domenica 24 giugno 2018

ISLANDA GIORNO 02 - 13 maggio '18

ISLANDA GIORNO 02 - 13 maggio '18



Ho dormito in una camera con letti a castello e la luce impietosa che filtrava dalle tende per tutta la notte, ma non è stato un problema, mi sono fatto le mie cinque ore di sonno e come al solito sono sveglio, ansioso di mettere insieme la Teresa (la bici) e partire.
Temporeggio per un po' e alle 6 mi presento alla reception per farmi aprire il deposito.


5 minuti e l'atrio è un mercatino delle pulci affollato di cartone, pluriball, plastica, pezzi di telaio, ruote, borse, accessori, attrezzi e uno scalmanato che si affaccenda per far sparire in un insieme i pezzi del puzzle.
Ci vuole una vita, devo anche organizzare il bagaglio, di solito sono a full bike packing assett, ma questa volta la configurazione mista e un sacco di cose in più rompe la mia routine (breve di principiante). Ho tempo, devo fare la spesa per la cambusa e il supermercato Bonus, tempio dei risparmiatori, apre a mezzogiorno.
Un'occhiata fuori dalle finestre ogni tanto mi conferma bel tempo e poco vento.
Dovrei riflettere di più sul fatto che qui misurano il vento in m/s e non in km/h, lo stesso nostro numero per loro è 3,6 volte più veloce!!!
Ma ecco, alla fine, emergere l'Araba Fenice dalle sue... parti smembrate.
Lascio The Base, l'ostello, e mi dirigo verso la delizia dello stomaco, che, guarda caso, ha una bandiera gialla con un bel porcello rosa nel mezzo.
Non riesco a resistere al richiamo delle ali, una foto col Phantom americano ci vuole.



Il cielo si è già mascherato, l'azzurro invisibile ed il vento è venuto a cercarmi dal suo rifugio, poi scoprirò che non è forte (per l'Islanda) ma un padano non è abituato.
L'ingresso tra le corsie di cibi mi porta in un mondo misterioso di cui conosco le forme, talune, ma pochissime scritte sono comprensibili, ci sono cose che da noi non esistono, altre sono rare e di quelle conosciute bisogna scegliere qual'è quella buona. Insomma, la prima spesa è un delirio, ci vuole un sacco di tempo, come un contabile con i registri in caratteri cuneiformi, almeno la frutta ha la stessa forma.
La bici abbandonata all'ingresso senza nemmeno legarla, di solito nei paesi mediterranei comincio a farlo dopo una quindicina di giorni, è ancora lì, dove due signori locali che stanno chiacchierando mi hanno detto che la guardano loro, uno è d'origine francese e mi fa un sacco di domande sul viaggio, così la prima lingua parlata on the road c'est francais.
Come sempre l'acquisto compulsivo ti punisce e devi combattere per stipare tutto negli angoli più reconditi e angusti delle borse, il formaggio plastico, come il pongo, prende ogni volta una forma differente.
Ormai si è fatta la una, sono quasi pronto, devo solo riempire la bottiglia d'alluminio del fornello MSR, ma non è così comodo mettere 0,6l di benzina in un distributore in cui è tutto automatico e si paga solo con le carte di credito, risolvo chiedendo ad un signore se mi fa riempire e lo pago in contanti (ci lamentiamo del costo dei carburanti, qui si sfiorano i 2€ al litro, occhio all'auto che noleggiate se venite qui).
Finalmente pronto lascio il distributore e mi avvio verso Sud per iniziare il tour antiorario dell'isola come pianificato, adesso il vento è un supplizio, qua e la ci sono degli strappi in salita veramente ripidi, non lunghi ma aggravati dal vento.
Ero preoccupato di avere i rapporti del cambio troppo corti, ma mi accorgo subito che qui non sono mai troppo corti, anche se sei in pianura.



Mi avvicino alla costa in un paesaggio sassoso, pezzi di nera roccia lavica stesi sul terreno ondulato, il sole torna a splendere nell'aria cristallina che non conosce fumi e scarichi. 
Comincio a famigliarizzare con le indicazioni turistiche, caratterizzate da un simbolo quadrato con quattro occhielli agli angoli, il primo è per indicare una spaccatura che marca in superficie la divisione tra la placca tettonica nordamericana e quella europea, un ponticello unisce due mondi. Due nere pareti di roccia divise da un letto di pietre e sabbia, quasi un torrente asciutto, non rendono l'idea  di tue enormi tavole di roccia che galleggiamo su un mare di magma.




Oltre il panorama roccioso si ricopre di uno strato di muschio rigoglioso, mai vista una roba simile, sarà spesso almeno venti cm e ricopre sassi forre e spaccature del terreno, con dei toni di verde in netto contrasto col nero delle rocce.
Delle fumarole eruttano dal terreno, smentendomi, qui sanno cos'è il fumo, hanno locomotive interrate che buttano vapore incessantemente e centrali geotermali sopra a sfruttare il fenomeno.


Sono in vista del mare, sterrate zigzagano, sul terreno mai piatto, verso la costa dove faraglioni scuri e lucidi, sotto la sferza di spruzzi portati dalle onde e dal vento, emergono minacciosi sotto costa, un faro chiaro si staglia come un bagliore nella notte. Avevo previsto di andare sino là, ma essendo già in ritardo sulla tabella di marcia mi dico che su un'isola avrò mille occasioni di vedere fari e scogliere, e glisso.
Trovo la scogliera color ossidiana poco più avanti, ci dovrebbe essere una pozza termale nelle rocce davanti al mare, ma è così ribollente che non c'è quasi separazione e sicuramente l'acqua non è calda, visto il continuo schiaffo delle onde.



Qualche foto e il primo sogno di bagno caldo è sfumato.


Ancora un po' di costa e una deviazione verso l'interno mi porta, seguendo la guida di una lunga falesia e poi il fianco di un pendio, tra spaccature sul terreno che ricordano le fenditure sulla sommità di un dolce lievitato di cacao amaro, fino all'arciconosciuta Blue Lagoon, solo qui comincio a vedere del turismo di proporzioni accettabili, si vede, comunque, che sono in anticipo sul turismo di massa.


Dal parcheggio un vialetto di cemento s'inoltra tra pietre e rocce come un camminamento di trincea, fino a trovarsi di fronte alla struttura termale e subito dietro spalancarsi in una vista mozzafiato di pozze irregolari dai blu, azzurri, turchesi  bianchi abbacinanti.



Una pietra preziosa adagiata su un velluto nero.
Vago a bocca spalancata rimirando i colori, i riflessi che il sole ricava da questa meravigliosa lente in un caleidoscopio di tonalità. 
Gli asiatici si slogano le dita a fotografare, come tutti, del resto.


Appagato dalla prima "Grande Visione" del mio viaggio nel nord proseguo tornando sui miei passi fino alla costa, ancora elettrizzato ed entusiasta per lo spettacolo pedalo fino alle 8 di sera prima di rendermi conto che ancora non ho mangiato nulla se non uno Skyr, latticino locale a metà tra lo yogurt e il formaggio spalmabile.


La curiosità ne ha fatto il mio primo pasto, non è male, ma ormai è dimenticato, devo mangiare!
Appena mi compare davanti una sorta di barriera di roccia coperta di muschio che mi ripara dal vento mi fermo e metto in azione il fornello.
Cartone da dieci uova, due mangiate subito crude col pane in cassetta mentre le altre otto si lessano ed iniziano una consuetudine per tutto il viaggio. Una mela e una bella caraffa di the preparato in ostello, ancora caldo nel thermos, completano il pasto.
Rifocillato e riposato decido di proseguire un'altra ora; il cielo, che mi ha portato un po' di pioggia mangiando, ora è di nuovo sereno, a volte si fatica a descrivere com'è stata una giornata, il tempo cambia continuamente.
Monti scuri a sinistra ed il mare ad una certa distanza sulla destra sarà buona parte della mia visione durante il viaggio.




Trovato un posto fuori vista allestisco il mio bivacco, ancora un po' impacciato col nuovo assetto bici e tenda nuova, gran lusso potersi sedere, abituato al vecchio piccolo sarcofago alto 60 cm.


Il primo giorno sono sotto la media che ho previsto, ma ho avuto solo mezza giornata per pedalare, anche se alle 22 sembra sia primo pomeriggio, temo che di aurore boreali non se ne parli, non è mai buio!
E stata una bella giornata passata nel fruscio del vento e con la colonna sonora del canto degli uccelli, gli automobilisti vanno come pazzi, fortunatamente il traffico è scarso.

Oggi 93 km, pedalato per 6h 43'



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