lunedì 24 settembre 2018

ISLANDA GIORNO 23 - 3 giugno '18

ISLANDA GIORNO 23 - 3 giugno '18


Nonostante tutti i vestiti bagnati sono riuscito ad asciugare almeno maglia, pantaloncini, calze e guanti infilandoli con me nel sacco a pelo. La notte è stata tranquilla, la tenda è fradicia ma almeno non piove mentre smonto e ritiro.
Le solite nubi basse coprono come un materasso le pendici basse dei monti, alle 7 e trenta lascio Langaholt, la temperatura è più bassa del solito, devo forzare sui pedali per scaldarmi e il mio alito diventa un cono di vapore appena lasciata la bocca.



Il panorama è surreale, sulla destra i prati salgono sulle pendici dei monti e il verde si trasforma in nero dei ghiaioni e delle pareti di roccia, qua e la un getto candido d'acqua sbuca dal bordo lattiginoso delle nubi e precipita nel vuoto come nato dal nulla.


Un cartello annuncia con la sua freccia Buðir in direzione di una strada secondaria, la seguo mentre tortuosa si avvicina alla costa attraversando pascoli e una zona tutta spaccata di rocce laviche coperte da spesso muschio.



In lontananza il profilo di una chiesa, la Buðakirkja, scura col campanile e delle finiture bianche.




Costeggio un caratteristico hotel di pietra e sono nel prato antistante la chiesa chiusa insieme alle pietre tombali da un muro di roccia lavica chiuso da un cancello di ferro battuto. Verde nero e bianco i soli colori, i prati, la chiesa nera con i profili bianchi delle finestre e un palo da cui sventola maltrattata dal vento la bandiera islandese.


Lascio la Teresa per fare un giro intorno alla costruzione austera ed apprezzarne le atmosfere da tutte le angolazioni alla ricerca di uno scorcio inedito.




Altri turisti in auto si avvicinano mentre gonfiata un po' la ruota posteriore lascio il sito.


Proseguo sotto un cielo incerto che mi bagna a tratti fino ad Arnarstapi, villaggio a cui si arriva da una piccola strada che corre verso la costa. Ancora una volta le condizioni meteo non mi sono favorevoli e quelli che potrebbero essere scorci meravigliosi sono solo molto belli, lasciato il villaggio con i soliti mezzi dalle ruote enormi per le escursioni sui ghiacciai, dei camminamenti di lastre di pietra invasi da torme di turisti scesi dall'autobus si dipartono da una strana statua/costruzione di pietre a secco dalla forma umanoide e vagano in linee sinuose verso le scogliere  di roccia aggregata nelle forme più strane, curvata e ripiegata in forme imprevedibili, che guardano un mare irato e spumoso.






Oltre, in lontananza, nere falesie sulla costa sovrastano il mare scaricandovi esili cascate, come sempre le vedute sono mozzafiato.


Surgelato mi avvio verso un caffè tutto pietra e vetrate che mi attira con bevande calde e comode sedute. Sono immerso nei miei traffici col telefono e non mi accorgo di una persona che si avvicina al tavolo, è un altro ciclista e vorrebbe parlare, ma siccome sto telefonando mi fa cenno che tornerà più tardi. E' John, attempato cicloturista americano,  di Fairkanks, Alaska, mi racconta del suo viaggio e ci scambiamo informazioni sui relativi percorsi, è affabile e avvincente nei racconti, parliamo per oltre un'ora e quando ci lasciamo mi invita a casa sua se dovessi andare in Alaska.


A malincuore torno a pedalare sotto la pioggia, mi sto avvicinando all'estremità delle penisola, il vento si fa intenso con raffiche brutali e la strada mi attende con salite impressionanti per superare tratti rocciosi.

Salto il sito di Helnar dove sorge un'altra pittoresca chiesetta, non me la sento di fare una deviazione in discesa di 4 km e poi doverli risalire.
Finalmente una buona notizia, un cartello indica Hellissandur 35 km, decido che sarà la mia destinazione di oggi, qui c'è il primo campeggio ed io ne ho estremo bisogno dopo due giorni filati sotto la pioggia.
Completato il tour dell'estremità della penisola di Snæfellsness ho girato attorno allo Snaæefellsjökull senza mai vederne un piccolo sprazzo, per me il ghiacciaio potrebbe anche non esistere, ingoiato dalle nubi voraci che hanno rubato buona parte delle mie vedute. Doppiato il capo il vento diventa mio alleato e con la sua grossa mano mi sospinge verso Hellissandur, non devio per andare alle scogliere dell'estremo ovest col rischio di non vedere nulla. Passo accanto alla grotta di Vatnshellir che si insinua nelle viscere del vulcano, ma si accede solo con visita guidata e non se ne parla di aspettare oltre un'ora senza nessun riparo.




Eccomi arrivato, supero il campeggio per andare a comperare il pane e ci ritorno ad installarmi, piazzo la tenda dietro il prefabbricato della cucina per restare al riparo del vento e dopo una doccia bollente penso alla cena. C'è il locale ma senza fornello, mancano anche tavolo e sedie, un gruppo di polacchi sta già cucinando e una volta preparato mi offrono una porzione della loro cena, ancora una volta ho incontrato delle persone gentili e generose, la pita farcita con verdure e riso condito con  salsa indiana è proprio gustosa, è piacevole cambiare i sapori del cibo.
Dato che non so mai esattamente come sarà il domani, preparo anche una pasta e fagioli al bacon che ripongo nel contenitore ermetico e mi aiuterà in futuro. 
Concludo la serata  conversando con un ragazzo malese mentre i vestiti si asciugano sui termosifoni elettrici.

Oggi 75 km percorsi





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