domenica 13 gennaio 2019

Myanmar 9 Mandalay

9 novembre 2018          Venerdì                  G9              Mandalay


Oggi la Lella sta un po’ meglio e dopo due notti e un giorno senza toccare cibo riesce a prender un tè e una fetta tostata mentre il sottoscritto mangia come ad uno sposalizio.
Non sappiamo come organizzare la visita della città, ci facciamo consigliare dai ragazzi alla reception e, dopo aver vagliato una serie di proposte, optiamo per spostamento in taxi sulla sommità della Mandalay hill, che poi non è la cima ma il parcheggio più alto, in modo da risparmiare le energie della Lella. 


L’ultimo tratto è servito da una scala mobile in alternativa al sentiero, eccoci al tempio senza far fatica, qui la cosa più rilevante oltre al tempio buddista è il panorama di cui si gode. 





Stupa dorati e templi a perdita d’occhio, vista aerea della città, un grande campo da golf e l’immenso quadrato dell’antico palazzo reale. 




Un miglio di lato, circondato da un ampio viale, fossato largo come un fiume e la muraglia imponente intervallata da torrette, l’interno popolato da molte caserme e abitazioni dei militari, solo una piccola parte occupata dall’antico palazzo reale.







La discesa verso la città è un camminamento coperto che passa attraverso parecchi templi costruiti sul fianco della collina, ci sono parecchie varianti a seconda dell’area che si vuole raggiungere. 





Come sempre l’oro abbonda e le statue del budda in ogni posizione, foggia e dimensione riempiono cortili, nicchie e costruzioni.





Lungo il percorso si incontrano venditori, famiglie in visita, bambini a non finire, indolenti cani randagi che annusano in cerca di cibo o dormono in mezzo alla scala e non fanno una piega nemmeno se rischi di calpestarli.






All’inizo della scalinata che porta in cima, due grandi Chinte sorvegliano l’accesso.





Nel caldo del mezzogiorno ci spostiamo verso la Kyauktawgy Paya, una delle pagode più importanti, dove le costruzioni sono immerse in un giardino solcato dal reticolo di camminamenti piastrellati e coperti che ospita un numero straordinario di statue.





I soggetti si ripetono identici e cambiano entrando in un nuovo tratto, ci sono degli orchi blu dai lunghi canini che sembrano venire direttamente dal bar intergalattico di Star Wars, un gong grande quanto il rosone di una cattedrale gotica troneggia tra due maestose campane, decorazioni e smalti li abbelliscono.





Lasciata questa meraviglia buddista ci fermiamo all’ombra di una pagoda in legno che affaccia su un laghetto verde e ci riposiamo nella mistica atmosfera osservando enormi pescigatto che boccheggiano sul pelo dell’acqua, una donna che lava le stoviglie sulla sponda e il traffico usuale di biciclette e motorini stracarichi di merci e persone.








La Shwe Nan Daw Kyaung pagoda ci accoglie con le sue strutture di legno scolpito, è uno dei monasteri frutto di enormi lavori  d'intaglio, bianche scale di muratura affiancate dai mitologici guardiani danno l‘accesso alla palafitta , una grande terrazza sorregge vari livelli di pareti tetti e frontoni di legno scolpito. 





Anche l’ interno è in legno, ma completamente dorato, e una statua d’oro del Budda troneggia sull’altare principale.





È tempo di mangiare qualcosa, un taxi ci riporta nei pressi dell’albergo e andiamo da Shan Ma Ma a mangiare riso frutta e verdura, il locale è senza pretese con tavoli di plastica che si allargano sul marciapiede attorno alla cucina e all’espositore dei cibi, la cosa particolare è il coperto che in un sacchetto sottovuoto contiene piatto, ciotola, bicchiere e posate. Lascia stupiti questa chicca di sterilità in un mondo in cui l’igiene segue norme molto empiriche e le venditrici di street food mescolano zuppiere di noodles con le mani.






La visita prosegue chiamando il solito taxista, che è contentissimo, e ci porta verso Amarapura dove ci attende il ponte pedonale di legno più lungo al mondo. 




Di strada incontriamo la Mahamuni pagoda, una galleria affiancata da mille venditori di oggetti caratteristici in legno, bronzo e d’osso porta al centro del tempio, una serie di persone si affaccenda pulendo i pavimenti e coprendo le gambe del Budda con un drappo viola, probabilmente i preparativi per una cerimonia. Stranamente le donne non possono arrivare ai piedi della statua, la cultura buddista sembrava essere libera dalle discriminazioni, ma a quanto pare non totalmente.





Incontriamo un monaco, a fatica ci fa capire che vorrebbe una foto, gli spieghiamo che fare la foto non è un problema, ma non siamo in grado di stamparla e lui non ha un telefono, è una scena commovente, vuole portarci con lui a casa, solo qualche ora, proviamo a spiegargli che ci aspetta il taxista fuori dal tempio. 





Con difficoltà e un po’ di tristezza riusciamo a salutarlo e a proseguire il viaggio, il taxista ci porta a visitare i laboratori dove intagliano la pietra in una nube di polvere bianca e poi il legno dove si scolpisce e si dipinge, ci sono anche donne che tessono dei tessuti tradizionali e ricamano.









Lasciamo il locale con centinaia d’idoli intagliati e grandi tavole scolpite per arrivare finalmente all'U Bein, il lunghissimo ponte di teak che si estende per oltre un km e mezzo nella laguna, per raggiungere un’isola, diviso in due da una torretta che permette di scendere su una secca tra canali e foreste di loti.



Depositati sulle rive assiepate di venditori ci avviamo verso la passerella, mentre sul bagnasciuga decine di barche colorate sono assaltate dai turisti che vogliono assistere al tramonto sull’acqua. 



Il panorama è meraviglioso mentre passeggiamo in fila tra monaci turisti e venditori, una ragazza che parla un po’ d’italiano ci tampina per una buona mezz’ora nel tentativo di piazzare delle collane.





Assistiamo al tramonto in una luce soffusa mentre le barchette solcano il lago arancione, dei ragazzi immersi tra i loti pescano e una piccola folla distribuita sulla lunga palafitta forma una nera skyline contro il sole ed il cielo arancio, un cocco con cannuccia rende ancora più esotico il momento disperatamente romantico.







Il ritorno tra le stradine superaffollate della sera è veramente lento ma ci permette di assaporare mille scene di vita locali che rendono fantastico anche il muoversi a velocità di lumaca.



Dopo un bel bagno testiamo un locale grill consigliato dalla guida, purtroppo non è un gran che oltre a costare parecchio più della media.

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