mercoledì 26 dicembre 2018

Myanmar 6 Salè e Monte Popa

6 novembre 2018          Martedì            G6                Salè + monte Popa




Una bella camera aiuta il riposo, siamo in ottima forma e la colazione è fantastica, la Lella non va oltre tè e fette con marmellata, ma per me l’assaggio di tutto è un must.
Ci prepariamo e alle 9 in punto siamo pronti per la gita, purtroppo non compare l’autista e Mai Mai evidentemente trova un sostituto, probabilmente non ha mai guidato quest’auto(che è una grossa Toyota) perché non conosce i comandi interni e va pianissimo. Bisogna dire che la strada di campagna che ci offre vedute sulla vegetazione e le coltivazioni lungo la sponda dell’Irrawadi non è esattamente veloce, tra curve e dossi, ma noi ci muoviamo alla velocità dei carretti.





Ci consente di goderci al meglio la vita rurale, qui quasi tutto è operato dalla forza animale, l’aratro, il carro e i contadini col cappello a cono sono davvero pittoreschi, qua e là buoi con la gobba pascolano tranquilli sullo sfondo di palme e campi di riso.


Quello che più colpisce sono i mezzi di trasporto, camioncini telonati o pulmini stracarichi di persone pigiate, motorini stracarichi di famiglie intere o montagne di mercanzia, non mancano mezzi postatomici composti da un telaio di due longheroni con adagiati un motore, un sedile e un cassone di carico.





Anche le abitazioni non passano inosservate, capanne a palafitta coperte di frasche o da pannelli di bamboo intrecciati intorno alle quali ci sono animali da cortile, bambini e adulti, immersi in una vegetazione lussureggiante di alberi dai tronchi enormi e particolari, tutto è bello e armonioso.
La vita scorre tranquilla, tutti sorridono e si muovono senz’ansia nei ritmi rilassati della campagna.




Siamo arrivati a Salè, conosciuta per i monasteri di legno intagliato, il nostro driver non conosce una parola d’inglese, ci indica il museo e parcheggia.


Il museo altro non è che un monastero con una costruzione che espone reperti antichi di mobilio, statue, oggetti, carretti e altari.




La costruzione di legno scuro si regge come una palafitta su una serie di robusti pali che lasciano un ampio spazio ombroso sotto al terrazzo su cui poggia l’edificio dai tetti a pagoda sovrapposti, le pannellature come le balconate e i fronti delle gronde sono pesantemente scolpiti e cesellati, scene storiche e animali mitologici ornano ogni centimetro.







Annesse ci sono altre costruzioni, alcune di calcestruzzo altre dorate, e strutture in legno in cui ancora vivono i monaci, l’accesso è consentito praticamente ovunque a patto di togliersi calze e scarpe. 







I monaci pregano, leggono, mangiano, lavano le vesti, ti senti un po’ a disagio, come uno spione dentro casa, ma loro non sembrano preoccuparsi, ti guidano felici verso i loro piccoli tesori, mostrano una statua, un altare, un mobile antico, orgogliosi della loro storia.





Terminata la visita del museo l’autista ci porta in un altro sito costellato di templi di ogni tipo, stupa, pagode, in legno, di mattoni, statue del budda, una strana raffigurazione a forma di uovo, un corteo di statue di monaci che omaggiano il Budda con offerte di fiori e cibo.








Visitata anche quest’area risaliamo nel fresco dell’auto e ripartiamo alla volta del monte Popa, il primo tratto del percorso in pianura, poi si arriva in una zona collinare, accanto a noi sfilano una serie di colli conici che sembrano dei denti di drago. 







In lontananza tra i monti inizia a mostrarsi, tra una curva e l’altra,  il picco col monastero che brilla sulla cima verso cui siamo diretti.  Facciamo sosta pranzo ma non riusciamo ad offrire un pasto al nostro autista che dignitosamente rifiuta, accetta solo una coca cola. 




Arrivando le colline sono costellate di templi e guglie dorate che svettano tra gli alberi, dopo un ultimo tempio con statue di animali si scende in una valletta alla base del monte Popa, dimora dei Nat, qualcosa di affine ai nostri Santi. 







Salutiamo l’autista e ci avviamo tra le bancarelle cariche di oggetti, frutta e fiori, le scimmie che vivono nel tempio sono ovunque, sui tetti, sulle travi , sulle scale, nei giardinetti, alcune si rincorrono vociando altre si spulciano tranquille, insomma vivono incuranti dell’uomo e dei cani randagi, mangiando i semi che vengono offerti loro in bussolotti di carta. 





Tolti scarpe e calze imbocchiamo la scalinata coperta e cominciamo ad inerpicarci, alcuni tratti sono molto stretti e ripidi. 





Il luogo a me ricorda molto i nostri Sacro Monte Cristiani, al posto delle cappelle qui ci sono templi buddisti.




Lungo il percorso ci sono persone che lavano gli escrementi delle scimmie e chiedono un obolo a turisti e pellegrini, un tempietto dopo l’altro, tra statue dei Nat, Budda e figure inquietanti circondate da ori, mosaici e decorazioni si giunge in cima al monte da cui si gode di una vista spettacolare sulla vallata e sul vulcano alle spalle, l’aria è più fresca e si sta veramente bene.




Accanto agli altari grandi scatole di vetro per le offerte sono colme di banconote, sembrano acquari con tanti pesci colorati, lungo le strutture di legno delle tettoie centinaia di targhe ricordano nome, nazionalità e importo dei donatori di tutto il mondo, si respira un’atmosfera di pace tra i milioni di dettagli che compongono il luogo.



È’ ora di tornare, ci immettiamo nel flusso discendente della scala osservando mille particolari che ci erano sfuggiti all’andata, anche qui, come nelle altre pagode molte ragazze vogliono una foto con la Lella che con un sorriso le fa felici, è popolare come il Budda in persona.




Mentre scendiamo la scala avvolta intorno al picco di roccia, si possono osservare centinaia di templi luccicanti immersi nella vegetazione delle colline attorno, arrivati alla base ritroviamo il nostro autista ad attenderci. Silenzioso ci riporta a New Bagan di fronte al nostro hotel, guidando più disinvolto che all’andata.




Dopo un po’ di riposo torniamo a cena nello stesso ristorante, ormai il padrone ci conosce e ci tratta da vecchi amici servendoci porzioni abbondanti di pietanze squisite sul terrazzo di legno illuminato dai lampioni.