mercoledì 19 dicembre 2018

Myanmar Dubai - Yangon

2 novembre 2018          Venerdì      G2                  Dubai - Yangon


Partiti alle 21 da Milano arriviamo in orario a Dubai alle sei locali, tre ore di attesa per la coincidenza ci permettono di dare un’occhiata a questo aeroporto immenso, spostarci con la metropolitana interna e farci un lungo viaggio col bus che attraversa persino autostrada per portarci all’imbarco del Boeing 777-300 con il quale continueremo il viaggio.


Siamo riusciti anche a infilare un caffè nell’attesa tra un volo all’altro.
Il terminal enorme di Dubai, un grande verme di lamiera e cristallo dall’interno cavernoso alto  diversi piani e costellato di fontane a parete, ascensori di cristallo e lunghe scale mobili si estende per centinaia e centinaia di metri, ricordando le strutture che si vedono nei film di fantascienza costruite su altri pianeti. Riusciamo a vedere l’entusiasmante skyline di Dubai con i suoi grattacieli, la vela e lo spillo solo in atterraggio, in decollo ci catapultiamo nel cielo sereno verso il Golfo di Aden e l’oceano indiano.
Ancora una volta lo schermo piatto sul sedile di fronte ci permette di ingannare il tempo tra un pasto all’altro, attraversiamo l’India, passiamo al largo del Bangladesh, e, dopo una lunga sequenza di terre paludose stiamo attraversando il Myanmar, la storica Birmania che ancora mi galleggia nella testa dopo le letture di Salgari ai tempi della scuola.
Lasciata l’enorme area umida del delta del fiume Irrawadi, si sorvolano zone agricole con i tipici campi di riso a terrazza, villaggi, prati ed eccoci infine in atterraggio sull’aeroporto di Yangon, la vecchia Rangoon. 


Qui le strutture sono decisamente meno grandiose e meno moderne che in Arabia, una sosta ai bagni ci fa perdere un sacco di tempo al controllo di immigrazione dove siamo praticamente ultimi della fila.
Scopriamo presto di non aver perso nulla, il nostro bagaglio non compare mai sul nastro trasportatore, tanto che, preoccupato, mi rivolgo al personale di servizio per essere certo che tutta la stiva è stata svuotata, mi dicono di attendere ancora un po’ e, finalmente, ecco comparire il nostro saccone blu. 
Dopo l’ansia di rimanere senza bagaglio siamo pronti per il primo confronto con il popolo birmano. Allo sportello bancario il primo cambio di valuta ci dimostra che i suggerimenti sulle banconote americane non erano esagerati, l’impiegata guarda, riguarda, volta e rivolta ogni banconota un numero estenuante di volte. Dopo questo esame ridicolo già mi rifiutano $ 100 perché macchiati di pennarello, nonostante tutto ci allontaniamo con un pacco di banconote dal volume imbarazzante in cambio di quattro biglietti da 100. 
La valuta locale finisce nel portafoglio mentre tutto il resto delle scorte monetarie lo teniamo in una sottile cintura con tasca di nylon costruita apposta per salvaguardare le nostre preziose risorse.
Scopriamo che i Kiat, la moneta locale, al cambio sono 1582 per un US $, e circa 1800 per un €, più o meno il valore delle nostre vecchie lire.
Già mentre siamo allo sportello bancario e prima di arrivarci siamo stati assaliti dei tassisti che, come gli avvoltoi, aspettano turisti e viaggiatori allo sportello degli arrivi(questa è forse la sola cosa in comune col resto del mondo), quindi, dopo aver cambiato con l’alito dei tassisti sul “coppino”, veniamo circondati e pressati per il passaggio in città. Ci arrendiamo a uno dei tanti dopo una contrattazione senza grande convinzione, qualcosina riusciamo a limare ma non molto, imbarcati nell’auto ci dirigiamo verso il centro. Il nostro hotel, Bike World Myanmar(72,72€ 2 notti), si trova un po’ a nord, vicino al lago Inya. 
Sono le 18 ed è già notte fatta, il tassista dimostra chiaramente di non avere la più pallida idea di dove l’albergo si trovi, oltre all’evidente incapacità di leggere e comprendere una cartina della città. Appurato che si muove solo per luoghi noti, metto mano all’IPhone e comincio a fargli da navigatore in una caccia al tesoro complicata dal fatto che conosce solo quattro parole d’Inglese, fortunatamente due sono destra e sinistra. Dopo aver saltato la prima svolta che gli indico, imbocca la strada successiva e si innesca una situazione tragicomica, la ricerca  si fa veramente impegnativa, ci porta in 1000 stradine tortuose e strette, qualcuna cieca che ci costringe a lunghe retromarce complicate. Finalmente, dopo aver vagato per oltre un’ora in sobborghi inquietanti dai palazzi quasi diroccati, imbocchiamo quello che pare un vicolo privato incastrato tra due recinzioni e che ci conduce, dopo una curva di 90° a fermarci di fronte a un ulteriore cancello, (che sudata!) fortunatamente siamo arrivati. 
Quasi subito il cancello si apre e il taxi entra all’interno di un cortile, unico modo per fare manovra, scarichiamo i bagagli, paghiamo e ci accoglie una signora locale che parla bene inglese, controlla la nostra prenotazione, l’unica fatta attraverso l’App Agoda, è confermata e già pagata. Ci mostra la nostra stanza. Siamo al primo piano, saliamo le scale e dopo un piccolo ballatoio entriamo in stanza, non è un granché ma almeno non è sporca, mettiamo subito in funzione il condizionatore che è rigorosamente necessario e cominciamo ad aprire bagagli. Dopo una doccia e una cambiata laviamo subito i vestiti utilizzati sinora.

Ormai è tardi, per raggiungere il centro ci vuole il taxi, non abbiamo nessuna voglia di cominciare a visitare subito dopo il sonno precario della giornata in volo, quindi scendiamo nel cortile con tettoia/veranda dove c’è una grande tavola, scopriamo che il padrone è un australiano, Jeff, e che ha lavorato per anni in questa zona inviato da un’azienda casearia del suo paese. Ha finito per sistemarsi qui dove ha aperto un negozio di biciclette mentre la moglie, birmana, gestisce l’hotel. Seduti a tavola ci sono una tedesca piuttosto giovane e una signora svizzera, Lorena che abita vicino a Lucerna, è alla sua ottava visita del paese e, dall’alto della sua esperienza, ci fornisce consigli e indicazioni utili.


La padrona dice che se vogliamo possiamo mangiare qui, possono preparare qualcosa oppure ordinare una pizza che pare essere molto buona. Ovviamente optiamo per la seconda scelta, grande preferita della Lella, effettivamente pur avendo poco a che vedere con la nostra la pizza non è male, ce la mangiamo in un attimo chiacchierando con la Svizzera.


La prima impressione avuta a bordo del taxi è quella di un paese povero, dalle abitazioni prevalentemente dimesse e dalle attività commerciali primitive, solo qua e là qualche palazzo lussuoso, paragonabile ai nostri e qualche vetrina un po’ moderna. La cosa più impressionante è il traffico caotico in cui ognuno pare muoversi come più gli aggrada, tutti suonano il clacson, nella bolgia si muovono auto, camion, taxi su camioncini dove la gente siede su panche o addirittura sul cassone, ape car, biciclette, tri-shaw a pedali, biciclette e una quantità impressionante di ciclomotori che arrivano a 5 anche 6 passeggeri. Tutto per noi È sorprendente, ci meravigliamo di ogni cosa che vediamo, sarà la prima impressione ma è veramente un ambiente diverso dal nostro di cui non credo finiremo mai di stupirci. È piuttosto scioccante ma probabilmente questo ambiente renderà vivace e interessante la nostra permanenza.


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