martedì 5 marzo 2019

Myanmar 14 Nyaung Shwe

14 novembre 2018        Mercoledì              G14                   Nyaung Shwe


La colazione sulla terrazza dell’Emperor Inle è uno spettacolo, la posizione elevata offre una vista magnifica sul porto canale affollato di pinasse variopinte, sulla pagoda  accanto e più lontano il lago Inle ed i colli circostanti punteggiati da stupa dorati.  I canti che provengono dal monastero fanno da sottofondo a tutto questo mentre un cuoco, col tipico cappello da chef, ci prepara al momento uova al bacon per accompagnare i piatti di riso, noodles e vermicelli.
Lasciamo la terrazza sazi come dopo un pranzo, una signora ci attende alla reception per accompagnarci alla barca, già riservata ieri, che ci accompagnerà a fare il giro sul lago e a visitare villaggi e mercati. Si rivela una commerciante inflessibile, trattare sul prezzo con lei e le sue colleghe al porto è un’impresa difficile. Pare che solo le donne coordinano l’attività, mentre gli uomini conducono le barche.


Spiegatoci il tour la signora, detentrice del potere attraverso la lingua inglese, ci lascia al barcaiolo, ci accomodiamo su poltrone di bamboo disposte nello scafo e ci sono anche giubbotti salvagente, lo standard ISO 9001 ha colpito anche qui, manca solo salvavita Beghelli.


Navighiamo un tratto di canale per raggiungere il lago, ci sfilano accanto moltissime barche in entrambi i sensi, trasporto merci, di persone e turistiche mentre le rive offrono paesaggi bucolici di prati, palafitte, templi, bufali, vegetazione e persone che svolgono le loro attività al bordo dell’acqua.



Purtroppo davanti a noi si vede il lago coperto di nubi ed una foschia lo avvolge, ieri ci hanno detto che la pioggia sarebbe stata probabile, oltre, verso l’orizzonte, una sottile linea blu ci fa sperare nel bel tempo.


D'un tratto le rive del canale si aprono e spariscono, al loro posto canneti e distese verde scuro di loto punteggiate da fiori fucsia, poi le acque del lago azzurre nel riflesso del cielo che comincia a schiarirsi ci circondano. 
Si intuiscono corridoi di navigazione nel flusso di barche verso i vari villaggi sulle sponde e in mezzo alla laguna, il primo incontro entusiasmante sono i pescatori tipici del lago Inle. 



In piedi sulla minuscola poppa della canoa si bilanciano su una gamba mentre l’altra sollevata nel vuoto fa da leva al remo, come fosse uno scalmo, azionato da un braccio, l’altro è impegnato a sorreggere una rete da pesca rigida a forma di ogiva, una specie di nassa.



E’ una specie di balletto in cui questi equilibristi governano la barca e manovrano la rete in equilibrio su una tavoletta ondeggiante, si capisce che sono artisti e fanno la posta ai turisti di passaggio, a fine esibizione si avvicinano per mostrare i pesci del lago, farsi fotografare e chiedere una mancia.


Mette un po’ di tristezza vedere quanto il turismo abbia mutato gli equilibri, anche se nulla toglie al gesto millenario della pesca ripetuto teatralmente, il denaro ha cambiato la vita a molti ed i prezzi locali sono esorbitanti se paragonati al costo della vita reale. Probabilmente chi è al di fuori del circuito turistico deve vivere in condizioni neolitiche rispetto a chi ne fa parte.
Proseguiamo la navigazione verso sud e un’isoletta su cui sorge un tempio ci sfila accanto.



Siamo di nuovo in una zona di vegetazione lacustre, il barcaiolo ci mostra, tra le distese di loto, gli orti galleggianti, una particolarità locale.



Su uno spesso letto di alghe e vegetazione disposto ad aiuole vengono piantati i pomodori, le melanzane ed altri ortaggi e una foresta di pertiche permette alle piantine di arrampicare. I corridoi d’acqua tra le aiuole consentono ai contadini (o marinai?) di passare con le piroghe e prendersi cura dei vegetali, oltre alle enormi pinasse cariche di passeggeri, sono moltissime le piccole imbarcazioni cariche di ceste di pomodori.






Eccoci arrivati ad Ywama un piccolo villaggio di palafitte nel mezzo dell’acqua circondato da distese di fogliame acquatico, qui si tiene il mercato galleggiante.





Le abitazioni sono veramente caratteristiche, tutte in legno affacciano con una terrazza/molo sulle vie liquide, le barche ormeggiate ondeggiano mentre le donne fanno il bucato o si lavano in ... strada.





Una barchetta ci affianca e la giovane coppia a bordo ci mostra la mercanzia in vendita, il primo impatto del lago Inle è meraviglia, qui tutto è veramente caratteristico e ti lascia a bocca aperta, l’ambiente e le azioni della vita quotidiana sono unici e sviluppati per questo mondo. 




Il villaggio è conosciuto anche per gli artigiani che lavorano l’argento e il nostro Caronte ci traghetta in un laboratorio dove graziose ragazze truccate col tanaka e avvolte nei colorati longi ci raccontano in un inglese fluido, pennellato dalla dolce inflessione locale, le fasi della lavorazione di monili, gioielli e oggetti.


Ci spostiamo in un altro villaggio, per raggiungerlo lasciamo il lago e seguiamo un canale che si insinua in terra ferma mostrandoci un nuovo panorama fatto di verde tenero del riso, grandi alberi e palme, ponticelli di legno che attraversano gli infiniti canali e contadini affaccendati sotto i cappelli a cono.








Attracchiamo ad un molo di legno, il vicolo che nasce qui è disseminato di piccole botteghe e bar dove turisti e locali si mescolano.




In Dein, che oggi è sede del mercato rotazionale del lago (a turno ogni giorno della settimana il mercato si sposta di villaggio in villaggio) è frequentato da venditori e compratori di etnie diverse, vengono esposti prodotti artigianali di ogni genere, tessuti, legno, pietre, metalli.





Una serie di tettoie danno spazio ai mercanti che stendono gli articoli a terra sui teli o su banchi di legno, sono prevalentemente donne, il capo avvolto in tessuti variopinti che caratterizzano l’etnia, chiacchierano animatamente tra loro e accudiscono i bimbi alcuni addirittura neonati mentre agganciano i passanti per convincerli ad acquistare. 







I colori differenti dei copricapo mi ricordano i tartan dei diversi clan scozzesi, è strano come in culture agli antipodi del mondo si ripropongano atteggiamenti simili.




Lasciamo il mercato diretti verso i templi che ci guardano dalle colline soprastanti mentre una mandria di zebù attraversa il paese accudita da donne.








Incontriamo una serie di stupa diroccati e il sentiero ci porta su una ripida salita fino alla Shwe In Dein pagoda dove si sta svolgendo una cerimonia, all’interno un gruppo di monaci intento a mangiare è circondato dai fedeli.






Anche all’esterno i fedeli sono disseminati sull’erba, ci invitano  raggiungerli e a condividere con loro cibi e bevande.





Capirsi a gesti è un po’ imbarazzante e un po’ divertente, la Lella dà fondo alle riserve di pennarelli e caramelle per la gioia dei bimbi che raggianti mostrano i trofei ai genitori, ancora una volta abbiamo prova di quanto siano socievoli e gentili i birmani.


Lasciando la pagoda ammiriamo il panorama del lago e dei monti di fronte che si stende sotto di noi, è ora di tornare dal nostro barcaiolo.





 Scesi dal colle diamo un ultimo sguardo al mercato, soprattutto alla gente e ci fermiamo a mangiare qualcosa al molo mentre osserviamo il traffico di barche colorate sul canale.




La gita continua lungo il canale che discende al lago, visita ad una fabbrica di sigari in una delle tante palafitte del villaggio di Nam Pan, una ragazza ci fa da cicerone in inglese mostrandoci le varie fasi della lavorazione.











Una serie di sigaraie di tutte le età arrotola e taglia instancabilmente le foglie ad una velocità impressionante senza mai sbagliare un gesto.



Accanto, sotto la tettoia vicina, degli artigiani costruiscono barche con la tecnica tradizionale utilizzando utensili a mano per segare le assi di teak che vengono bagnate piegate e fissate alle ossature.



La tappa seguente è la visita della Phaung Daw Oo Paya il cui stupa dorato brilla da lontano sopra un’isoletta circondato dal tempio e fasciato da un sontuoso mercato di bancarelle che arrivano ai pontili affollati da centinaia di barche turistiche.








Accanto ci sono le darsene coperte, accolgono le monumentali imbarcazioni cerimoniali dalla prua ad uccello dorato con un baldacchino su colonne al centro, sono slanciate nonostante le dimensioni.






L’interno del tempio contiene, esattamente al centro, un altare su cui poggiano quelle che un tempo erano statue del Budda, ma ora sono una specie di pupazzi di neve dorati a causa dei milioni di piccole lamine d’oro che i fedeli ogni giorno incollano in senso di devozione.






Stranamente l’accesso a questa parte è riservata ai soli uomini, alle donne non è concesso questo gesto.





Al termine della visita ci imbarchiamo nuovamente navigando tra loti, pagode e canali di un fascino incredibile mentre la vita ferve sulle barche e sui pontili.



Nga Phe Chaung, il monastero del gatto che salta, è la prossima destinazione, il nome viene dal fatto che anticamente i monaci addestravano i felini a compiere esercizi e spettacoli, tradizione ormai dimenticata.






I gatti ancora si aggirano indolenti nel tempio e ricordano il monaco in poltrona che alterna l’immersione nello smartphone all’osservazione dei turisti.




Una grande sala di legno appoggiata su pali accoglie colonne e statue dorate, la luce soffusa e il pavimento di legno creano un’atmosfera distensiva e molti visitatori sono seduti sul tavolato a contemplare i dettagli.










Spostandosi in barca decine di palafitte di stili diversi scorrono intorno a noi mentre le imbarcazioni sostituiscono le biciclette dei villaggi tradizionali, sono stracariche di verdure, alghe, merci o persone e scorrono a motore o a pagaia in ogni direzione.






Il panorama è unico e magnifico, si potrebbe stare all’infinito ad osservare il quieto svolgersi della vita semplice dei villaggi sul lago, complici il cielo turchese popolato da cumuli scenografici e la temperatura gradevole.






La giornata è trascorsa in un attimo, si è fatta l’ora di rientrare, diretti verso nord ci sfilano accanto infinite aiuole galleggianti e “idrocontadini” che ci lavorano in canoa, siamo immersi in un flusso di turisti che come una fila di formiche rientrano a Nyaung Shwe nelle longtail scoppiettanti.





Abbiamo la fortuna di rivedere i pescatori in bilico sulle canoe, questa volta pescano veramente, non è attività teatrale pro turismo, infatti non si distraggono al nostro passaggio continuando nei fluidi movimenti di danza a gestire il remo e la rete in bilico su una gamba.
Attracchiamo all’affollato portocanale e dopo un piccolo tour di scoperta  ci abbandoniamo al peccato di gola di fronte ad un pancake al cioccolato con frullato di avocado.






La sera piomba in fretta e dopo esserci sistemati torniamo allo stesso locale a gustare i pesci del lago alla luce dei lampioncini sulla terrazza, cibo delizioso e a buon mercato.



Oggi è stata una giornata veramente interessante che ci ha permesso di vedere tante cose uniche e vivere momenti incredibili.

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