sabato 30 giugno 2018

ISLANDA GIORNO 06 - 17 maggio '18

ISLANDA GIORNO 06 - 17 maggio '18


Il cielo sereno di ieri sera oggi si è coperto di nubi, solo qualche timida lama di blu appare dagli stratocumuli serrati come pecore nell'ovile.


La Teresa è ancora una schifezza, il fango non si è pulito, prendo il coraggio a due mani e vado a immergerla in una pozza, per togliere almeno il peso in più.
Dopo il carico dei bagagli che generalmente è la prima fatica della giornata mi tocca guadare e spingere cercando di evitare la zona acquitrinosa, il tratto ghiaioso che ieri era in leggera discesa oggi è morbido e faticoso, ma finalmente sono sull'asfalto.


Aiutato dal vento pedalo per un'oretta costeggiando le pendici del Vatnajokull, un ghiacciaio di dimensioni ciclopiche che come una enorme parrucca bianco distende le sue ciocche in tutte le direzioni. 



Sono accanto a Fjallsarlon, la prima laguna glaciale nascosta alla vista da una linea di colline moreniche di ghiaia e rocce, purtroppo la mancanza del sole sminuisce parte dello spettacolo.






Poco avanti c'è la molto più conosciuta Jokulsarlon che avvicino da due accessi differenti, il primo attraverso un sentiero che serpeggia tra le pietre della morena e dà un assaggio dello spettacolo. 


Non molto più avanti l'accesso più spettacolare dopo il ponte che attraversa il canale che dalla laguna porta gli iceberg al mare. 




Sulla sinistra la laguna, fronteggiata dal grande parcheggio e dalle costruzioni che ospitano le agenzie turistiche e di ristorazione.


Il bacino è di un bel verde smeraldo costellato di icebergs di ogni forma e dimensione, alcuni blu, altri bianchi, alcuni cristallini e trasparenti altri ancora neri, probabilmente la parte bassa del ghiacciaio che come una macina scivolava sul terreno. 


Sullo sfondo, tra scure montagne arrotondate scorre un lungo nastro bianco che con una pendenza lieve si avvicina al lago per depositare i suoi gioielli con un'apparente delicatezza che maschera la potente forza racchiusa nelle sue viscere.


Dalle casette colorate mezzi di ogni tipo propongono ai turisti di violarne ogni anfratto, con mezzi anfibi, in enormi camion a infinite ruote motrici allestiti come bus, in kayak, in muta subacquea, a piedi con guide corde e imbracature, sembra la corsa all'oro del Klondyke, pur non essendo ancora alta stagione ci sono già molti visitatori.




Uccelli marini fluttuano beati nel vento, per loro è un paradiso, ormai abituati all'uomo non se ne curano più, si posano sull'acqua, sul ghiaccio e a volte punteggiano il terreno circostante.


Sul fiume i ghiaccioli catturati dalla corrente scorrono per queste poche centinaia di metri verso le onde del mare, per essere lavorati e accompagnati a depositarsi sul letto nero della Diamond Beach di cui sono diventati i diamanti.



Queta volta un attimo di fortuna mi permette di vederli illuminati e risplendenti, per un poco, sotto un raggio di sole filtrato attraverso le nubi. 



Mi rendo conto di quanto ho perso di questo strabiliante spettacolo della natura visitandolo in giornate senza sole, anche solo per questo varrebbe la pena di essere viaggiatori senza scadenze, ti fermi ed aspetti di avere il massimo per spostarti con calma verso nuovi orizzonti.
Sulla spiaggia i turisti sciamano come formiche fotografandosi a vicenda e componendo le immagini più fantasiose con i blocchi di ghiaccio come protagonisti, i professionisti con grossi apparecchi inastati su poderosi cavalletti in attesa della luce migliore come cannoni dietro le trincee.


La meraviglia di questo panorama unico è probabilmente la cosa più bella e particolare vista sin ora.
Non essendo un cicloturista senza scadenze sono di nuovo ai pedali e procedo schiacciato tra il mare i i ghiacciai sulla Ring road. 
Appena lasciata la laguna un movimento in prati attira la mia attenzione, fantastico, sono delle renne che pascolano non troppo lontane dalla strada, come le pecore si allarmano appena mi fermo ed estraggo il telefono per fotografarle, peccato non poterle osservare da vicino.


Un puntino di fronte a me si ingrandisce fino a diventare il sorriso aperto e cordiale di Niky, una ragazza canadese anche lei in bicicletta.  


Nonostante l'evidente ottimismo la poveretta si è tranciata un tendine della mano sinistra togliendo la bici dal cartone, è stata operata ed  ora ha una fasciatura rigida ed una calza di lana sulla mano, adesso procede contro un vento decisamente forte verso Vik, dove conta di imbarcarsi su autobus per arrivare in tempo a Keflavik per il volo di ritorno. Ogni volta che ti pare di fare qualcosa di impegnativo e coraggioso hai la prova che c'è chi fa molto di più e da tronfio caprone orgoglioso vieni rimesso al tuo posto dove la modestia è più consona.
Una fiammata di benzina e il fornello mi cuoce noodles, che meno esoticamente in Italia chiamiamo capelli d'angelo, con ceci e concentrato di pomodoro, mi scalda un termos di the per combattere il freddo pungente di oggi e di corsa a pedalare per scaldarsi.
La vescica sun sedere fortunatamente mi permette di stare in bici, devo solo trovare la giusta posizione ogni volta che scendo dalla sella, abbondanti spalmate di crema sono l'unica arma che ho a disposizione, spero non mi faccia infezione impedendomi l'appoggio.



Il cielo è sempre coperto e di un grigio uniforme, lagune costiere si alternano con prati popolati di ovini e rare fattorie dai tetti colorati, finalmente appare un bar ristorante che come una cura di antibiotici ogni giorno mi somministra una grande quantità di caffè caldo e riparo dal vento. Avvicinandomi lungo il vialetto un cane da pastore inglese mi corre in contro con una frenesia ed una voglia di giocare tipica dei Border Collies scatta e si acquatta ad aspettarmi più volte fin davanti alla porta, appoggiata la bici lo accarezzo per un po' e poi entro.
Incamerata la dose di caldo, beveraggio e wifi necessaria sono pronto a ripartire, ho deciso che andrò in campeggio ad Hofn, primo pernottamento in struttura organizzata dopo l'ostello, una grattata al cane che è rimasto ad aspettarmi fuori e parto.
Il simpaticone continua a correre a scatti e a fianco a me lungo il vialetto, penso che si fermerà alla strada, ma così non è, continua a seguirmi rischiando pure di farmi cadere nel suo gioco, ora torna ora torna ma non si ferma mai, ormai avrò percorso un paio di km, non mi va di tornare col vento contro. Mi fermo a un ristorante nella speranza che torni a casa, non lo vedo più, ma appena riparto il mio amico è subito al mio fianco, non so più che fare, entro al ristorante e spiego che è il cane dei loro vicini, se lo trattengono e li avvisano io posso andare senza sensi di colpa. Mi assecondano e parto solo.


L'aiuto del vento dura poco e diventa veramente faticoso procedere, anche perché il terreno non è più pianeggiante e coprire gli ultimi 25 km mi costa un'ora in più di quanto prevedevo. Come se non bastasse inizia anche a piovere in modo da arrivare bagnato in campeggio, mentre penso alla mia triste sorte sono umiliato dallo spettacolo di una partita di calcio femminile, le ragazze in pantaloncini e maglietta sotto la pioggia battente e il vento teso giocano incuranti d'altro che del pallone, altra lezione gratuita della vita. 
Infilo i pantaloni impermeabili e percorro gli ultimi 3 km.
Monto la tenda nel primo campeggio e mi concedo una lussuosa e lussuriosa doccia calda.
Mi si è aperta la vescica, ahi, sedere sempre più a rischio, ennesima spalmata di crema e la fame mi fa dimenticare tutto, mi rimpinzo a dovere e dò il colpo di grazia alle mie riserve di biscotti, evidentemente avevo bisogno di zuccheri.

Oggi 109 km misurati col gps che uso solo per consultare saltuariamente la posizione o cercare i punti.



ISLANDA GIORNO 10 - 21 maggio '18

ISLANDA GIORNO 10 - 21 maggio '18


Con la gamba un po' indolenzita e problemi di posizione nel sonno anche questa mattina sono pronto alla scoperta. Faccio colazione in tenda come al solito, ma sono costretto ad aprire prima il telo interno e poi anche quello esterno, incredibile ma vero, sono le 6 e fa un caldo mai provato dall'inizio del viaggio, il sole splende e non c'è vento.
Finiti i preparativi, con la gamba ancora dolorante e dopo una terza pastiglia sono pronto a partire, la preoccupazione era di svegliarmi in condizioni peggiori del giorno prima col polpaccio inchiodato, ma pare che sia leggermente meglio.

Parto mentre i tedeschi accanto a me sono ancora svenuti in tenda, nessuno è venuto a reclamare il prezzo di un campeggio che sarebbe stato rubato e come sempre la mattina offre nuovi spunti ottimistici.

Pedalo un po' legato, all'inizio, ma poi prendo il ritmo, sotto un cielo turchese che ti fa esultare l'anima, percorro la costa dell'ultimo fiordo senza il tormento di un vento esagerato nell'inizio di una giornata che si prospetta magnifica.



Dopo qualche km intravedo una sagoma che poco a poco si avvicina, la mattina presto mi piace, perché riesci a pedalare un paio d'ore senza incrociare nessuno, auto soprattutto, i turisti sono più delicati nel sorpassare, si scostano fino all'altra corsia, i locali non sempre e quando arrivano con i fuoristrada dai pneumatici XXXXXlarge rombano più degli autocarri, le prime volte mi sono spaventato.


Tornando all'avvistamento, si tratta di una persona a piedi, cammina verso di me, la forma dissimulata da una serie di bagagli incredibile sospesa addosso, grosso zaino da tracking dietro, zainetto da passeggiata stracolmo davanti, tanica flessibile appesa ad un lato, è impressionante!
Come sempre mi fermo a far due chiacchiere, "Hello, sono Liv, soprannome 100 libbre, per il peso dei bagagli" mi dice alla presentazione, parlando scopro che anche lui è un ex air force, ma U.S.A.,  Onehundredpounds sta viaggiando solo da 44 giorni con 45 kg di carico, è salito ad Akureyri per la f35, non immagino quanto fango abbia trovato, e disceso lungo la statale 1.


Sorride felice senza il minimo pensiero per il peso che si porta addosso e per la strada percorsa fin qui, nei suoi occhi la felicità di chi ama stare all'aria aperta scoprendo ciò che lo circonda.
Ancora una volta una lezione, per quanto tu creda di fare qualcosa di grande trovi qualcuno che te la rimpicciolisce come se la guardassi col binocolo al contrario, ma la modestia e la semplicità sonno l'insegnamento più grande.
Ci salutiamo da commilitoni dell'aeronautica e riprendiamo il viaggio in direzioni opposte.



Nel punto più interno del fiordo lasciata costa e mi avventuro verso l'interno, la strada comincia a salire e il meteo continua a volermi bene, speriamo nasca un idillio.





Sono arrivato al Fáskrúðsfjarðargöng, sembra persino una cosa mostruosa, e, per tirarmela un po' l'ho scritto con i caratteri indigeni, detto praticamente sono all'imbocco del tunnel che prende il nome dal fiordo, immagino che göng significhi tunnel. La prospettiva non è esattamente entusiasmante, sei km dentro la montagna in bici su una strada che sale a schiena di mulo per buona parte del percorso e poi scende verso l'uscita, ma mi permette di tagliare l'ultimo "dito" della costa. Accese le luci mi avventuro nella bocca della terra, un po' meno avventuroso di Jules Verne, ma sempre nel ventre della terra in Islanda. La bella notizia è che ho a disposizione un buon metro di banchina e il traffico è scarso, ma spaventoso, le ruotone qui al chiuso fanno un rombo da reattore in decollo sulla tua schiena. E' lunga ma sbuco dall'altro lato.


Sono sulla costa del fiordo successivo, la cittadina di Reydarffjordur di fronte a me, oltre lo stretto braccio di mare, splende colorata al sole con installazioni industriali all'estremità.
Subito a sinistra in discesa lungo la costa e poi dritto verso l'interno imboccando la valle.


E' ora di una meritata sosta per pranzare, il sole mi scalda ed è il pasto più confortevole che potessi sognare.



Riprese le energie si riparte, la strada segue la valle verso un colle, il vento mi aspettava qui, arranco in salita senza esagerare sul polpaccio che dopo la cura di tre tachipirine sembra stabilizzato, se tengo il piede con la punta un po' bassa non mi dà troppo fastidio. Piano piano mi trovo circondato da monti innevati, per un tratto sono anche a favore di vento, ma poi mi tocca spingere anche in discesa.




Nella lunga discesa, a vederla, ma salita a sentirla, incrocio un'ennesima ragazza tedesca, anche questa giovanissima ed esile in maglietta e pantaloni della tuta arrampica spinta dal vento.
Parliamo delle solite cose tra ciclisti e mi scordo persino di chiederle il nome e fare la foto di rito.



Sono finalmente arrivato ad Egilsstadir (da non credere, non c'è una ipsylon e nemmeno una jota) sull'estremità settentrionale di un lago e si presenta anonimo come buona parte dei villaggi.
Diverso è invece il bar, fast-food, gelateria in cui mi rifugio per riprendermi un po'. E' in stile anni cinquanta, tipo Happy Days, con Betty Boop appesa e le sedie in vinpelle verde penicillina, pieno di famiglie con i figli che si godono grandi coni gelato e coppiette di teen-agers ai tavolini ... insomma mi aspetto che arrivi Arnold col menù ed esca Fonzie dal bagno, anzi, l'ufficio.
Io non rompo la mia routine, regular coffee with milk and several refillings, ricarica del telefono e FaceTime a casa, rovinando il clima da fantastici anni 50 e ciuffi impomatati.
Il panorama di monti innevati e il sito road.is mi dicono che le strade verso il lago vulcanico Askja sono chiuse e non è comunque raccomandabile andarci, così parte il primo grande taglio al mio programma, seguirò la ring road verso Akureyri, dicono che a volte rinunciare è saggio.
Dopo una pausa ristoratrice riprendo la strada che monta verso nord, in lieve salita visiva ma in greve pendenza sensoriale a causa del vento.




Come sempre la ricerca di un luogo bivacco è sempre laboriosa, recinzioni ovunque e dove ci sono aperture sono palesemente viottoli che portano alle fattorie e sempre in terreno aperto ... non è posto da imboscate quest'Islanda, ti vedono da km di distanza.
Finalmente un tratturo esce sulla destra superando una ruga del terreno e scendendo lontano verso dei lontani fienili che paiono abbandonati, silla strada un po' fangosa niente tracce recenti, è il mio posto, appena dietro la ruga del terreno svolto fuori strada in un tratto di prato fuori vista ed è subito bivacco.



Ceno subito e mi sistemo poi, anche oggi sono cotto, non percorro tanta strada ma sto un sacco di tempo ai pedali ...insomma sono LENTO.
Tagliando al sedere che è sempre lì con la sua vescica, fortunatamente tollerabile, e buona notte.

oggi 89 km