mercoledì 11 luglio 2018

ISLANDA GIORNO 11 - 22 maggio '18

ISLANDA GIORNO 11 - 22 maggio '18


Ieri sera era molto freddo, è anche nevicato, così ho deciso di adottare la strategia: "massimo isolamento", tuta goretex sopra alla tuta termica e piedi in un maglione di pile.
Sono stato bene, il meteo dice che la temperatura è scesa a -4°C in zona, sicuramente fuori non faceva caldo perché non ho minimamente sudato.


La mattina il cielo è sereno e alle 3 si vedono le montagne bianche e il sole già alto, è il prezzo che pago addormentandomi presto la sera, sveglia ad orari improponibili.


Nel mio tentativo di aumentare le calorie assunte ho comprato un panetto di burro e questa mattina per la prima volta lo spalmo generosamente sul pane insieme alla marmellata, è piuttosto ghiacciato ma non resiste al coltello, le tartine sono decisamente più gustose.


Dopo il piccolo tratto sterrato alle sette e trenta sono sull'asfalto e in pochi km raggiungo la sommità del colle, dove con disappunto mi aspetta una discesa ripidissima che mi fa perdere in un attimo la quota lentamente e faticosamente guadagnata, sprofondo nel cavo di una valle per andare ad imboccare il ponte sul fiume che l'ha scavata.



Non sto nemmeno a dire com'è il vento oggi, tanto è sempre uguale. Dal ponte ricomincia subito la risalita lungo la valle, tra montagnette tondeggianti e sperdute fattorie il panorama è piuttosto ripetitivo, muovendomi lentamente la salita è infinita e lo sembra ancora di più a causa della mancanza di attrattive e motivi di distrazione, non resta che perdersi nei propri pensieri.



Una cascata rompe la monotonia e sosto a mangiare con vista.



Più avanti un'altra cascata mi attende, questa è più imponente, ha parcheggio a bordo strada e cartello turistico, ma è parzialmente coperta dal crinale, mi avvicino seguendo il sentiero per una quindicina di minuti, oggi non si può sprecare nessuna occasione, c'è troppo poco da vedere.



Purtroppo mi rendo conto che le fotografie rendono meglio dal basso e il polpaccio non mi è grato per la zoppicata in punta di piede sul terreno sconnesso.
Nel mezzogiorno mi trovo accanto un hotel solitario, qui non c'è nulla intorno e non mi faccio di certo scappare l'occasione di sedermi comodo per un poco, oltre tutto ho le borracce completamente a secco. Sono il solo cliente, ho a disposizione la sala da pranzo, il soggetto principale delle decorazioni è la renna, ci sono trofei, fotografie e affreschi, e, mentre le testone cornute e imbalsamate mi osservano dall'alto delle pareti, ricarico il telefono godendomi una bevanda calda.




Rifocillato, riscaldato e riconnesso al mio mondo, lascio l'hotel continuando a salire la valle che dopo poco si impenna ulteriormente, la salita è lunga ed arrivo in cima un po' affaticato, purtroppo non c'è una lunga discesa ad attendermi. Sono su un altopiano che mi tiene in quota su una strada che sale scende e avvolge i fianchi delle colline, fortunatamente il vento mi viene in aiuto facendomi risparmiare un po' di energie.


Viaggio come una freccia sulla distesa di montarozzi a panettone coperti di neve, ogni avvallamento è un laghetto, un acquitrino o è solcato da un torrente, tutto il panorama si riflette negli specchi d'acqua che mi circondano, non c'è traffico, solo il sibilo del vento mi accompagna leggero.


Pensando che arriverò a scendere mi ritrovo a salire ancora e la temperatura si abbassa ulteriormente, ho perso l'uso delle mani e la sensibilità ai piedi da tempo.
Quando inizia la discesa mi rendo conto che non è per nulla piacevole, ho un freddo da morire nonostante guanti soprastanti e calzettoni di lana, la velocità e la mancanza di sforzo non mi permettono di scaldarmi.
Il vento è sempre più forte e non ci sono ripari, serpeggio tra le curve con difficoltà a rimanere in strada nei tratti esposti di fianco, sono teso come la corda di un violino e concentrato solo a tenere la traiettoria, pedalo da oltre tre ore e non ne posso più, ma non c'è modo di ripararsi.


Per evitare una buca un repentino colpo di pedale all'indietro mi fa scendere la catena, in condizioni normali una sciocchezza, ma con le mani come due moncherini ghiacciati che non riescono nemmeno  ad usare i freni diventa un'impresa. Compio anche quest'impresa, con i guanti e il manubrio imbrattati di nero continuo la discesa scrutando come un radar i pendii e le pietraie alla ricerca di un punto dove sostare, ma senza successo.
Adesso intorno a me enormi colline di sabbia nera che sembrano gli scarti di lavorazione delle miniere di carbone della Ruhr, coperte nella valle da distese di erba gialla, questo paesaggio mi accompagna fino a valle.
Sono arrivato al bivio che porta alla cascata Dettifoss un cartello indica ostello e bar a 4 km , poco più avanti sulla Ring road il ponte sul fiume che forma le cascate, opto per la prima, nella speranza di trovare un luogo dove sostare.
Purtroppo poco dopo la strada si mette contro vento e diventa sterrata, no ce la faccio più, ad una curva vedo sotto di me un po' d'erba, la banchina stradale è molto alta e questo angolino è al riparo dal vento, il cervello non deve fare nulla, i muscoli, gli arti e la bici mi portano al punto che gli occhi hanno deciso e meccanicamente allestisco il campo.
Sono proprio sotto la strada e la polvere sollevata dai rari veicoli di passaggio fluttua coprendo me la tenda e la Teresa, ma non me ne importa nulla, i contatti elettrici del cervello sono spenti, adesso esiste solo il riposo, ho pedalato 4 ore e mezzo filate e non so da quanto ho mani e piedi intirizziti.


Non mi tolgo nemmeno il casco, mi siedo in tenda al riparo e finalmente mangio, per la prima volta dopo lo spuntino di metà mattina, ormai è sera anche se pare primo pomeriggio.
Ho faticato.

Oggi 114 km, duri!




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