13/11 GIORNO 23 IMILCHIL
– LAGHI – ANERGUI – LA CATHEDRAL
Passare la notte al coperto
è stata un’ideona, questa mattina un dito di ghiaccio copriva ogni cosa, dai
vetri della finestra alle automobili, croccanti come bomboloni coperti di
zucchero, le moto al coperto si sono salvate e bisogna dire che anche le
stanze, senza riscaldamento, erano
sopportabili grazie alle coperte.
Colazione e via al mercato,
che è una strana mescolanza di genti diverse, probabilmente affluiscono per le
compere da tutto il circondario di valli e monti, chi a cavallo, chi con una
carovana di asini, chi a piedi, grande folla multicolore, animali ovunque,
mezzi di trasporto vecchi e scassati all’inverosimile, pitturati di mille
colori, insomma una festa per gli occhi e per la macchina fotografica che
lavora senza posa rubando scatti di nascosto, senza mirare, a tutto, gente ,
mercanzie, persone ed animali.
A metà mattina lasciamo
l’albergo, il padrone ha voluto assolutamente che stabilissimo noi il prezzo,
da commerciante navigato sapeva che, essendo abituati a misure diverse, non lo
avremmo deluso. Con i volti segnati dal sole e dalla fatica del viaggio carichiamo i bagagli.
Tutti soddisfatti salutiamo e partiamo in una temperatura
migliorata dal sole. Prima saliamo ai due laghi ad est del paese, il primo con
un minimo di attività turistiche e più pittoresco, più selvaggio e isolato il
secondo dove incontriamo un gruppetto di pastori che lanciano sassi a distanze
impressionanti con una frombola che fischia ruotando e schiocca come una frusta
al lancio. Qualcuno vuole provare a cimentarsi nel lancio, con grande rischio
per tutti, compresi i pastori che prudentemente si allontanavano ridendo.
Ritorniamo sui nostri passi
e ci dirigiamo ad ovest versoTassent, di nuovo su asfalto che sale e scende
senza posa ubriacandoti di curve, reso pericoloso da un bello strato di ghiaino
che ti fa pattinare costantemente.
Contorniamo il Jebel Mourik fino ad Amergui
dove imbocchiamo quella che sarà la pista più bella e suggestiva del viaggio.
Si snoda sul fondo di una valletta
piccola e stretta come un canyon, dalle pareti di roccia rosso marrone a
strapiombo, costellate di boschi, pini solitari vecchie contorti, alberi
giganteschi e ghiaioni franati dalle pendici. La pista costeggia il torrente
salendo e scendendo per evitare gli ostacoli, sassoni piombati da chissà dove
grandi come case, gole strette senza spazio, torrenti laterali che spazzano
tutto, enormi tronchi caduti di cedro. Il torrente scorre a volte quieto sulla
ghiaia e a volte impetuoso tra pareti di roccia che lo strozzano, sovrastate da
ponticelli improbabili di tronchi, mattoni, cemento e assicelle, ma la cosa più
suggestiva è l’incontro con un branco di scimmie che pascolano tranquille nel
bosco e si ritraggono timidamente prima di poterle fotografare, dei macachi,
che avvistiamo un paio di volte ancora.
La pista è in buone
condizioni, ma pare trattata da poco, probabilmente il fondo è variabile in
funzione delle piogge, e dopo una bella scarrozzata usciamo dalla valle ormai
all’imbrunire e andiamo ad accamparci nei pressi di una segheria abbandonata all'ombra della Cathedral, un'imponente massiccio roccioso.
Quando abbiamo montato
tutto il campo arriva una megera circondata da bambini che abita poco distante
e vuole cacciarci (è la prima persona sgradevole incontrata quest’anno), le
proviamo tutte, compreso offrirle dei soldi, ma alla fine cediamo, al buio riimpacchettiamo
tutto e ci spostiamo. Trovare un posto adeguato di notte non è facile, infatti
ci dobbiamo accontentare, siamo vicini alla zona di costruzione di un ponte e
la pompa diesel che svuota l’acqua da una gettata ci allieta fino al mattino.
Questa era una serata
italiana e prima di muoverci avevo già tagliato la pancetta per la carbonara.
Poco male, abbiamo continuato nel nuovo campo tra gli alberi e la mia pasta è
stata all’altezza degli affamati compagni di viaggio.
Oggi 134 km moto tot. 3065 km
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