Ci fermiamo al bar a fare colazione, latte e cacao con tostada burro e marmellata. Ripartiamo rincuorati e gelati dal vento mentre inizia a piovere, dimenticavo di dire che fa un freddo da morire. La salita aiuta un poco a scaldarsi, si lascia l'asfalto per una sterrata molto ripida e sassosa che mi fa faticare. Poi ritorniamo sulla strada perché anche Ricardo fa fatica, ha la vescica più grande che abbia mai visto e la tratta con Betadine, poi ci mette un assorbente intimo sottile. Arriviamo alla fine della salita sotto un vento gelido ed infine a O Cebreiro a più di 1300 m. Foto e tappa alla chiesetta, poi via perché la temperatura non ci lascia il tempo di divertirci.
Non è una vera discesa, si scende e si sale sempre dentro e fuori dalle nubi, passiamo Linares con le mucche che vanno al pascolo e poi Hospital da Condesa dove Ricardo si ferma, saluti e abbracci e riparto. Ma la strada non si decide a scendere seriamente, in un pezzo di mulattiera sono quasi col naso a terra tanto è ripido. Sempre qualcuno che mi fotografa come un animale raro, o che ha sentito parlare dell'italiano col Carrete(non capisco come e da chi).
All'una passata non ne posso più e, visto che non piove, mangio in un angolo senza vento. Finalmente la discesa comincia e la temperatura si fa accettabile, vicino a Triacastela ci sono dei castagni enormi, mentre il paese è piccolo e non trovo un negozio aperto. Mi dicono che a otto km c'è un negozio.
All'uscita del paese incontro un koreano, scoprirò che si chiama Ji Hoon, mi dice che posso chiamarlo come giugno in inglese (a me piace più Giuan).
Passiamo insieme, conversando, un lungo tratto e lo metto sotto interrogatorio sulla sua terra, la sua cultura e tutto quello che mi viene in mente. Parla bene l'inglese quindi è molto comodo e interessante. Finalmente, dopo un villaggio minuscolo, con un tavolo di generi commestibili per pellegrini a donazione, arriva il bar che vende gli alimentari, penso che sia Montan, non c'è cartello. Compro quel che mi serve e accompagno Giuan avanti un pezzo mentre cerco il mio campeggio privato. Trovo un posto che mi sembra adatto e lo saluto. Una stradina mi porta in un campo, per entrare devo aprire una barriera di filo spinato e l'erba è molto alta, ma non c'è nessuno in vista così mi avventuro. Il tempo di montare e sistemare tutto, entro in tenda, comincio a scrivere e sento un trattore avvicinarsi. Faccio fintadi niente e quando si ferma accanto esco a chiedere se ci sono problemi. È nel campo accanto, il mio campeggio è di un vicino, nessun problema ma di stare attento che magari vengono a tagliare l'erba. È molto gentile e affabile il contadino e mi augura anche buon riposo, mi ricorda i contadini da noi, basta che gli pesti un metro d'erba e ti sparano col sale.
Torno in tenda e spero che non arrivi il padrone. Qui non posso cucinare quindi...panini.
Oggi ho fatto più del previsto, 41 km.
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