giovedì 14 febbraio 2019

Myanmar 13 Hsipaw → Niaung Shwe

13 novembre 2018        Martedì      G13               Hsipaw → Niaug Shwe




Anche questa mattina il richiamo del mercato è irresistibile e di nuovo mi avvio nel buio a caccia di immagini uniche che so di non rivedere altrove, ancora una volta il sole si prende gioco di me e, nascondendosi dietro le nubi, mi nega le foto che speravo.






Mi perdo a osservare le persone, le loro merci e i pittoreschi mezzi di trasporto per oltre un’ora, ancora un’occhiata al fiume ed è ora di tornare per la colazione.





Lasciando il mercato mi imbatto nuovamente nei monaci che in fila indiana svuotano i vasi delle offerte nel carretto del “tesoriere” e proseguono nel loro giro di raccolta.






Un alone di veli rosa sfila mostrando i visi timidi delle monache che cantano mentre filmo, chissà dove vanno e cosa fanno, giusto il tempo di domandarmelo e svoltano scomparendo in un vicolo.




Il nostro trasporto è fissato per le 10, c’è tutto il tempo di andare in banca a scambiare qualche dollaro per di un pacchetto di kiat, l’apertura è alle 9 e puntuali ci presentiamo al banco, ma probabilmente devono ancora aprire il software e ci chiedono di tornare tra mezz’ora. Ci riproviamo e, dopo aver radiografato le banconote una ad una con una lentezza esasperante e riempito un modulo, ci ignorano per 5, 10 minuti finchè spazientito chiedo informazioni. Questa volta manca il collegamento internet per avere la quotazione del giorno, altri 5 minuti e annullo tutto perché non mi va di perdere il bus.
Ricordo di avere visto un’altra banca, ci vado di corsa e qui riesco a cambiare, certo noi europei non siamo abituati a questi ritmi, quattro persone e 15 minuti per consegnarti le banconote contate dalla macchinetta in mezzo secondo. Corro come un fulmine e raggiungo la Lella al bus alle 10 in punto, fortunatamente non sono svizzeri e il minivan VIP arriva in ritardo, giro per raccogliere il resto dei passeggeri e finalmente si parte.
Ripercorriamo a ritroso la strada fatta per arrivare fino al paese di Nawnghkio e quindi svoltiamo verso sud su una stradetta ancora peggio della precedente, fortunatamente questa volta i sedili sono comodi. 
Sosta al villaggio di Kyawkku per sgranchirci e mangiare qualcosa, ad un prezzo ridicolo ci servono vermicelli fritti con pollo in dose da camionista e sono veramente buoni.



Se il fondo stradale è pessimo altrettanto non si può dire del panorama collinare che si stende intorno a noi, ci infiliamo lungo una valletta che ci porta all’orlo di un canyon dalle scure pareti di roccia. 



Una sequenza infinita di tornanti stretti stretti  e ripidi ci fa sprofondare sul fondo della spaccatura e quindi dopo un tratto sotto le pareti incombenti si risale l’altro versante, la strada stretta dal fondo sterrato e disastrato si arrampica ripidissima cercando uno spazio tra falesie e pinnacoli.




Il panorama è mozzafiato e nei brevi momenti in cui non mi guardo attorno faccio conoscenza col mio vicino, Olivier, francese di Orleans che vive ad Alicante.
Si giunge in una zona di prati e risaie alternati a foreste di grandi alberi  e brughiera, il cielo è coperto e nel pomeriggio comincia a piovere. 






Quando calano le tenebre la velocità di spostamento si riduce molto, la pioggia e la strada stretta senza illuminazione non lasciano scampo. Finalmente si arriva a Niaung Shwe, ci abbiamo impiegato quasi otto ore per percorrere 320 km.
Un motocarro/taxi ci accompagna al The Hotel Emperor Inle dove i receptionist gentili ed impeccabili come sempre ci accolgono con calore. Dolcetti tipici, succo d’arancia e panno umido caldo e profumato per rinfrescarci il viso.  Sono tutti ragazzi e ragazze giovani e parlano bene inglese, ci organizziamo per visitare domani il lago in barca, nonostante sia prevista un po’ di pioggia, quindi saliamo in camera a ripulirci dalle fatiche del viaggio.


Una cena al ristorante indiano di fronte all’hotel è l’ultimo atto della giornata, trascorsa di fronte ad un panorama maestoso ma stancante a causa del fondo sconnesso della strada.

mercoledì 6 febbraio 2019

Myanmar 12 Hsipaw

12 novembre 2018        Lunedì                    G12                           Hsipaw


Sveglia e uscita solitaria alle 5,30 seguendo le indicazioni della Lonely P.




Mi avventuro al buio a caccia del mercato dove venditori di varie etnie, provenienti dalle colline circostanti, confluiscono per vendere i propri prodotti e ripartono prima delle sette del mattino.





Probabilmente non possono permettersi di perdere nemmeno mezza giornata di lavoro e sono costretti a commerciare nella notte. 




Effettivamente la strada che costeggia le tettoie del mercato si è trasformata in una serie di bancarelle di prodotti alimentari, spezie, pollame, uova, frattaglie, pesce, ortaggi, frutta, fiori.





Illuminati da lampade a petrolio e fioche lampade a batteria coprono i lati della via, mentre una calca di persone percorre il poco spazio libero valutando e comprando. Decine di biciclette, ciclomotori, motocarri carichi di merci si muovono, il motore di questa immensa attività sono le donne, vendono contrattano, trasportano confabulano e lavorano senza posa, gli uomini sono rari. Per lo più monaci di ogni età che si muovono silenziosi, coperti dal panno porpora drappeggiato su una spalla tendendo il tondo vaso smaltato per le offerte a tutti indistintamente, venditori e compratori.





La cosa che più colpisce sono i cappelli che ragazze e donne anziane portano, visi dalle fattezze differenti e abbigliamenti diversi si mescolano nella folla. Poi, come a un segnale difficile da intendere, i teli stesi a terra cominciano a sparire insieme alle merci rimaste, come in una bocca sdentata cominciano a formarsi buchi qua e là fino al dileguarsi della più parte dei venditori, il cielo è ancora scuro, solo un piccolo alone di luce ad  est indica il giorno in arrivo.
Sono l’unico occidentale a vagare nel mercato e a scattare foto senza posa, visibile come un faro nella notte, a curiosare tra le merci, alcune delle quali indecifrabili.


L’arrivo dell’alba mi attira sulla sponda del fiume dove le lunghe e affusolate piroghe dal motore poggiato a poppa scivolano fumando spinte dall’elica all’estremità del lungo albero di metallo.
Sugli argini una serie di casupole di bamboo sono distese lungo il viottolo di cemento percorso da qualche distinto signore locale e da ragazze in abiti sportivi occidentali, evidenti cultori del fitness che contrastano fortemente con l’ambiente, gli animali da cortile e gli abiti dei barcaioli.






Uno strato di nebbia sottile aleggia sul lato sud mentre il sole vela di rosa e arancio il cielo, a nord la bruma va dissolvendosi e il panorama colpito dai primi raggi di luce risplende di colori che solo la luce radente dell’alba può donare, lo stupa dorato del monastero brilla e mille riflessi si accendono sull’acqua.




Le nubi all’orizzonte interrompono sul nascere la comparsa del sole, non mi resta che passeggiare curiosando tra le capanne dove comincia a fervere l’attività. 




In paese lunghe file di monaci, prevalentemente bambini, percorrono le vie e si spargono intenti alla raccolta delle offerte.



Un coro di bimbi attira l’attenzione, proviene da un’aula dove la maestra guida il canto, probabilmente sono preghiere, visto che le lezioni cominciano più tardi.





Chiudo il mio tour tornando all’albergo per la colazione, gli innumerevoli negozi di telefonia ed elettronica sono ancora chiusi, c’è vita solo nelle attività di ristorazione e sulla strada piena di biciclette e ciclomotori.




La visita dei dintorni comincia dopo la colazione, al termine del paese un ruscello attraversato dal ponte stradale ci porta verso la campagna. 




Gli incontri sono caratteristici, venditrici, studenti in divisa che vanno a scuola e laboratori artigiani.





Dopo una ripida salita ci troviamo di fronte ad un monastero dove è conservata la famosa effige del Budda di Bambooe poi una serie di stupa di mattoni invasi dalla vegetazione al di là di un ponticello sul canale.










Due monasteri  a poca distanza ci affascinano con le costruzioni in legno e le scene di vita al ritmo disteso della preghiera.





Il secondo sembra più un comprensorio agricolo che un tempio.




Poco oltre appare Little Bagan, una zona di templi prevalentemente abbandonati che ricorda, anche se in scala enormemente ridotta Bagan, qui gli stupa sono sparsi sulle colline.





Il sole ormai alto ci fa sudare la visita che sale e scende da un monumento all’altro.





Ritorniamo verso il monastero del Budda di Bamboo che sorge sulla riva di un laghetto con altare al centro e ci avviamo verso il circuito di visita suggerito dove il profilo suggestivo di uno stupa si trasforma in una specie di fontana.




Un albero cresciuto all’interno svetta uscendo dalla cima come il fiotto di spumante da una bottiglia, in basso le radici, scorrendo come vene, hanno separato i mattoni in profonde screpolature, ha dimensioni imponenti e si rimane a bocca aperta ad osservarlo.





La piccola strada prosegue tra campi, frutteti e giardini, un’insegna: “Mrs Popcorn Garden” ci attira irresistibilmente, accaldati come siamo, è un’oasi di pace tra gli alberi, tavolini, sedie e poltrone di bamboo sono sparsi sotto ai gazebo, una ragazza occidentale scrive i suoi appunti a un tavolino e i giardinieri lavorano silenziosi.




Ci accomodiamo e ci viziamo con frullati di frutta e piatti sfiziosi godendoci la pace tra farfalle colorate grandi come passerotti. 
Arrivano altri clienti con cui scambiamo informazioni e chiacchieriamo un po’.
Ristorati dal riposo nel magnifico giardino do Mrs Popcorn (pop corn non disponibili perché la signora non è presente e la figlia non sa farli J) riprendiamo il cammino.






Ancora un monastero lungo la strada dove i monaci anziani stanno pregando e quelli ancora bimbi giocano spensierati con il capo rasato e il drappo amaranto che li avvolge.







Una strada privata ci conduce al ”Palazzo Shan”, dimora dell’ultimo principe locale, esautorato ed imprigionato all’epoca del colpo di stato dei militari.



Il nipote e la moglie accolgono i turisti nel salone e dopo una visita ai cimeli di famiglia, radunano i visitatori in cerchio per raccontare loro le peripezie del nonno e dei genitori in patria e poi in Europa e il presente della popolazione Shan ancora sotto scacco dei militari nonostante la democrazia di facciata che governa il paese. Il tentativo di cambiare la Costituzione è sempre in atto ma procede a rilento a causa del peso preponderante che i militari tutt’ora esercitano nel Parlamento.


Lasciamo il palazzotto un po’ decrepito e torniamo in paese, sostiamo in un supermarket locale per qualche acquisto, è una struttura strana, un po’ all’aperto e un po’ in un capannone, gli scaffali stracolmi di articoli ricordano quelli dei magazzini all’ingrosso ma c’è grande scelta di prodotti di provenienza asiatica ed europea.



Chiudiamo la giornata al Terrace Club con una cenetta romantica a lume di candela, tavolo sulla terrazza che dà sul fiume in un’atmosfera incredibile con un piatto di pollo Thay al curry e la musica locale che ci accompagna nel sottofondo.