sabato 30 giugno 2018

ISLANDA GIORNO 10 - 21 maggio '18

ISLANDA GIORNO 10 - 21 maggio '18


Con la gamba un po' indolenzita e problemi di posizione nel sonno anche questa mattina sono pronto alla scoperta. Faccio colazione in tenda come al solito, ma sono costretto ad aprire prima il telo interno e poi anche quello esterno, incredibile ma vero, sono le 6 e fa un caldo mai provato dall'inizio del viaggio, il sole splende e non c'è vento.
Finiti i preparativi, con la gamba ancora dolorante e dopo una terza pastiglia sono pronto a partire, la preoccupazione era di svegliarmi in condizioni peggiori del giorno prima col polpaccio inchiodato, ma pare che sia leggermente meglio.

Parto mentre i tedeschi accanto a me sono ancora svenuti in tenda, nessuno è venuto a reclamare il prezzo di un campeggio che sarebbe stato rubato e come sempre la mattina offre nuovi spunti ottimistici.

Pedalo un po' legato, all'inizio, ma poi prendo il ritmo, sotto un cielo turchese che ti fa esultare l'anima, percorro la costa dell'ultimo fiordo senza il tormento di un vento esagerato nell'inizio di una giornata che si prospetta magnifica.



Dopo qualche km intravedo una sagoma che poco a poco si avvicina, la mattina presto mi piace, perché riesci a pedalare un paio d'ore senza incrociare nessuno, auto soprattutto, i turisti sono più delicati nel sorpassare, si scostano fino all'altra corsia, i locali non sempre e quando arrivano con i fuoristrada dai pneumatici XXXXXlarge rombano più degli autocarri, le prime volte mi sono spaventato.


Tornando all'avvistamento, si tratta di una persona a piedi, cammina verso di me, la forma dissimulata da una serie di bagagli incredibile sospesa addosso, grosso zaino da tracking dietro, zainetto da passeggiata stracolmo davanti, tanica flessibile appesa ad un lato, è impressionante!
Come sempre mi fermo a far due chiacchiere, "Hello, sono Liv, soprannome 100 libbre, per il peso dei bagagli" mi dice alla presentazione, parlando scopro che anche lui è un ex air force, ma U.S.A.,  Onehundredpounds sta viaggiando solo da 44 giorni con 45 kg di carico, è salito ad Akureyri per la f35, non immagino quanto fango abbia trovato, e disceso lungo la statale 1.


Sorride felice senza il minimo pensiero per il peso che si porta addosso e per la strada percorsa fin qui, nei suoi occhi la felicità di chi ama stare all'aria aperta scoprendo ciò che lo circonda.
Ancora una volta una lezione, per quanto tu creda di fare qualcosa di grande trovi qualcuno che te la rimpicciolisce come se la guardassi col binocolo al contrario, ma la modestia e la semplicità sonno l'insegnamento più grande.
Ci salutiamo da commilitoni dell'aeronautica e riprendiamo il viaggio in direzioni opposte.



Nel punto più interno del fiordo lasciata costa e mi avventuro verso l'interno, la strada comincia a salire e il meteo continua a volermi bene, speriamo nasca un idillio.





Sono arrivato al Fáskrúðsfjarðargöng, sembra persino una cosa mostruosa, e, per tirarmela un po' l'ho scritto con i caratteri indigeni, detto praticamente sono all'imbocco del tunnel che prende il nome dal fiordo, immagino che göng significhi tunnel. La prospettiva non è esattamente entusiasmante, sei km dentro la montagna in bici su una strada che sale a schiena di mulo per buona parte del percorso e poi scende verso l'uscita, ma mi permette di tagliare l'ultimo "dito" della costa. Accese le luci mi avventuro nella bocca della terra, un po' meno avventuroso di Jules Verne, ma sempre nel ventre della terra in Islanda. La bella notizia è che ho a disposizione un buon metro di banchina e il traffico è scarso, ma spaventoso, le ruotone qui al chiuso fanno un rombo da reattore in decollo sulla tua schiena. E' lunga ma sbuco dall'altro lato.


Sono sulla costa del fiordo successivo, la cittadina di Reydarffjordur di fronte a me, oltre lo stretto braccio di mare, splende colorata al sole con installazioni industriali all'estremità.
Subito a sinistra in discesa lungo la costa e poi dritto verso l'interno imboccando la valle.


E' ora di una meritata sosta per pranzare, il sole mi scalda ed è il pasto più confortevole che potessi sognare.



Riprese le energie si riparte, la strada segue la valle verso un colle, il vento mi aspettava qui, arranco in salita senza esagerare sul polpaccio che dopo la cura di tre tachipirine sembra stabilizzato, se tengo il piede con la punta un po' bassa non mi dà troppo fastidio. Piano piano mi trovo circondato da monti innevati, per un tratto sono anche a favore di vento, ma poi mi tocca spingere anche in discesa.




Nella lunga discesa, a vederla, ma salita a sentirla, incrocio un'ennesima ragazza tedesca, anche questa giovanissima ed esile in maglietta e pantaloni della tuta arrampica spinta dal vento.
Parliamo delle solite cose tra ciclisti e mi scordo persino di chiederle il nome e fare la foto di rito.



Sono finalmente arrivato ad Egilsstadir (da non credere, non c'è una ipsylon e nemmeno una jota) sull'estremità settentrionale di un lago e si presenta anonimo come buona parte dei villaggi.
Diverso è invece il bar, fast-food, gelateria in cui mi rifugio per riprendermi un po'. E' in stile anni cinquanta, tipo Happy Days, con Betty Boop appesa e le sedie in vinpelle verde penicillina, pieno di famiglie con i figli che si godono grandi coni gelato e coppiette di teen-agers ai tavolini ... insomma mi aspetto che arrivi Arnold col menù ed esca Fonzie dal bagno, anzi, l'ufficio.
Io non rompo la mia routine, regular coffee with milk and several refillings, ricarica del telefono e FaceTime a casa, rovinando il clima da fantastici anni 50 e ciuffi impomatati.
Il panorama di monti innevati e il sito road.is mi dicono che le strade verso il lago vulcanico Askja sono chiuse e non è comunque raccomandabile andarci, così parte il primo grande taglio al mio programma, seguirò la ring road verso Akureyri, dicono che a volte rinunciare è saggio.
Dopo una pausa ristoratrice riprendo la strada che monta verso nord, in lieve salita visiva ma in greve pendenza sensoriale a causa del vento.




Come sempre la ricerca di un luogo bivacco è sempre laboriosa, recinzioni ovunque e dove ci sono aperture sono palesemente viottoli che portano alle fattorie e sempre in terreno aperto ... non è posto da imboscate quest'Islanda, ti vedono da km di distanza.
Finalmente un tratturo esce sulla destra superando una ruga del terreno e scendendo lontano verso dei lontani fienili che paiono abbandonati, silla strada un po' fangosa niente tracce recenti, è il mio posto, appena dietro la ruga del terreno svolto fuori strada in un tratto di prato fuori vista ed è subito bivacco.



Ceno subito e mi sistemo poi, anche oggi sono cotto, non percorro tanta strada ma sto un sacco di tempo ai pedali ...insomma sono LENTO.
Tagliando al sedere che è sempre lì con la sua vescica, fortunatamente tollerabile, e buona notte.

oggi 89 km



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