12/11 GIORNO 22 MIDELT
– IMILCHIL
Sveglia ghiacciata in
campeggio, temperatura -1°C, la tenda è tutta coperta da un velo di ghiaccio.
Questa mattina Otmar è veramente in condizioni pessime, piegato e zoppicante
con gli occhi gonfi come un pugile, ma stoico non fa una piega.Tramite il
gestore del campeggio troviamo un furgone con autista che lo porterà al
campeggio di Marrakech ad aspettarci. Gli smontiamo tutte le cose, prepariamo
il bagaglio, svuotiamo il serbatoio della moto e la imbarchiamo sul mercedes
d’epoca. Con un piccolo aiuto anche Otmar s’imbarca e ci guarda con aria sofferente
mentre lo salutiamo alla partenza. Fortunatamente si è convinto, così non
avrebbe potuto continuare.
Smontato tutto ed asciugate
le tende al sole si riparte alla volta di Imilchil. Ripercorriamo la strada di
ieri fino al distributore e ancora un tratto d’asfalto, fino al passo Tizi
n-Talremt a 1900 m, mi sono vestito troppo e con le ascelle strizzate e la
circolazione bloccata ho le mani formicolanti.
Quella che doveva essere la
nostra pista è una stradina asfaltata che corre verso ovest in una valle pittoresca
dai pendii bruni e pietrosi venati da linee sinuose e parallele degli strati di
roccia, curvati e ripiegati dai capricci geologici del pianeta. A contrasto il
fondovalle dai verdi brillanti, complice l’aria pura e cristallina, pioppi cipressini
qua e là negli orti e sulle rive del torrente, alberi da frutta e coltivazioni
si arrampicano sui pendii terrazzati, e poi l’uomo, che lavora con la tecnica
poco invasiva di secoli fa. Gli uomini guidano l’aratro (a volte anche col
fusto di legno) trainato da asini, cavalli o buoi, le donne che trasportano
legna o fieno a volte con l’aiuto di un paziente somarello, a volte con un
carico impressionante sulla schiena o sul capo, circondate da bambini che fanno
la loro parte come personcine mature che ti arrivano alla cintura dei pantaloni
e ti scrutano coi loro occhioni bruni e maturi. E’ un tuffo in un’altra epoca,
tra gente semplice e cordiale in un panorama superbo, costellato da una teoria
di villaggi di mattoni a crudo, alcuni murati testimoni di antiche battaglie
per la sopravvivenza. Frotte di bambini ci sciamano attorno alla ricerca dei
soliti bon-bon e stilò, uomini cordiali e donne timide e riservate nel loro
abbigliamento multicolore stratificato che pare comprendere tutto il
guardaroba.
Qualche tratto ancora
sterrato ci permette di divertirci un po’.
Pranziamo sul corso del
fiume, tra i ciottoli del greto, unico posto piano di dimensioni accettabili.
Christine ha problemi di stomaco da stamani, e non è la sola, probabilmente
l’insalata di ieri a pranzo ci ha castigati.
Dopo aver svalicato a 2400
m nei pressi del Jebel Aderdouz la strada scende dolcemente di un centinaio di
metri verso Imilchil.
Ci fermiamo in un
alberghetto, l’Hotel Avenir, già provato in precedenza. Piazziamo le moto sotto la terrazza e le auto
di fronte, scarichiamo e ci gratifichiamo con una bella doccia, qui l’acqua non
manca. Ci prepariamo la cena che consumiamo nella sala comune al piano terra e
riusciamo a restare a raccontarcela più a lungo del solito, non essendo sotto il
ghiacciato cielo stellato.
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