venerdì 12 ottobre 2018

ISLANDA GIORNO 28 - 8 giugno '18

ISLANDA GIORNO 28 - 8 giugno '18


Notte tranquilla e sveglia presto, dopo colazione compare anche Tristan, carichiamo le bici sotto un cielo bigio, lui è più veloce, ha solo quattro cose rispetto a me.
Partiamo insieme per destinazioni differenti, abbiamo un tratto di strada in comune che, salendo la zona collinare a nord del lago, lo costeggia in senso orario. Si sale e si scende in continuazione, una curva dietro l'altra contornando i piccoli rilievi verdeggianti e la conca d'erba ed acqua di Þingvellir sempre alla nostra destra calamita lo sguardo.


Il vento sempre frontale, ma ormai è un'abitudine e non ci fai caso.
Più di un'ora trascorre chiacchierando e ammirando il panorama, lasciamo alle spalle la pianura e dopo una serie di monti aspri e neri siamo al bivio che ci separa. Dopo un caloroso saluto Tristan  mi fa promettere che se mai andrò nello Utah lo contatterò e mi guiderà a visitare parchi naturali, poi prende a destra verso Sellfoss mentre io proseguo verso Geysir.


Quando lasci un compagno di viaggio ti assale sempre una malinconia che prende le viscere, ed il tempo uggioso non solleva il morale.
Il mio percorso prende a salire con continuità e la pioggerella lieve a tratti si fa più intensa, ci sono cupe nubi con frange che si allungano e scaricano acqua, finché sono proprio sotto ai nuvoloni ed è pioggia sostenuta, grandi pozzanghere che attraverso come un motoscafo sollevando una scia d'acqua che mi infradicia ovunque.


Sono ormai in cima al colle e la discesa, sempre sognata dal ciclista, non mi fa felice come dovrebbe, la velocità mi fa ghiacciare e vedo poco per l'umidità sugli occhiali, quando mi sorpassano i veicoli mi accecano completamente, intanto scivolo verso Laugarvatn con mani e piedi insensibili ma senza far fatica.
Il villaggio non mi attira ma alla periferia un hotel dal tetto verde con picchi acuti e adagiato in riva al lago mi richiama irresistibile, ha un aspetto "svizzero".



Bagnato come un pulcino poso la bici contro il muro in un tratto che sembra al riparo delle intemperie e grondante mi avvicino timido all'ingresso. 


Nell'atrio un cesto con una quantità di ciabatte di pezza ed un cartello che invita a lasciare le scarpe (ricorda gli ostelli sul cammino di Santiago). 


Una breve scala porta all'area bar e colazione, con un enorme caffè e latte bollente mi avvio ad un tavolino accanto ad una delle finestre che guardano il lago, mi levo il goretex lasciadolo accanto al termosifone bello caldo e in un attimo sul parquet c'è una pozzanghera.


Sono seduto, al caldo, davanti ad un panorama da Arcadia e penso che non me ne andrò mai di qui.
Pian piano mi riscaldo mani e piedi e prendo coscienza, mi guardo intorno e scopro molti begli oggetti quadri e decorazioni, sul fondo una sala di lettura con libreria e poltrone confortevoli, un ambiente veramente accogliente.
Dopo un paio d'ore ho bevuto un sacco di caffè, telefonato e utilizzato il wifi, mi sono decisamente ripreso ed il tempo ha smesso di di scaricare acqua.


Prendo il coraggio a due mani e ringraziando mi avvio verso l'uscita, quando un vecchio pezzo di made in Italy mi ricorda l'infanzia, una macchina per cucire Necchi nera con i fregi dorati ed il mobile di legno lucido, commosso mi rimetto le scarpe (che fortunatamente all'interno sono asciutte) ed esco dalla Teresa ancora grondante.


Mi rimetto in viaggio cercando di evitare grosse pozzanghere quando possibile, una debole pioggerella a tratti mi perseguita, ma ormai ho fatto il pieno di ottimismo e, avvistata una chiesetta particolare su un pendio a lato della strada, mi arrampico senza esitare sullo sterrato per andarla a vedere.  


Mai vista un'architettura simile, grandi finestre, pannelli trasparenti che rivestono il campanile, gusto discutibile ma unica.






Arrivato a Geysir passo il centro accoglienza assiepato di pulmini e autobus turisti e vado diretto  nella zona delle fumarole e dei geyser, percorro i vialetti tra pozze di fango ribollente, terreno colorato dalle incrostazioni saline e minerali dei vapori, nubi basse di fumo e vapore veleggiano rasenti il terreno portate dal vento, a tratti oscurando la visibilità. 






Asiatici frenetici con telefoni, foto  e videocamere guizzano qua e la, sembra un girone infernale da cui ogni quattro minuti si leva un pennacchio di vapore che per un attimo congela la scena e lascia i dannati col naso in alto e la bocca aperta, rapiti dallo spettacolo.


Poso la bici e mi unisco allo stuolo dei dannati pagando con un freddo pungente per i miei peccati, condannato a stare immobile per eterni minuti in attesa della prossima attività del geyser mentre il vento mi trasforma il naso in un rosso peperone insensibile.

 


 

 

Quando proprio non ce la faccio più abbandono il pendio fumante e mi rintano nel centro accoglienza/centro commerciale, seduto ad un fast food con bevanda calda in una mano e patatine fritte nell'altra nel tentativo di riguadagnare la temperatura persa.
Intorno a me negozi che propongono le solite chincaglierie e prodotti locali in pelle tessuto e caldi indumenti lussuosi e sportivi per soddisfare le esigenze termiche e di stile della clientela.


Solo alle cinque di pomeriggio mi salta in mente che potrei proseguire subito verso le cascate di Gullfoss invece di visitarle domani, del resto non mancano molti km.
Salendo verso le cascate passo accanto al campeggio che mi hanno consigliato i ragazzi del fast food e proseguo in una bella salita fino al parcheggio da cui già si vede sollevarsi un monumentale nuvolone di acqua polverizzata pur non vedendo la cascata, lascio la bici e mi lancio verso i punti d'osservazione panoramici. 


Purtroppo manca un bel sole ed il cielo azzurro che sarebbe di sicuro colorato da un maestoso arcobaleno, questo grigio appiattisce tutto, ma lo spettacolo della natura è comunque dirompente.


Una gigantesca massa d'acqua si riversa dall'altopiano in un primo salto e poi in un secondo precipitando di lato verso la parete del canyon in cui sprofonda sollevando un'enorme e continua colonna di di vapore.  




Infradiciato dagli schizzi fimo e fotografo da ogni punto possibile, a volte in difficoltà sui sassi bagnati con le scarpe dalla placchetta metallica sulla suola, rapito dal rombo e dallo spettacolo.


Finalmente sazio di queste immagini torno al piazzale dove, nella massa di veicoli, ci sono tre giganteschi camion neri multi wheels drive allestiti a bus che portano i turisti chissà dove, nei monti popolati di Trolls, facendoli sentire dei veri avventurieri.




Scendendo lungo la strada vado a ispezionare un punto che mi pare buono per bivaccare, raggiungerlo è faticoso, devo spingere su uno sterrato fangoso e attraversare un tratto col muschio che mi arriva a metà polpaccio, bella presa di contatto con l'ambiente, ma purtroppo sono sempre in vista dalla strada come fossi in vetrina, con la tenda arancione, poi, non passo inosservato.
Torno verso il campeggio e nell'ultimo rettilineo scopro di dominare il terreno di Geysir da lontano, ultima sosta ad ammirare e filmare lo sbuffo.



 Sosta al camping Skjol dove c'è bar con pizzeria e non resisto alla necessità di gratificarmi dopo tutta la pioggia e il freddo di oggi, la pizza è grande e buona, anche se diversa da quella italiana, ma cara come il fuoco, 22€. 
Dopo cena decido di fare subito la doccia prima di montare la tenda ed ho l'amara sorpresa di trovare l'acqua fredda, sono inviperito, vado al bar a farmi rendere i soldi della doccia, mi spiegano che se aspetto mezz'ora si riscalda, ma non ne voglio sapere, voglio sdraiarmi e dormire, così mi rimborsano senza battere ciglio.
Mentre scarico i bagagli ricomincia a piovere, fortunatamente dura poco e posso piazzare la tenda senza bagnarla, preparato tutto mi imbusto e crollo.

Oggi 72km



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