. Per soddisfare le voglie di tutti ci concediamo due round, prima in un locale caratteristico dove arriviamo attraverso una scaletta angusta e ripida, gustiamo pizza e zuppa marocchina al suono di strumenti etnici ma senza una birra ad accompagnare a causa del rigore imposto dal Ramadan. 


La seconda tappa sarà in un ristorante con terrazza panoramica che mostra la gran piazza in tutto il suo splendore luminoso della notte, lo spettacolo compensa la fregatura che il ristoratore ci riserva, prima di salire ci assicura che ha l'agnello, ma una volta seduti al tavolo non c'è più, nel periodo del digiuno il macello non lavora e dobbiamo accontentarci di spiedini misti.







Chiudiamo la serata mescolandoci alla brulicante folla che riempie la piazza, tra le mille bancarelle di frutta, spremute e street food e rientriamo al Be Nomad per il meritato riposo.

Il risveglio in un letto con il confort del bagno è un lusso a cui non eravamo più abituati, Riccardo invece, per sfuggire la stanzetta soffocante si fa preparare un letto sui divani sotto il tendone della terrazza e dorme alla maniera berbera imbacuccato nel sacco a pelo.
Inizia il giorno 14 che spenderemo vagando in città fino a sera, per trasferisci in aeroporto col bagaglio dopo cena, a causa dell'orario di partenza del volo.
Cominciamo godendoci in tranquillità la colazione nella minuscola hall rivestita di maioliche, saldiamo il conto, ci accordiamo per lasciare il bagaglio fino a sera in attesa del taxi per l'aeroporto e ci lanciamo in visita.
Riccardo si lancia alla ricerca di regalini, cartoline, braccialetti ecc. mentre io e Alberto curiosiamo qua e là, centinaia di vasetti di frutta e verdura in conserva, abiti e scarpe contraffatti dei marchi più popolari, costumi locali, sento il prezzo dello zafferano e passo la mano, qui sono troppo abituati a trattare con i turisti.




Per un soldo mi prendo una deliziosa pagnottelle coperta di semini da un venditore ambulante con carrettino a mano. 




Sto sbocconcellando quando nella folla vedo un volto conosciuto, lo chiamo: "Filippo!", non si volta...eppure...gli somiglia troppo, riprovo urlando più forte e si volta, sguardo indagatore tra la folla, poi stupito e infine sorriso. Che caso, incontrare una conoscenza nella confusione incredibile che regna e a tremila km in linea d'aria da casa, saluti, due chiacchiere e via ognuno per la sua strada nella vita brulicante.
Cerchiamo del nastro da pacco per chiudere i cartoni delle bici e un internet point che ci stampi il biglietto aereo da mostrare al check-in, qui non è possibile farlo on line.
Non possiamo mancare il the sulla terrazza di uno dei caffè che offrono la vista della piazza, incontriamo subito un gruppo di italiani, ce ne sono moltissimi e ci godiamo il panorama, ancora non molto caotico, la mattina l'attività si avvia lentamente, oggi la temperatura sembra cambiata, è piuttosto fresco, e in serata è prevista pioggia.
Il passo successivo è quello di cadere nella rete articolata dei trafficoni del turismo, con un abile gioco di passaggi. Tutto inizia da un apparente casuale incontro con un tale che parla italiano, ci dice: "siete fortunati oggi c'è un mercato particolare in quella direzione". Un altro tale cammina rapido in quella direzione, il primo gli chiede dove va e casualmente è la nostra direzione, così ci consiglia di seguirlo che ci indica la strada. 
Una lunga e rapida camminata dietro il tale che sembra andare per i fatti suoi, ci porta nel quartiere delle concerie dove, casualmente, ritroviamo il primo che ci rimbalza a un terzo, questi ci guiderà a visitare le concerie. La berbera che tratta pelli di dromedario, e quella marocchina, dove si lavorano pelli di mucca e montone, il tale ci mostra le fasi di lavorazione in un inarrestabile fiume di parole che ascoltiamo con un mazzetto di foglie di menta sotto il naso per coprire il penetrante odore delle sostanze impiegate.







Atto successivo della commedia: passaggio al commerciante che ci mostra una serie di sale del suo negozio dove si vendono tappeti, articoli in pelle, monili, oggetti etnici. Liberi dal mercante usciamo per trovarci di fronte la sedicente guida che ci chiede una cifra spropositata per dieci minuti di lavoro, cerchiamo inutilmente di liberarci e alla fine gli diamo una frazione di ciò che chiede e ce ne andiamo tallonati per un po' da lui e le sue lamentele.
Ritorniamo nella medina a pranzare, ci togliamo lo sfizio di un piatto di patatine, un couscous di verdure e uno yogurt delizioso con frutta fresca.


Giriamo un po' tra le bancarelle e alla fine decidiamo di tornare all'ostello per liberarci dai venditori appiccicosi che non ti lasciano tranquillo un attimo, nel frattempo il cielo si è coperto di nubi.





Inizia a piovere, una pioggerella fine fine del tipo londinese, sembra fuori luogo qui.
All'ora di cena siamo ancora sazi ma Riccardo preme per mangiare una pizza così si esce sotto questa pioggerella che ti entra nelle ossa e ceniamo. 



La serata finisce in aeroporto trasportati dai tassisti dell'altra volta.


Nell'area partenze a pesiamo i bagagli e riorganizziamo i cartoni per far tornare il peso, le bici massimo 32kg e il bagaglio a mano 10, terminate le "grandi manovre" ci sistemiamo con bagagli e materassini in una zona tranquilla per aspettare l'orario del check-in, in breve l'area si trasforma in un dormitorio, invece del rumore dei jet solo il ronfare.

Il giorno 15 è troppo vicino, abbiamo dormito pochi minuti più di tre ore, ma Alberto freme, impacchettiamo e ci spostiamo in coda al check-in, passiamo in ansia il controllo dei pesi come il pugile prima dell'incontro, consegnamo le bici allo sportello dei bagagli fuori misura e andiamo al gate.
Imbarcati aspettiamo oltre due ore a bordo a causa di quel simpaticone di Macron, la sua legge sull'età pensionabile ha scatenato un putiferio di scioperi e impantanato anche il traffico aereo.
Finalmente a Bergamo riprendiamo il bagaglio e, dopo la dogana siamo liberi.
La Lella ha deciso di venire a prendermi in auto, in barba al biglietto del Flixbus, baci e abbracci e mi separo dai miei compagni di viaggio.
Anche questa avventura è terminata, è stata una bell'esperienza, preparatoria alla ben più impegnativa operazione Iosonoamazzonia che ci attende a luglio, per ora sono contento di essere a casa con la famiglia.

Statistiche del viaggio in Marocco:
3 partecipanti
13 giorni di viaggio in bici
1222 km
12709 m⬆️
72h 34’ ai pedali
17,1 velocità media
6 forature, di cui una falso positivo
1 Camera d’aria difettosa
7 raggi rotti (sempre stessa ruota posteriore)
13 Giorni di sole
2 nevicate lampo
1 grandinata
41,8*C temperatura massima
69 km/h vel massima
2900m quota massima
460m minima quota
6 notti in riad, albergo e ostello
6 notti in tenda (3 bivacchi selvaggi)
1 notte sul pavimento dell’aeroporto
1 bici smilza
1 bici dal sedere che “scoppia”
1 bici cammello (gobba 1: verdura, gobba 2: acqua)
1 pernottamento in casa privata
2 inviti in case per il thè berbero
1 cane che ci ha accompagnato per un tratto
Serpenti (uno ha “medagliato” T-shirt)
Dromedari bradi svariati
1 Scoiattolo delle rocce
1 Uromastice lucertola coda grossa(morto)
♾️ Coca Cola bevute
Secchi di the berbero
Tajine di ogni sorta fagocitate
3 cous cous
Tante spremute d’arancia
3 volte abbindolati: serpenti, conceria, monili
2 ore ritardo velivolo alla partenza
Ma:
Risate e divertimento a gogo
Fatica dimenticata prima di ogni sera
Bilancio del mio primo viaggio in compagnia:
POSITIVISSIMO