mercoledì 13 dicembre 2017

Marocco e Sahara Occidentale 13 LAHAYOUN - BIR JDID

Giovedì 2 novembre 2017                           Giorno 13
LAHAYOUN - BIR JDID

Questa mattina sveglia a sorpresa, tenda  fradicia, nebbia e un umido da morire.






La temperatura non è fredda facciamo colazione con calma aspettando che asciughi tutto.
Partiamo abbastanza tardi imboccando una vecchia pista della Parigi Dakar. Dopo un po’ di chilometri la plancia della mia moto comincia a vibrare, mi fermo per controllare e mi rendo conto di avere le viti lente del castello fissato alla colonna di sterzo, una bella serrata e si riparte.
Non facciamo a tempo a scaldare il motore che siamo fermi di nuovo, JF ha bucato una ruota. 




Sostituzione al volo della camera d’aria, ormai è ora di pranzo, non ci resta che mangiare.
Siamo in una landa desolata senza un cespuglio, niente che non appartenga al regno minerale attorno a noi. Auto in fila per avere un minimo d’ombra e assaliamo i panini. Mangio anche un secchio di noci, il mio fegato ringrazia.




Questa volta il caffè nella Kettle è salvo grazie alla previdenza di Bernie che si è messo in auto un po’ di rami secchi.
Proseguiamo sulla pista noiosa e tormentata dalla tole ondulee che ti fa sfilare la dentiera di bocca, nel tentativo di evitarla si sono sviluppati innumerevoli tracciati paralleli, tra i cumuli di terra che ogni 500 m marcano la pista e anche all’esterno.



Allucinazione? Ad un tratto compare un disturbo sulla linea d’orizzonte di fronte a noi. Piano piano va ingrossandosi fino a prendere i contorni di una duna solitaria. Una grande duna costellata di cespugli e dominata da qualche albero.
La pista la accarezza sul lato sinistro e intorno qualche acacia sparsa, subito oltre una piccola costruzione malmessa circondata dalle strutture circolari di cemento di tre pozzi d’acqua. Canalizzazioni di cemento alimentano lunghi abbeveratoi per gli animali, tutto intorno il terreno disperatamente costellato da pezzi di tubazioni e rifiuti di plastica e metallo di ogni tipo. 
Un micio solitario si aggira con la sicurezza del padrone, ci viene incontro alla ricerca di un po’ di coccole che si gode ronfando come un motorino.
Nella costruzione un tappeto da preghiera, qualche pentola e avanzi di cibo dimostrano la presenza saltuaria dell’uomo.
Tutta la nostra combriccola, galvanizzata dalla presenza di acqua a volontà, unisce spezzoni di corda, cinghie, fettucce e funi per collegarle al secchio fatto con vecchi pneumatici trovato accanto al pozzo e lavorare come schiavi al verricello.
Docce a gogo per liberarsi dalla polvere della famigerata pista Paris/Dakar che i campioni percorrevano a velocità allucinanti.
Lo shampo ai capelli mi lascia in bocca un fondo di salmastro, è acqua salata, già pronta per cuocere la pasta.
La base della duna, decisamente più pulita del terreno dei pozzi, diventa il nostro campo e il micio ci segue fiutando aria di cibo oltre che di carezze.






Questa sera dopo l’aperitivo di rito un taboulè con insalata che mi piace moltissimo.
Fuocherello, davanti al quale mi addormento, e secondo round in tenda.

Oggi 192 km
Totale 983 km



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