mercoledì 24 ottobre 2018

ISLANDA GIORNO 32 - 12 giugno '18

  ISLANDA GIORNO 32 - 12 giugno '18


Oggi colazione più tardi del solito, Ben, come quasi il resto del mondo, ha orari diversi dai miei, mangio con calma e alle nove e mezza lasciamo Stong, il sito della fattoria vichinga.
Subito ci aspetta una bella salita dal fondo molto accidentato che costeggia, dominando la falesia di roccia, la conca piena di cascate visitata ieri, il Mohai impassibile sorveglia la strettoia sotto un cielo coperto di pesanti nuvole grigie, fortunatamente non piove.





Ogni tanto incrociamo un'automobile e dopo un bel tratto passiamo un bivio che al ritorno ci porterà verso la diga, per ora proseguiamo in salita verso un rifugio e poi le cascate.
La sterrata sassosa si arrampica su una cresta tondeggiante con mille curve e tornanti che ricamano il pendio al di sotto di una linea elettrica.



Un declivio erboso ci conduce ad un piccolo rifugio d'emergenza di legno dal tetto in torba coperto da un fitto mantello erboso, è aperto e diamo un'occhiata all'interno, spartano ma stufa e legna non mancano.




Un po' discosto una costruzione in legno molto recente con belle vetrate che sembra uno dei nostri rifugi alpini, sul retro è parcheggiato un pick-up e all'interno un ragazzo fa le pulizie, salutiamo e chiediamo di visitarlo, il ragazzo polacco ci spiega che ha portato un gruppo di turisti ed ora che se nessuno andati rimette tutto a posto e se ne va. L'interno è molto semplice, pavimenti piastrellati e mobili di legno, tavolate e letti a castello in grandi locali, fa molto ostello della gioventù, salutiamo il ragazzo indaffarato e proseguiamo verso la cascata di Haifoss.



La salita continua fino allo spiazzo che fa da parcheggio, ancora non si intuisce nulla, un sentiero lascia il piazzale dove ci sono alcune auto parcheggiate e in lontananza si vedono dei turisti a piedi.


Il sentiero ci porta sull'orlo di un precipizio, siamo sul ciglio di una voragine che si chiude un un ampio anfiteatro, dalla parete di fronte nera di rocce stratificate precipitano due diverse cascate. 


Una lancia un getto enorme d'acqua dalla parete che finisce alla base in una pozza color smeraldo offuscata dal vapore che produce.



L'altra, dal volume più modesto, avvolge la nera curva dell'anfiteatro in un bianco sistema venoso con un effetto estremamente drammatico, scorre ad unirsi alla prima ed insieme le acque scorro o a valle nel canyon.


A bocca aperta osserviamo lo spettacolo che appare all'improvviso senza che si possa immaginarlo, tempo di riaverci dalla sorpresa e siamo in azione con telefoni e fotocamere, nel mentre il cielo ci fa un grande dono, da uno squarcio azzurro nelle nubi il sole si insinua moltiplicando per mille la bellezza del paesaggio ed, esercitando la mistica magia della rifrazione, accende un meraviglioso arcobaleno su ogni cascata. Finalmente una "foss" in tutto il suo splendore!!!





Contenti come bambini, pieni di foto e filmati, ce ne torniamo alle bici e scendiamo, un po' intirizziti per il vento freddo, fino ai rifugi per concederci una meritata pausa pranzo.
Ripercorriamo la strada sotto i piloni dell'alta tensione fino al bivio e ci dirigiamo verso il lago e la diga sulla cima della quale una strada di servizio ci permette di attraversare  e raggiungere la f26 (la pista che avrei voluto percorrere verso il Nord ma che poco più in là è chiusa per il fango).



Dopo un tratto la pista diventa una strada asfaltata che attraversa un paesaggio lunare di sabbie gialle e nere tutte onde e cumuli, alla destra un enorme rilievo nero a forma di cuneo emerge dal centro della valle.




Ci lasciamo dietro queste visioni per arrivare in una zona dove mancano interi tratti d'asfalto, a volte si vedono sbriciolati sul prato al lato destro della strada, mentre talvolta il nastro nero giace intero come se fosse slittato via, probabilmente trasportato da un'alluvione.


Per rompere la noia ci avventuriamo alla scoperta di una cascata, individuata per la nube di vapore che solleva, una sterrata ci porta sul fiume, il salto è largo ma piuttosto basso e spaccato in due da una roccia.



Arriviamo a valle tra i pascoli e anche la pioggia riappare, la cartina mostra un bar che invece non troviamo e oltre un centro informazioni, Laugarbakki costruito di rocce vulcaniche, ma è chiuso.


Proseguiamo fino ad un hotel che ha una sorgente calda nel suo terreno, ci infiltriamo non visti per vedere il luogo, l'ambientazione è particolare, l'acqua sgorga da un cumulo di rocce laviche e riempie una vasca a forma di otto, intorno muro di sassi forma ripari dietro cui cambiarsi. Sta piovendo, ma ci guardiamo e in un'attimo siamo spogliati dentro la vasca, peccato che la temperatura sia calda sotto il getto e piuttosto fredda nella vasca, usciamo surgelati, ci rivestiamo a razzo  ci affrettiamo a pedalare per scaldarci.



La strada è assolutamente priva di locali dove riposarsi al caldo, solo fattorie e nessun riparo dal vento che soffia senza pietà.
Finalmente troviamo una sorta di catino erboso a cui si arriva da una stradella pietrosa, poco distante  si vedono delle ruspe inattive, sperando che non arrivino gli operai ci accampiamo nascosti alla vista dalla strada.
Ceniamo nella tenda di Ben che è enorme ed ha una veranda adatta a sala da pranzo.
Il freddo ci spinge presto nei sacchi a pelo, alle nove di sera arrivano gli operai e iniziano a lavorare con le ruspe, speriamo smettano presto, ma il sonno mi stende prima che il frastuono si arresti.

Oggi 62 km prevalentemente gravel.

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