Questa mattina Mrs Zinzin Oo è sempre stilosa e impettita ma perde colpi con gli ordini, si scusa perché c’è del personale nuovo, alla fine riusciamo ad avere la nostra colazione.
Puntuale come uno svizzero arriva il nostro taxi, è un extra lusso, camioncino telonato con sedie di plastica da bar color rosa sul pianale.
Caricati i bagagli ci sistemiamo e si parte, ma siamo quasi subito bloccati dal traffico e dalla folla per la festa religiosa del plenilunio, noi pacifici ci guardiamo attorno come fossimo i reali d’Inghilterra, salutando e benedicendo gli astanti.
Il conducente spazientito fa un’inversione nel mezzo del casino e cambia strada, aggirando la collina arriva al terminal dei bus in tempo.
Ci lascia di fronte al nostro, che soli non riusciremmo a trovare, controllo biglietti, passaporti (manco dovessimo fare un volo intercontinentale) e siamo seduti nella cella frigorifera che sa un poco di naftalina.

Capanne di paglia e palafitte punteggiano i campi e i bordi della strada su cui i bimbi giocano incuranti del pericolo, gli animali pascolano e le persone lavorano.
Facciamo una sosta pranzo poco più avanti di Kyaikto, il ristorante è un vero bordello, senza menù, ma sono veramente efficienti, mangiamo un riso con verdure scelto indicando nelle pentole che non è niente male e costa due soldi.
Proseguiamo il viaggio nelle pianure dove regna la coltivazione del riso e nei pochi appezzamenti d’erba pascolano i bianchi bovini con la gobba a volte adornata da un uccellino.
C'è anche un tratto di autostrada, fa un po’ sorridere per le abitazioni al bordo, i bambini che giocano sulla banchina e nessuna recinzione per tener lontani gli animali.
Nel primo pomeriggio raggiungiamo il terminal nord di Yangon, è vicino all’aeroporto, praticamente un viaggio per il centro, troviamo un taxi piuttosto malconcio ma almeno l’autista conosce il nostro hotel e non dovremo fare la battaglia per trovarlo come all’arrivo.
Partiamo con un’inversione su viale trafficatissimo a doppia corsia, ma ormai dopo oltre venti giorni di Myanmar non ci spaventa più nulla. Arrivati nella zona centrale avvistiamo lo stupa gigantesco della Shwedagon pagoda e siamo subito bloccati dal traffico, anche qui c’è il plenilunio e la conseguente festa religiosa della luna piena di Tazaung Da Ing.
La nostra strada è bloccata e il furbone cerca di scaricarci, ma gli va male perché non ho voglia di farmi una camminata in una ressa infernale con tutti i bagagli addosso, così lo costringo a fare il giro e portarci di fronte all’hotel Mawtin.
La nostra strada è bloccata e il furbone cerca di scaricarci, ma gli va male perché non ho voglia di farmi una camminata in una ressa infernale con tutti i bagagli addosso, così lo costringo a fare il giro e portarci di fronte all’hotel Mawtin.
Un fondo d’ansia viene fugato e l’hotel si dimostra veramente bello, il palazzo, la hall, ragazzi efficienti, camera piccola ma carina e pulita con spugne ripiegate a forma di elefante sui letti, wifi potente ... e siamo in centro, niente taxi ogni volta.
Usciamo per cenare e ci immergiamo in una calca epica, un fiume immenso di persone avvolge le bancarelle, i chioschi, le giostre e scorre lentamente nei due sensi opposti. Luci, colori, suoni rumori e profumi si spandono facendoti girare la testa.
Poco distante dall’hotel una grande ruota panoramica torreggia in mezzo alla strada, è azionata a forza umana, una serie di agili ragazzi si sposta sui raggi che la sorreggono per farla ruotare col proprio peso, proprio come i criceti.
Una cosa del genere da noi sarebbe da arresto immediato per contravvenzione ad almeno una decina di norme di sicurezza, ma qui tutto è possibile, si divertono e tanto basta, mentre la musica strombazza forsennata.
Osservando bancarelle che vendono ogni tipo e forma di cibo e dolci dai colori molto sintetici, scartando i mendicanti che stanno seduti a terra tra la folla transumante arriviamo ad un enorme e modernissimo shopping mall dove passeggiamo al fresco fuori dalla calca per un po’.
La Lella viene magneticamente attratta da un Pizza Hut e dalla sua pizza a pasta spessa, ce ne andiamo sazi da scoppiare e affrontiamo nuovamente lo sfavillante festival per rientrare in albergo. Questo è l’ultimo capitolo del viaggio, altri due giorni a Yangon ci attendono.
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