giovedì 28 maggio 2020

TOUR BICI DOPO IL LOCK-DOWN

VOGLIA DI PEDALARE

Ormai non scrivo da molto tempo, non ho più avuto occasione di fare cose interessanti, anche questa volta non è un gran che, ma dopo tanto tempo e quasi tre mesi bloccato a casa un giro in bici in autosufficienza tra i monti intorno a casa assume un valore speciale.

Non potendo fare grandi cose mi sono apparecchiato un giro di tre giorni (sperando di riuscire a completarlo), tracciato con l'applicazione ridewithgps.com e scaricato nel gps. Passa da monti valli e laghi a Nord di casa mia, ha la caratteristica di superare un paio di passi al giorno, impresa ciclopica dopo questo stop molto lungo e la bici carica di tutto punto. Ormai mesi fa avevo comprato un nuovo materassino, il vecchio mi si è forato nei primi giorni dell'ultimo viaggio facendomi dormire su un tappetino per venti giorni come un fachiro, e un nuovo sacco a pelo di piumino, stesse prestazioni del vecchio ma meno ingombrante.

Ora passiamo al tour, questo è il tracciato, in fondo al post metto la traccia gps da scaricare.




Come sempre mi preparo all'ultimo momento, bici allestita il pomeriggio prima di partire con il solito equipaggiamento, solo pochi vestiti vista la breve durata e le temperature ottimali.

 GIORNO 1

Completo il carico prima di partire, due magliette un po' di accessori gps e ... nemmeno l'acqua, troppo sbattimento, la prenderò da una fontanella lungo il percorso. 

Meteo ottimale, temperatura perfetta e via tra le risaie allagate che mi circondano fin quasi a Cossato, il verde è meraviglioso, un sacco di uccelli banchettano a suon di rane e insetti, il percorso è prevalentemente su strade secondarie e quindi senza auto.

Sono quasi a Biella quando vedendo un'indicazione per la panoramica Zegna abbandono il pianificato per l'imprevisto, dopo qualche km vedendo che mi porta troppo a est abbandono e ritorno sul mio percorso.  Finalmente a Biella salgo verso nord per andare a intercettare la strada che mi porta verso Bielmonte. Peccato che il programma ha tracciato seguendo percorsi ciclabili che prevedono tutte le varianti possibili alla strada principale, a volte con strappi impegnativi, con la bici da oltre trenta chili è un bagno di sangue. Mi faccio furbo e resto sulla strada principale, comunque poco trafficata.

In questa stagione ci sono molte piante fiorite e i profumi ti inebriano, salendo i panorami si fanno sempre più belli e la temperatura rinfresca. tappa pranzo in una piccola frazione e sistemo la cerniera di una borsa che è esplosa, primo inconveniente anche se da poco.

Nel primo pomeriggio sono alla Bocchetta di Sessera (1376 m) dove mi concedo una bevanda calda e un attimo di pausa. L'asfalto finisce e si scende par una strada forestale in val Sessera, la bicicletta rigida e il carico mi obbligano a frenare parecchio, se prendo velocità rischio di spaccare tutto.
Come sempre mi infastidisce scendere quando so che poi bisogna risalire, qui si perde molta quota tra  pascoli e i boschi, i ciclisti sono veramente rari, vedo parecchi pick-up dei contadini e allevatori della zona. Finalmente ricomincia la salita che mi porta sotto all'alpe di Mera, sulla cima del crinale si vedono gli impianti di risalita.
Oltre agli alpeggi incontro un paio di canalini percorsi da slavine dove la neve compatta fatica a sciogliersi.


Ancora poco e sono alla Bocchetta della Boscarola, quando ero ragazzo questa strada non esisteva, era un sentiero impervio che percorrevamo in motocicletta.

























Passata la Bocchetta si scende in val Sesia, dopo un tratto di sterrato si va ad intercettare, tra i faggeti, la strada asfaltata che sale verso l'impianto più basso dell'Alpe di Mera, all'altezza dei parcheggi.

La discesa è vertiginosa, devo rimanere aggrappato ai freni quasi costantemente, i tornanti si susseguono molto ravvicinati, arrivo a Scopello con i dischi dei freni fumanti e le mani sfinite.

Una sosta nel negozio di alimentari della Paola, un'amica di lunga data, e una tappa a Pila dalla Daniela per salutare, siamo tutti mascherati come dei banditi, ma è comunque un piacere rivedersi.

Due chiacchiere e sono di nuovo in strada verso Alagna, il sole è ancora altissimo, piano piano risalgo la strada che in gioventù portava alla discoteca e alla funivia tanto spesso. Il Monte rosa si para di fronte a tappare la valle.
























Sono abbastanza in anticipo sullo stimato, pensavo di trovare un punto di bivacco sopra Alagna, nella zona della miniera d'oro, a questo punto decido di portarmi avanti, tanto sono in discesa e guadagno qualcosa, domani mi aspettano due salite dure.

Inverto la marcia e scendo in picchiata verso valle, fermo ad un semaforo penso che potrei andare a salutare un altro amico a Balmuccia, tanto penso di andare a bivaccare poco prima di Varallo. Gli telefono e appurato che non ci sono problemi eccomi da lui verso le 20,30. Mi aspetta in strada, lo vedo da lontano, poso la bici e facciamo due chiacchiere, non ci vediamo da prima del blocco, alla pista da fondo di Riva valdobbia. Raccontando cosa sto facendo decide ti ospitarmi a casa per la notte, e addirittura va a prendermi una pizza mentre mi doccio. 
Si fa tardi parlando di cose vecchie e nuove, anche questa volta materassino e sacco a pelo restano nei sacchi aspettando il test ... meglio così, grazie Antonio :-)

GIORNO 2

Come al solito mi sveglio presto e pasticcio un po' col telefono, ma non troppo perché anche il mio ospite è mattiniero, rapida colazione a the e biscotti, io ci aggiungo anche un paio di fette di pane e un pezzo di toma, perché il ciclista è rustico.
Ci salutiamo, ringrazio di cuore, ricarico i miei averi sulla bici e giù verso Varallo dove Igor gran capo del Caffè centrale mi aspetta per colazione nella sua succursale semovibile all'aperto (come direbbe Renato Pozzetto) allestita pro pandemia. Entro in paese bellamente contromano mentre stanno allestendo le bancarelle del mercato e arrivo in piazza, arredata col suddetto semovibile. 


E manco a farlo apposta ecco un altro amico di vecchia data, il Fausto.


Ancora una volta siamo mascherati come i quaranta ladroni ma è comunque un piacere rivedersi.

La gita continua e dopo una breve discesa inizia la salita verso Civiasco, la Colma e il lago d'Orta. Sono in ritardo, ma per gli amici val sempre la pena, il sole già scalda , cerco dove possibile di stare all'ombra. Si passa accanto a un montarozzo dove parecchi anni fa si tenne un'esercitazione di soccorso in montagna, l'Igor col C.N.A.S. (il CAI soccorso alpino), io con un elicottero dell'Aeronautica Militare, gloriosi tempi andati pieni di grandi soddisfazioni.
Ormai fradicio di sudore supero Civiasco e la metà della salita verso la Colma.


Superati i 1049 m  del passo si scende verso Arola e Omegna.
Con i freni che cominciano a sembrare parecchio consumati sono prossimo a Omegna, l'estremo nord del lago d'orta, quando la bici sbanda a destra e mi dico" Paolo questa fatica ti ha rimbambito!", ma subito dopo la bici sbanda di nuovo e sento scorrere ruvida la ruota anteriore, ecco spiegata la defiance, ho forato...accidenti!


Smonta, traffica e quando prendo la camera d'aria di ricambio mi accorgo che è ancora un vecchio avanzo dell'ultimo viaggio dove ho avuto una montagna di forature, tant'è che ci sono tre pezze. Per non rischiare metto una pezza a quella appena tolta, ma c'è un tagliato e come previsto la toppa non regge, peccato che ceda dopo che hai rimontato tutto e gonfiato. Riparti da capo con la vecchia camera che per fortuna regge.
Ho perso altro tempo, ma almeno sono di nuovo in movimento.
Arrivato ad Omegna trovo un negozio di bici e compro non una ma due camere perché non si sa mai, sono sicuro che questa ha poca vita.

Eccomi alla salita più temuta del giro, il Mottarone, passando per Agrano e Armeno sono 1150 m di dislivello in 17 km. La prima parte è quasi tutta al sole e purtroppo siamo intorno a mezzogiorno, il panorama e i profumi aiutano, non ho mai ascoltato la musica.
Rifornimento borracce ad Armeno e morte certa nel primo tratto verso oltre la frazione dei Cheggino, con questo carico mi è servito anche il primo rapporto che ho usato poche volte, qui la pendenza è veramente scomoda e non c'è nemmeno un albero. 
Spingendo così forte sui pedali il sedere, in astinenza da un po', urla pietà.

Finalmente la pendenza molla il suo ardore e arrivo al santuario della Madonna di Luciago dove faccio tappa pranzo. Mi avvento sul pane integrale di ieri inzuppato di miele con sopra una fettazza di toma, un uovo sodo completa il pasto, qualche biscotto per finire, acqua ghiacciata della fontana per fare amalgamare il cemento che ho nello stomaco.

I boschi cominciano a lasciare il posto a pascoli e distese di felci di un morbido verde, l'occhio ha di che saziarsi con i panorami attorno. Parecchi colleghi con bici da corsa mi passano arzilli e qualche  e-bikista mi svernicia impietosamente mentre io bradipo su per la salita con goccioloni di sudore che mi colano negli occhi e sul naso.

Di fronte mi appare un ciclista che corre in discesa con la bici a mano, subito mi va l'occhio alle ruote: posteriore sgonfia. Gli chiedo se gli serve una mano, ha tutto meno la pompa. Io ce l'ho! Proviamo a riparare, purtroppo anche la sua camera ha un taglietto vicino alla valvola, che non aiuta, e come la mia non tiene, ci abbiamo provato! 
Ha l'auto 8km più sotto e la sera deve essere al lavoro, riparte di corsa con la sue E-bike per mano accompagnato dal ticchettio delle piastrine sull'asfalto.


Attacco l'ultimo round, si passa sul crinale opposto e la vista è spettacolare, lago Maggiore da un lato, lago d'Orta dall'altro, laghi di Monate, Comabbio e Varese più a sud, peccato la visibilità un po' scarsa. (baro mettendo una foto fatta mesi fa)


C'è un vento teso che mi fa accapponare la pelle, un aliante radiocomandato fa evoluzioni sfruttando l'ascendenza del crinale, pedalo guardandolo rapito mentre le ali frusciano nell'aria e si flettono sotto il carico delle manovre.
Sono ai due tornanti, quasi in cima, la strada che scende a Stresa, l'abetaia e l'anello intorno alla cima...è fatta! Non sono stato un fulmine ma sono in cima.
Giusto il tempo di bere un sorso e infilare una giacchetta per la discesa e via.
In tempo di Covid19 la strada privata Borromea, generalmente a pagamento, è incustodita, scendo con i freni sempre meno efficienti, nonostante abbia teso i cavi evidentemente le pastiglie sono diventate sottili e non premono abbastanza sui dischi.
Dopo una quantità di tornanti sono ad Alpino con belle aree pic-nick e poi a Gignese, dove c'è il curioso museo dell'ombrello. Generalmente scendo a Stresa, spettacolare per la vista delle isole e i grandi hotel extra lusso ma noto un'indicazione per Baveno e opto per un percorso che non conosco.
La strada è poco frequentata e costeggiata da alberoni secolari, mille meandri seguono le rughe della montagna e si scende direttamente in Baveno, è valsa la pena, ormai pur se bella Stresa per me sarebbe stata una ripetizione, per chi non la conoscesse consiglio assolutamente la discesa su Stresa.

A Baveno faccio sosta merenda con un cono gelato delizioso, poi proseguo per Feriolo e Verbania .

Prossima tappa, seguendo la costa del lago verso nord è Cannobio, sulla riva di fronte, interdetta ai piemontesi, scorrono Laveno col Mombello ripidissimo alle spalle e Luino .
Questo tratto della riva è meno fitto di villoni d'epoca dalle dimensioni imbarazzanti e dai giardini curatissimi che caratterizzano il tratto a sud.
Dopo Cannero gli isolotti con gli omonimi castelli, che in realtà sono dei ruderi pittoreschi, ricordano molto le rovine sui lock scozzesi, qui però niente leggende di mostri.
A Cannobio scendo sul lungo lago, c'è poco movimento, gran parte dei locali che affacciano sulla piazza davanti al lago sono chiusi e in quelli aperti la clientela è rara. 

Pensando al bivacco di questa notte in val Canobina so già che sarà difficile trovare un buon posto, è angusta con i fianchi strapiombanti, sicuramente non sarà un angolo pittoresco. Spinto da queste riflessioni decido di cenare in pizzeria, sono l'unico cliente, il gestore mi racconta che il momento è difficile, ha firmato per la gestione poco prima dello scatenarsi del virus ed è riuscito a lavorare una sola settimana. Sopravvive con le consegne a domicilio, mi spiega, ha avuto il permesso dal comune i allargarsi con i tavoli sulla piazza per conservare, mantenendo la distanza di sicurezza, buona parte dei tavoli. Se non riaprono il confine alla clientela svizzera sarà veramente difficile superare il periodo.


La pizza è buona, un caffè e sono pronto a ripartire, per la notte il ristoratore, anche lui ciclista, mi consiglia la fonte acqua Carlina, un'area pie-nica lato della strada.
Salendo trovo la fonte, ma è troppo vicina al paese e troppo esposta, non voglio trovarmi la notte tra compagnie di bevitori o gruppi di spinellari, preferisco una zona invisibile.

Trovo quel che fa per me dopo qualche km, dietro una costruzione con un grande trasformatore, come previsto non è pittoresca e c'è il ronzio dell'appareccho elettrico ma sono invisibile, in piano e la situazione è accettabile.
Estraggo il necessario e montando la tenda mi si rompe un tratto di paleria, fortunatamente mi porto sempre un elemento di ricambio e in un attimo risolvo.
Il nuovo materassino, un Thermarest, è più sottile del vecchio Camp ma comunque confortevole e più piatto, il sacco a pelo pur essendo meno voluminoso del vecchio sembra caldo, anche se effettivamente la temperatura non è molto rigida.

GIORNO 3

Questa notte è trascorsa senza problemi, colazione con pane e miele, biscotti e acqua fresca, ripiego tutto e riparto abbastanza velocemente.
Ricordavo bene, la valle è molto angusta, c'è anche un orrido e i posti per bivaccare sono inesistenti.
La salita è meno dura di quanto ricordassi, anzi ci sono anche tratti di lieve discesa che permettono di recuperare, qualche piccola frazione ogni tanto punteggia la strada e alcune strade laterali dalla pendenza assurda portano a paesini arroccati sui fianchi della valle.
Solo gli ultimi km prendono un'inclinazione decisa e qualche tornante arrampica sui fianchi scoscesi, finalmente a Finero mi faccio incantare dalla sirena, un cartello recita:"Bar aperto". Seguo il vicolo per 50m ed eccolo, ordinato, pulito, moderno con la signora mascherata al bancone, mi maschero ed entro, a un tavolino altre due signore mascherate, tutti mascherati manco fosse il carnevale di Venezia.
Cappuccino e brioche al tavolino e quattro parole ovviamente sulla situazione virus e blocco, del resto se non sei malato o disoccupato al momento è l'argomento focale.

Ripartito ci rimango un po' male quando scopro che il tratto più ripido deve ancora venire, credevo di essere in cima! Quasi al colle c'è un'area umida molto particolare, sembra una serie di pozze collegate in una pianura erbosa, con passerelle e ponticelli che permettono di visitarla.
Eccoci all' ultima discesa, giacchetta per non ghiacciare e mi butto in val Vigezzo, il tratto fino a Malesco è ripido con tornanti serrati nel primo tratto e lunghi mezza costa aderenti le pieghe dei pendii, inutile dire che i freni sono sempre meno efficienti, abituato alla potenza dei dischi mi sembra di essere su una Graziella mentre piove, le mani doloranti per la stretta continua sulle leve.
Anche questo finisce, sono in centro a Malesco, sul pavé della piazza con chiesa sinistra e fontana con una enorme lucertolona preistorica appollaiata sopra, la fontana del Basilisco.


Anche qui la vita scorre a rilento, non si vede il movimento abituale, solo i locali al lavoro e le signore a far la spesa.
Un po' di discesa e di nuovo salita blanda fino a S. Maria Maggiore, entro in paese per riempire le borracce nella piazza, è il paese degli spazzacamini, generalmente vivace e pieno di manifestazioni.




Prima....
                    

                                                    ... e dopo la cura                        









Fatto il pieno continuo verso valle, a Druogno vedo sfilare la colonia dove la mia Vale veniva con la scuola di musica per il ritiro estivo di una settimana, che immancabilmente terminava con un saggio orchestrale che commuoveva alle lacrime i genitori traboccanti d'orgoglio.


Una volata e siamo alla fine della val Vigezzo, in Ossola, dove seguo la vecchia strada sulla sinistra orografica della valle tagliando fuori Domodossola e la superstrada.
Il vecchio percorso si snoda tra i prati attraversando tutti i paesini, sale e scende continuamente e il vento si accanisce a farmi pedalare anche in discesa.
Un fruttivendolo mi fornisce il necessario per oggi e si prosegue verso Gravellona Toce attraversando il fiume gonfio d'acqua color smeraldo che scorre verso i monti della Val Grande appuntiti come denti di drago.


Incontro una coppia di cicloturisti torinesi, pedaliamo insieme per un tratto, fino a Gravellona dove faccio pausa banana in un parco.
Si arrampica ancora un poco verso Omegna, cittadina in cima al lago d'Orta, ma qui è meritata una sosta cospicua sul lungolago dove pranzo con gli avanzi di cibo rimasti, guardando le persone a passeggio e i runners che sfilano.


Siamo alla fine del giro, non ero certo di chiuderlo in tre giorni ma ormai è fatta.
Adesso si scorre sulla riva del lago verso sud, alla sinistra il Mottarone, scalato ieri, dai giardini nuvole d'aroma di gelsomino accompagnano un panorama rilassante.
Ormai in vista dell'isola di S. Giulio, Orta rimane nascosta dalla penisola di Imolo, si comincia a salire e ci si immerge in un tratto di costa disseminato di ville d'epoca con orti botanici immensi e tratti di spiaggia privata con darsena.
Anche il lago rimane dietro e ci si avvicina alla pianura, una pausa in un giardinetto di Briga mi vede perdere i sensi sdraiato su una panchina al borbottare del getto della fontana mentre una badante dell'est blatera inarrestabile. Dolcemente mi risveglio, non ho idea di quanto tempo sia passato, maturo è come prima, la fontana borbotta e la badante blatera, intontito inforco la bici e riparto, in poco meno di due ore arrivo a casa e il vento è sempre davanti come nelle migliori avventure.













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