mercoledì 16 gennaio 2019

Myanmar 10 Mandalay

10 novembre 2018        Sabato                    G10                Mandalay




Colpito dalla “malattia” del viaggiatore mi arrendo alle compresse di Loperamide, l’equivalente umano di un tappo per un lavandino, fortunatamente è roba da poco, infatti non mi ritraggo di fronte alla colazione di vermicelli.
Abbiamo programmato un’uscita con le bici dell’hotel, la Lella meno avvezza alle due ruote è preoccupata per il traffico sregolato sui viali, in effetti attraversare gli incroci che non hanno semaforo è piuttosto una sfida di coraggio. 


Senza grandi problemi raggiungiamo le mura del Palazzo Reale e ci rilassiamo percorrendo l’enorme marciapiede ombreggiato dagli alberi che le circonda, all’ingresso, presidiato dai militari, i turisti devono lasciare la bici ed entrare a piedi.


Sembra di entrare al Pentagono, controllo passaporti, rilascio passi da tenere appeso al collo, entrata solo a piedi, mamma mia che fanatici! Quasi un chilometro ci separa dal palazzo, che si trova al centro del quadrato, caserme e palazzine di alloggi dei militari si estendono lungo la strada, tutto quanto ha urgente bisogno di manutenzione.





L’accesso al palazzo prevede un controllo ulteriore, finalmente dentro ci si trova in un’altra dimensione, tempio dorato e lindo, giardini curatissimi con erba rasata e cespugli fioriti, molti padiglioni di legno dipinti di rosso mattone sorgono nella scacchiera del giardino segnata da vialetti bianchi.









Solo uno dei padiglioni è effettivamente adibito a museo, in esposizione oggetti cerimoniali, statue e costumi reali, foto d’epoca e mobili.







Una torre d’osservazione in legno, dentro la quale si avvolge una lunga scala, offre una visone panoramica dell’area e delle colline circostanti, tempestate di stupa dorati.




Una coppia festeggia l'anniversario di matrimonio con trucco e costume tradizionale immortalata dal servizio fotografico di un professionista.



Il ritorno all’ingresso è decisamente caldo sotto il sole del mezzogiorno, ripresa la bici torniamo verso l’hotel accantonando l’idea di andare a visitare la statua del “Budda magro” nome che deriva dalle fattezze inconsuete. 






Di strada troviamo un tempio Indù, purtroppo è chiuso, ma già gli esterni sono molto particolari con statue e raffigurazioni colorate che lo coprono interamente.






Questa volta pranziamo servendoci da un bancone, dei piatti misti, è l’occasione di assaggiare cibi che non sapremmo come chiedere e provare le cose che ci incuriosiscono.










Proseguiamo attraversando una zona molto povera alla ricerca di un tempio.




La Setkyathiha Paia mi incuriosisce perché contiene una riproduzione in miniatura del Golden Rock, il famoso sasso in bilico. 









Un dono di pennarello colorati rende i bimbi felici come a Natale...buddista



Troviamo il tempio affogato tra le case con lo svettante stupa dorato visibile solo quando si è arrivati, all’interno della recinzione un ampio cortile contiene diverse costruzioni con statue di animali, un grande Budda seduto, scene con statue a grandezza naturale, il masso dorato in bilico, un baniano sacro di dimensioni imponenti e tante statue e monumenti ovunque.







Che sia una versione asiatica dell'albero della cuccagna? un pollo al posto del salame? Ovviamente no ma fa sorridere.


Lasciata la pagoda proseguiamo la visita a bordo di un taxi-apecar che ci porta ad un monastero di legno ancora abitato, Shwe In Bin Kyaung, sempre in un’area povera verso l’alzaia del fiume Irrawadi.  







La struttura principale è quella classica delle paya in legno viste sinora, tutto intorno, circondati da grandi alberi e vialetti, in una pace surreale pensando al caos cittadino, i locali dove i monaci vivono e pregano.







A piedi raggiungiamo un laghetto attraversato da un ponte di legno che è una versione ridotta di U Bein, ambiente molto caratteristico fiancheggiato dall’ennesimo stupa dorato.




Colpisce la dignità delle donne che vestono i longi colorati sempre lindi pur vivendo nelle capanne e facendo il bucato in corsi d'acqua fangosi.












Purtoppo il terreno è devastato da cumuli di rifiuti popolati dai cani randagi alla ricerca di cibo, peccato perchè il panorama è veramente mutilato da questo scempio.







Attraversato il ponte siamo sull’alzaia del fiume, lungo il viale si stende una lunga serie di capanne e sul ciglio venditori ambulanti si contendono lo spazio fino ad arrivare al mercato dei fiori.
Un piazzale popolato da centinaia di mezzi e persone è immerso nello strombazzare di altoparlanti che celebrano con musica ad altissimo volume non so quale festa, sottolineata dalle decorazioni appese ovunque.
In taxi raggiungiamo l’hotel e la cena è l’ultimo atto della giornata, ancora una volta il sole ci ha accompagnato e abbiamo avuto bellissimi scorci della vita e dei monumenti di Mandalay.

Nessun commento:

Posta un commento