martedì 12 marzo 2019

Myanmar 19 Golden Rock

19 novembre 2018        Lunedì       G19          Kalaw  Kyaiktyo - Kinpun


Il bus corre nella notte, sveglia alle 2 per una sosta, si sbarcano e imbarcano passeggeri, ancora un tratto in un buio pesto e controllo la posizione sul gps del telefono, siamo a 50 km da Kyaikto.
Alle 3 e mezza ci lasciano al bivio per Kinpun, solo due distributori di benzina e null’altro, all’agenzia ci avevano detto che saremmo arrivati verso le sei.
Ancora frastornati, con i bagagli attorno a noi, ci organizziamo per capire cosa fare. Chiedo ad un ragazzo che lavora al distributore come raggiungere Kinpun, come reperire un taxi. Più facile a dirsi che a farsi, dopo una decina di minuti di trattative a gesti si scopre che non esistono auto, ma solo mototaxi, due ragazzi in ciclomotore si sono materializzati poco dopo il nostro arrivo e ci ronzano attorno.
Cerco di fare resistenza ed evitare il loro servizio, ma alle 4, dopo mezz’ora di disputa, sono stufo, ci imbarchiamo uno per motorino con una pila di zaini e via nella notte. La Lella è terrorizzata, a me viene da ridere, la situazione è tragicomica, ci facciamo questi 12 km perdendoci immediatamente di vista. La Lella sparisce a razzo sulla moto di Valentino Rossi mentre il mio motociclista sembra un vecchio, si muove con una lentezza esasperante, lo stimolo a correre di più ma senza successo. Finalmente il Golden Sunrise Hotel e l’altro motorino con la Lella e Valentino Rossi ci sfilano accanto. Sveglio il mio taxista che non si è accorto e lo faccio ritornare, saldiamo il conto e una parte del problema è risolto, adesso resta da vedere cosa ci propongono alla reception, visto che la nostra prenotazione prevede il check-in tra dodici ore.



Alla reception di bamboo, di quello che pare un affascinante hotel della foresta, troviamo due ragazzi molto giovani che stanno dormendo sotto il bancone, controllano e trovano la nostra prenotazione. Senza il minimo problema ci conducono ad una stanza, non funziona il condizionatore ma resettando la corrente si risolve, esausti crolliamo sul letto, domani si vedrà.


Alle nove e mezza risorgiamo dalle nostre ceneri ancora piuttosto stravolti, la stanza è enorme, e puzza un po’ di muffa, siamo all’inizio della stagione, probabilmente non aprono le finestre da tempo. Spalanchiamo tutto e ci vestiamo, gentilissimi ci preparano la colazione sotto una bellissima veranda immersa nel verde.


Qui fa veramente caldo e l’umidità è elevatissima, grande differenza di clima con le colline di Kalaw, camminiamo qualche centinaio di metri fino al villaggio, tra bancarelle e venditori ambulanti, in cerca di un mezzo di trasporto per raggiungere il monte Kyaityo e il Golden Rock, il tempio più importante e  visitato del Myanmar.


I commercianti sono veramente insistenti e cercano di attirarci in ogni bar e ristorante che incrociamo, finalmente arriviamo al terminal dei camion che si arrampicano sul vulcano per trasportare i turisti al tempio.




Ci indicano un mezzo quasi pieno e ci imbarchiamo sul cassone zeppo di panche, calcati come sardine e sudati come lottatori.
Partiamo dopo pochi minuti, siamo fortunati perché la partenza avviene solo quando l'ultimo posto è occupato, una strada stretta e dissestata sale tra i colli inerpicandosi, veniamo sballottati a destra e sinistra mentre cerchiamo di osservare la gente che vive nelle capanne accanto alla strada. Nella foresta scorrono ruscelli che precipitano in cascate negli anfratti tra le rocce, sosta per un controllo dei militari mentre una serie di venditrici ci circonda proponendo frutta, bevande e snack.
La salita continua dopo che sono stati raccolti i soldi del biglietto e sono passati i veicoli scarichi che scendono, la strada è a senso unico e solo qui possono incrociarsi i mezzi.
Un po’ più avanti la stazione della funivia, la prima del Myanmar, che è un’alternativa per salire al tempio; i locali la fotografano, molti lasciano il camion per proseguire con il modernissimo ritrovato tecnologico ed affrontare una nuova avventura.
Gli occidentali, in minoranza, procedono sul camion in una serie interminabile di strettissimi tornanti dalla pendenza impressionante. Finalmente al parcheggio lasciamo la panca con gioia e ci troviamo immersi in una folla di pellegrini, portatori di lettighe e di bagagli (ci sono degli hotel anche qui in cima e la salita non è terminata).




La temperatura è più gradevole, passato l’arco d’accesso la strada si arrampica sulla cresta della montagna affollata da venditori ambulanti di oggetti, cibi cotti, dolciumi, ristoranti, piccoli templi fino ad arrivare ad un successivo arco dove bisogna togliersi le scarpe sotto l’occhio vigile dei militari.














Con calma ci arrampichiamo tra famiglie, portantine con invalidi e anziani, portatici con gerle monumentali di materiale, circondati dalle colline coperte di foreste e la cima del vulcano da un lato.







 

 



Dopo una spianata abbacinante coperta da lastre di marmo bianco ecco là in fondo il grande masso dorato in bilico sul precipizio, il Golden Rock.






Francamente il tempio è piuttosto deludente, Il masso dorato è recintato e un militare con metal detector controlla gli uomini che entrano, alle donne non è consentito l’accesso.  Devo lasciare telefono e zaino alla Lella e ho il privilegio di avvicinarmi alla reliquia.



Un gruppo alla volta ci si avvicina e i buddisti incollano foglietti d’oro alla pietra, pregano e osservano in rispettoso silenzio.




Ora il sole è a picco e trovare un angolino all’ombra non è facile ma riusciamo a procurarci la nostra fetta di paradiso sulla terrazza di un bar dove goderci una coca cola fresca.










Con calma, osservando il panorama e la gente, ridiscendiamo al terminal dei camion, veniamo imbarcati e iniziamo una discesa a rotta di collo, sperando di non avere problemi ai freni.





A Kinpun sani e salvi ci consoliamo con un ricco frullato dopo aver passato in rassegna la grande varietà di negozi lungo le strade del villaggio.
In un ristorante troviamo i biglietti dei mezzi pubblici, compriamo la corsa in bus per domani verso Mawlaminye, è compreso il trasporto dall’hotel alla fermata del bus.
Ormai è ora di tornare, siamo stravolti dalla fatica, dal caldo e dalla mancanza di sonno, cerchiamo un taxi ma il primo ci rifiuta la corsa perché siamo troppo vicini alla destinazione, un secondo, con altri clienti a bordo, ci porta gratuitamente.
Un paio d’ore di riposo ci rimettono in forma e concludiamo la serata al ristorante dell’hotel sotto la veranda. La giornata ci ha mostrato scorci e personaggi pittoreschi.


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