venerdì 22 marzo 2019

Myanmar 21 Moulmein

21 novembre 2018        Mercoledì  G21                 Moulmein



Dopo una colazione eccezionale ci spostiamo sul lungofiume per affittare uno scooter alla Breeze Guest House, formalità rapide e mezzo efficiente, in dieci minuti lasciamo la costruzione celeste che ritroveremo senza problemi.


Abbiamo deciso di visitare Bilu Island (isola dell’Orco) seguendo il suggerimento dei ragazzi francesi conosciuti sul lago Inle. L’isola è proprio di fronte alla foce del fiume Salween e all’abitato di Moulmein e le protegge dalle mareggiate, è raggiungibile attraverso un ponte qualche chilometro più a sud.
Sorvolate le acque facciamo un tour in senso antiorario che ci porta attraverso terreni agricoli con campi inframmezzati da palme, tanti canali, campi di riso, foreste e colline.








In un villaggio il monumento al centro della piazza raffigura un’enorme pipa, probabilmente il vanto della produzione locale.


Anche qui  i templi abbondano risaltando nei prati o visibili per lo stupa dorato che emerge dagli alberi sui monti coperti di foreste.





La giornata è molto calda e il flusso d’aria che t’investe sullo scooter ti disidrata velocemente, cogliamo l’occasione per visitare un caffè locale e osservare i dintorni dall’immancabile tettoia.
Capanne sparse e piccoli villaggi si susseguono lungo il giro dell’isola, piccoli attracchi ospitano le barche dei pescatori.




Gli incontri coinvolgono raramente automobili, incrociamo gente a piedi, in bicicletta e motorino, trattori antidiluviani e una processione con musici, fedeli che cantano e immagini sacre.




Terminato il giro dell'isola, il ponte ci riporta sullo Strand, nel traffico della città. 
Andiamo a caccia di uno degli stupendi frullati locali, attraversiamo il bailamme infernale di un mercato dove si fatica a procedere, poi ci ritroviamo nei pressi della stazione dei bus e riesco ad orizzontarmi.
L’enorme colonna di cristallo dell’ascensore che porta alla Hsu Taung Pyae mi aiuta a trovare la strada, s’inerpica sul crinale che sembra il nido di tutti i templi. Dall’altro lato ripiombiamo sullo Strand ed ecco il nostro posto: un piccolo chiosco all’ombra degli alberi ci offre frullato di banana, avocado e mandarino accompagnato da patatine.
Il caldo è faticoso, andiamo a goderci un po’ d’aria condizionata in stanza prima di proseguire la visita verso le pagode.



Nel tardo pomeriggio risaliamo sul crinale accarezzati da un venticello più fresco e ad ogni curva della strada molto tormentata appare un tempio, la U Zina Paya, costruita su una terrazza panoramica panoramica verso la costa e verso l’entroterra mentre il sole comincia a discendere sull’isola dell’Orco.
Poco in là un tempio indù completamente bianco con decorazioni nere e adorno di moltissime statue, tanti Ganesh dalla testa di elefante,  Visnu dalle quattro braccia, Brahma con quattro volti e altre che non conosco. 









Come ombre silenziose si muovono indiani dai volti miti assorti nei loro pensieri, altri dormono sul terrazzo all’ombra, un monaco con segni di pittura sul corpo ci osserva serio con occhi inquietanti.






Poco oltre un’altra pagoda in posizione panoramica con uno stuolo di statue in piedi su una terrazza che sembrano osservare il sole quasi al tramonto.







Chiudiamo il giro dei templi con la Hsu Taung, la più imponente. 


Parcheggiamo sotto all’ascensore e saliamo godendoci il panorama, togliamo i sandali per l’ennesima volta e ci avviamo in uno splendore d’arancio del sole al tramonto e di luccichio dell’oro.





È una delle visite più suggestive, anche qui una teleferica porta le offerte in una finestrella dello stupa, ma non per mezzo della solita navicella, è un manichino abbigliato con colori sgargianti, lucine e gioielli. I fedeli, come sempre, portano offerte floreali e cesti di frutta.




Ci sediamo su una gradinata che sembra un antico teatro di marmo fatto apposta per ammirare il sole che se ne va, rimaniamo rapiti ad ammirare il panorama e il tempio sotto la luce magica degli ultimi raggi di sole.



















All’imbrunire torniamo all’hotel, ultimo atto la consegna dello scooter dopo averlo rifornito.









Il ritorno a piedi al buio sa molto di avventura, scelgo di passare in vicoli al bordo dei canali attraversando un quartiere di povere baracche dove la vita si svolge in strada e passando ti sembra di entrare nel quotidiano delle famiglie. 





Si sta sistemando una strada e le donne portano cesti di pietre nella notte, sicuramente le tenebre sono meno calde della giornata per stendere l'asfalto.




Lascio il buio dei poveri vicoli non illuminati piombando nella civiltà di una strada che brilla di luci e insegne pubblicitarie, rompendo l’incantesimo di un mondo lontano anni luce.
Il ritorno in hotel e la cena nel giardino concludono la serata, la signora Zinzin Oo, professionalissima caposala è di una gentilezza esagerata e non perde il suo “aplomb” nemmeno quando le dico che ho visto un topone grande quanto un piede rifugiarsi sotto un tavolo poco più in là.
La cena è stata ottima e la città sorprendente, ancora una volta dubbioso che ci fosse qualcosa d’interessante mi sono dovuto ricredere, ho apprezzato aspetti della vita del paese che ancora mi mancavano e visto monumenti di grande bellezza.