giovedì 28 giugno 2018

ISLANDA GIORNO 05 - 16 maggio '18

ISLANDA GIORNO 05 - 16 maggio '18


Nella notte sento la pioggia battere insistente sul telo, ma io sono bello caldo ed asciutto, mi giro e continuo a dormire. Alle cinque il sonno è finito, ma la pioggia no.
Aspetto pazientemente che smetta, faccio colazione e ripiego il letto, in modo da smontare la tenda al volo se smette un attimo. Oggi ho impacchettato alla perfezione ed ogni rotolo entra al suo posto.
Poco dopo le nove sono ai pedali sotto un cielo bigio tutto coperto che inghiotte la metà delle montagne più alte, sui pendii si intravede una fascia di neve recente mentre le rare fattorie sembrano dormire sotto la nera falesia incombente al fondo dei prati, pecore e cavalli incuranti delle condizioni meteorologiche brucano e ruminano senza posa.
Appena ti fermi per fotografare gli agnellini, immancabilmente due per ogni pecora, corrono verso la madre che ti guarda sospettosa sotto le corna e, appena tiri fuori la macchina fotografica, si voltano e si allontanano (ho una collezione di foto dei loro sederi pelosi, vengono tosate solo davanti, lasciando una gonfia sottanona di vello che scende dietro).
I cavalli, invece, sono simpatici e curiosi, vengono verso di te forse sperando in una mela o una carota, magari solo perché sono socievoli, chissà, con le loro enormi criniere al vento ti osservano con occhi intelligenti e spesso corrono con te che pedali lungo la strada.


Pedalando piano ho cominciato a pensare ad alta voce, penso che non sia possibile viaggiare qui seguendo una programmazione, mi sono rassegnato a fare quel che riesco senza rincorrere le ansie, credo di aver acquisito la mentalità del viaggiatore. Dove non è possibile riprogrammo tempi e percorrenze a cuor leggero, tutte le volte che serve e mi adatto tranquillamente, come un velo d'olio ti adagi sull'ambiente, facendone parte e vivendo al suo ritmo, il clima, il vento le pendenze.


Forse leggere i resoconti di viaggio di infaticabili giramondo mi ha aiutato, ma l'Islanda ha fatto il resto.
Ora non piove e va bene così, corro con i monti innevati accanto, lunghe lingue di ghiacciaio che ti sembra di toccare ma non arrivano mai e poi ti stanno accanto per ore scendendo quasi a lambire la strada.


Al bivio per il parco naturale di Skaftafell incontro un ragazzo polacco, fa l'autostop carico di bagagli, parliamo un po' e proseguo su una sterrata molto sconnessa per avvicinarmi al ghiacciaio Svinafellsjokul, una salita ardita mi porta alla laguna glaciale in cui termina la sua corsa di millimetri all'anno, scaricando blocchi di ghiaccio dalla parete frontale che galleggiano nell'acqua.




E' spettacolare, una coppia albanese mi aiuta scattandomi qualche foto, sono entusiasti del mio viaggio e mi fanno i complimenti, complice anche il miglioramento del tempo il morale ha subito un'impennata da questa mattina.




Ho persino fatto una sosta pranzo con tonno fagioli e pummarola.
Poco più avanti c'è un villaggio con il bar, come una sirena al suo richiamo non si resiste, parcheggiato sul piazzale c'è un pulmino da gita sui ghiacciai con pneumatici giganti ed assetto rialzato, come la gran parte dei pick-up  dei fuoristrada.


Sorseggiando il solito caffè tengo i contatti con la famiglia e sistemo le foto, consultando il gps mi accorgo di  aver saltato la cascata Svartifoss che cade da una parete di basalto colonnare.



E' nel parco Scaftafell, non mi resta che tornare indietro di 4 km, parcheggiare la bici contro un palo e scarpinare una mezz'ora tra gli alberi per raggiungere la nera parete di basalto a colonne esagonali.




Il sentiero mi porta a costeggiare una prima cascata e poi su per la valle, dietro un dosso appare da lontano Svartifoss.


Si scende poi verso una passerella che permette di ammirarla da vicino.




Una sorta di anfiteatro avvolge la pozza in cui si riversa l'acqua, creando un effetto molto drammatico col pulviscolo vaporizzato che rende lucida la parete.




Rimirata la cascata e fatte le foto ritorno alla bici, sono indeciso se fermarmi al campeggio nel parco per non chiedere troppo al sedere ulcerato, finisco uno Skyr avanzato a pranzo e proseguo.


Incontro Samuel, il mio prima collega in bici, è tedesco, viaggia in senso opposto al mio e mi racconta di aver visto altri in bici, anche un italiano. Ci scambiamo i contatti e proseguo, ora vado come un razzo a favore di vento.


Trovato un posto che pare buono per il bivacco mi inoltro in un terreno ghiaioso fin in riva ad un ruscello, lo attraverso e mi impantano in una zona fangosa, io e la Teresa siamo tutti marroni, prima di fare il campo torno al corso d'acqua per ripulire un po' e finalmente piazzo la tenda. Non c'è molto riparo dal vento, così ceno all'interno.



Mi sono  fermato presto, sono solo le 19,30.

Oggi 89 km in bici ed un'ora a piedi nel parco.




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