venerdì 6 luglio 2018

ISLANDA GIORNO 09 - 20 maggio '18

ISLANDA GIORNO 09 - 20 maggio '18


Sono solo le 6 e già mi sono dimenticato la colazione, il toast con bacon fritto è una delizia, entrerà nella mia colazione standard.




Un giro di foto col cielo azzurro dalla collina dietro la tenda e comincio a smontare e ripiegare le mie cose. Il vento mi complica il lavoro, faccio tutto in casa, i pacchi sono piccoli e tutto entra alla perfezione.
Mentre lavo e olio la catena della bici arriva anche Alex a fare colazione.
Pronto! Ci salutiamo ed esco, il sole mi accoglie e tutti i monti intorno, compreso il piccolo Cervino, sono imbiancati dalla neve.



Anche il vento mi dà il benvenuto, sempre teso e da direzioni diverse al serpeggiare della strada nei fiordi.



La prima parte della mattina offre degli scorci di panorama stupendi sotto la luce del sole e un tratto della strada diventa sterrato, scatenandomi la voglia di autoscatti.






In un attimo tutto cambia, il cielo si copre e mi trovo in una tormenta di neve ghiacciata che mi smeriglia il viso per più di un'ora.



Costeggiando il primo fiordo in direzione verso il mare aperto il vento si fa intollerabile, è al traverso con raffiche fortissime, mi fa sbandare da un lato all'altro della strada, mi sento in pericolo e scendo dalla sella spingendo la bici per un tratto. Sembra calmarsi, risalgo, ma rieccoci! Di nuovo a piedi, sono preoccupato, non ci sono ripari, il bordo strada è inesistente, non qualcosa dove appoggiare la bici, mi fermo a riflettere sul da farsi, è ormai dimenticato il primo tratto al sole sullo sterrato a scattare foto. Di seguito un post pubblicato a caldo descrive il panico del momento:


RISCHIO!!!

Oggi partenza sotto un vento Caino e uno squarcio di sole che dura il tempo di un sospiro, pioggia sferzata col gusto di un’idropulitrice e poi un ora abbondante di tormenta di neve. Il vento che ti colpisce da ogni lato costeggiando i fiordi e pare fortissimo. Ad un certo punto sbattuto quasi fuoristrada da un lato e poi dall’altro e poi ancora, poi vado dritto ma con la bici in piega come una moto....mi sento in pericolo, freno e con difficoltà mi fermo , scendo dalla bici e la spingo a fatica, mi fermo per riflettere. Mentre sono a lato della bici fermo tenendola per il manubrio, in un attimo prende vento come uno spinnaker e mi decolla tra le mani. Stringo la presa punto indietro il piede sinistro per mantenere l’equilibrio e una fitta elettrica mi parte dal polpaccio e mi va a sbattere alla base del cervelletto come un gong. Dolorissimo e non posso più appoggiarmi sul piede, merda...sicuro è uno stiramento, fa male ma non è sicuramente uno strappo, starei rotolandomi come un caimano ferito altrimenti. Non so che fare, sto in piedi solo perché mi appoggio alla bici, a camminare non riesco più. Penso un po’ e respiro forte. Devo provare a salire in bici, prima però, devo girarle attorno e poggiarmi sulla gamba destra. Ci riesco , sono in sella, fa un male cane ma riesco a pedalare leggero, ringrazio di avere le scarpe agganciate e lavoro con la gamba destra. Vado e penso. Me la sono fatta sotto. La bici spedita pesava 31kg, lo zaino 8 e la borsa a mano 4, togliamo il cartone ma aggiungiamo ora acqua e cibo, 45kg come minimo ci sono e il vento me l’ha sollevata!!! Avevo pedalato in Francia con raffiche fino a 80km ma questo era parecchio peggio, dopo un po’ giro nel fiordo e tutto torna normale, fino al prossimo cambio di direzione. Anche questa volta è andata bene, vedremo per la gamba come fare.



Avanzo piano teso come una corda di violino e fortunatamente la strada svolta mettendomi in condizioni meno "scomode",  pedalando in maniera scomposta avanzo fino a trovarmi accanto ad un faro appollaiato al bordo della scogliera maltrattata da onde assassine.



Colgo l'occasione per fermarmi a mangiare qualcosa, sto viaggiando da 4 ore e mezzo e non posso lasciarmi sfuggire questo spazio fuori dalla strada. Sulla sterrata che va al piazzale un'utilitaria giace tristemente impantanata nel prato a bordo pista, è costato caro il tentativo di aggirare una pozzanghera enorme, a bordo due ragazzi italiani di Gallarate che stanno telefonando al noleggiatore per avere un carro attrezzi, combinato come sono no posso nemmeno provare ad aiutarli spingendo.
La scogliera deve essere molto impressionante, un sentiero si avvicina e scende, probabilmente ci sono nidi di uccelli marini, ma io non sono assolutamente in grado di camminare sui sassi. A fatica smonto dalla bici, la appoggio ad una roccia, e zoppicando mi riparo dietro a una grossa pietra per mangiare uno Skyr, che soddisfazione, non ne potevo più!
Un po' rinfrancato proseguo nelle stesse condizioni di vento esagerato e con lentezza estenuante arrivo a Breidalsvik, dove pensavo di sostare, ma sono solo le tre  di pomeriggio e ai pedali il polpaccio va un po' meglio, solo a camminare mi fa un male boia costringendomi zoppicare sulla punta del piede.
Mi infilo nell'unico locale aperto, il bar dell'hotel, il receptionist mi fa il caffè con latte più caro sino ad ora  devo pure pregarlo per avere lo zucchero, non capisco se gli sto antipatico, non ha voglia di lavorare (sono l'unico cliente) o è un po' ritardato.
Sorseggiando consulto Vegasja... il sito meteo per scoprire una frecciata arancione nella zona, indica raffiche di vento tra 108 e 122 km/h, adesso si spiegano tutte le mie traversie.


Dopo essermi riposato per bene zoppico fino alla bici, combatto per salirci con estrema cautela  e raggiungo paese successivo dal nome particolarmente impronunciabile, Stodvarfjordur.


Una chiesetta dal tetto azzurro sovrasta il fiordo, cerco di raggiungerla su una stradetta ripidissima e non dimostrando troppo senno finisco di stirarmi il polpaccio. Con le lacrime agli occhi dal dolore e dandomi del cretino vado a cercare il campeggio segnato sulla cartina. Lo trovo al fondo del paese, è uno di quelli compresi nella camping card, un laconico cartello dice che il prezzo è di 1200 ISK e si scusano per la mancanza di bagni attualmente in ristrutturazione. Questa è la migliore battuta del viaggio, si paga per un pezzo di prato su cui poggiare la tenda, non lavarsi e farla nel bosco. Ma non me ne importa nulla, faticando estraggo il necessario e monto la tenda poi si vedrà, nel mentre arriva un'auto e una coppia di ragazzi tedeschi studia il cartello, si guarda intorno perplessa e mi chiede se veramente si paga, "Non so, magari vengono a riscuotere casera" rispondo e continuo a sistemarmi. Alla fine anche loro optano per rimanere, un filare discontinuo di alberelli ci protegge un pochino dal vento.
Una fiammata e si cucina, una bella pasta e ceci mi toglie tutti i pensieri e, pur essendo ancora chiaro come se fossero le 4 del pomeriggio, dopo una tachipirina ... buona notte.

Oggi 82 km




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