venerdì 21 settembre 2018

ISLANDA GIORNO 22 - 2 giugno '18

ISLANDA GIORNO 22 - 2 giugno '18


Questa notte ho fatto un sacco di strani sogni e la mattina fatico un po' ad alzarmi, i miei vicini sono più veloci di me, quando esco dalla tenda stanno già piegando e ritirando i teli.
Il sovraccarico alimentare mi fa perdere tempo ad organizzare per bene le borse che alla fine si chiudono ma sono piene da scoppiare.
Lascio Borgarnes e attacco la penisola di Snæfellsness con il solito vento frontale, il cielo coperto da un materasso di basse nubi compatte mi sovrasta a bassa quota adagiandosi sui fianchi lontani dei monti, un'atmosfera brumosa avvolge il terreno piatto e monotono del primo tratto.


La prima cosa che mi sono segnato da vedere è un cono vulcanico che sorge dal piano alla mia sinistra, verso il mare, ma la visibilità è pessima a causa della foschia e della pioviggine che ha iniziato già da mezz'ora a infradiciarmi.
Salgo una sorta di terrazza che pare il ciglio di un rilievo morenico, a tratti aree di frastagliate rocce vulcaniche scorrono al bordo della strada, il vulcano s'intravvede appena e un fianco prosegue in un lungo crinale rettilineo.


Per ora sto salendo verso nord, ma la strada si arcua in una enorme curva verso ovest dove inizia la penisola, sono ormai prossimo alla sorgente calda segnata sulla cycling map, devo lasciare l'asfalto per una stradina secondaria a sinistra. Seguo la più vicina al punto, che si separa dopo l'attraversamento di un ponte, ma mi rendo conto di dover riattraversare il fiume e non esiste un ponte sulla sterrata, non mi resta che tornare e imboccare la stradina precedente. La pista è a tratti disseminata di buche profonde e infangata per la pioggia, un rudere un po' lugubre nel clima gotico e nebbioso mi osserva passare e sono finalmente al parcheggio dove alcune auto abbandonate dai turisti mi accolgono.
Grossi pietrosi bloccano l'accesso a un sentiero che porta, tra pozze fangose, a un guado del ruscello (dove abbandono la Teresa col suo carico) e in un grande semicerchio intorno ad una zona paludosa ad una pozza fumante sormontata da un grosso tubo con la valvola comandata da una lunga leva di ferro che ricorda le ferrovie dell'800 coi rifornimenti d'acqua per le locomotive a vapore.


Fa un freddo da morire e arrivare a sedersi nell'acqua senza ciabatte mi costa un sacco di dolore alle piante dei piedi, ma finalmente riesco a sedermi nella pozza. Non mi pare molto calda, dal tubo scende un piccolo getto, così provo ad aprire la valvola incrostata di calcare e un enorme getto fumante scalda la vasca...fin troppo. Arriva una ragazza, è di Washington, e nel parlare mi dice che nella mia direzione, ad una decina di km c'è un bar, grande sollievo, tra pioggia e vento è una giornata difficile.



Riscaldato a sufficienza mi rivesto e tornando alla bici mi accorgo di una seconda pozza che non avevo notato, sembra una caldera di un metro di diametro scavata nella roccia, decisamente più caratteristica dell'altra fangosa, un papà con la figlia sono beatamente immersi.


Riprendo la bici con le mani ormai ghiacciate e mi avvio speranzoso verso il bar. Dovevo immaginarlo, chi viaggia in auto ha una percezione delle distanze piuttosto vaga, il bar non arriva mai, in un intervallo di pausa della pioggia decido di sfruttare la casetta di un ripetitore come riparo dal vento per lessare le uova e mangiare qualcosa. La pausa dura poco e infradicio anche l'interno delle borse, il mio stoicismo va incrinandosi, oggi sono irritato.
Con una scatoletta di tonno e due uova crude nello stomaco riparto spinto dalla speranza, finalmente arrivo a un distributore di benzina, accidenti, hanno un mercatino di souvenir ma nemmeno una bevanda calda, la signora alla cassa mi dice che il bar è solo 4 km più avanti. Il suo candore mi disarma, bagnato come un pulcino rimonto in sella sotto la pioggia e mi godo l'ultimo sforzo.
Finalmente al coperto! Stendo tutte le mie cose gocciolanti sul termosifone freddo e mi consolo con la tazza calda, il locale è molto carino e il personale gentile, al tavolo accanto un gruppo di napoletani veraci mi fa un po' di domande, come sempre meravigliati che un italiano viaggi in questo modo spartano. Sono molto gentili e mi offrono anche un passaggio in furgone verso un campeggio, lo stoicismo è ritornato, declino e ringrazio.
Ci vuole molto tempo e tre caffè con latte, ma tutto si asciuga, più o meno. Il personale del bar mi suggerisce il campeggio Langaholt, a venti km di distanza, di malavoglia torno fuori sotto la pioggia e affronto la rimanenza di una giornata in cui il turismo non esiste, non si vede nulla, solo il bagno caldo ha un po' salvato una tappa rovinata dalle condizioni meteo avverse.
Il campeggio si rivela una fattoria con ristorante, camere e campo da golf, pagando mi è consentito piazzare la tenda e avere una doccia fredda, non mi fanno nemmeno restare al coperto a mangiare se non ceno al ristorante. Oggi la mia pazienza è terminata, me ne vado fumante di rabbia, cinquecento metri più avanti una stradina con uno scavatore parcheggiato a lato mi ammicca ed eccomi accampato in vista di una fattoria sullo sfondo e nascosto alla vista dalla strada, cena rapida e fredda e fine di una giornata difficile.

Oggi 87 km



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