lunedì 29 dicembre 2014

Viaggio in Senegal 2^ parte

Viaggio in Senegal 2^ parte


Giorno06 VE 12/04/13





















Oggi la strada non è male, piena di curve prima di Laayoun, ci fermiamo a fare foto al monumento, in una salina costiera e in vari punti della falesia.













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La città è pittoresca, ci si arriva trovando la guarnigione che sembra un castello, si scende al fiume ce forma una vallata verde di canne con una riva a falesia di fronte e l’abitato che vi si distende, bei colori, colpo d’occhio fantastico dopo la monotonia piatta della costa. 




Superato l’abitato la valle è bellissima con dune rosse che si stendono accanto i canneti sul corso d’acqua, il tutto racchiuso dalle pareti ocra della depressione.

Sosta a Laayoun porto dove ci fermiamo a bere l’ennesimo the alla menta.




Sulla strada verso Boujdour ci fermiamo in un villaggio di pescatori dall’apparenza un po’ spettrale, ma con una spiaggia pittoresca.






Gli struzzi di Boujdour ci aspettano maestosi, come il viale a quattro corsie che entra in paese, è impressionante l’enormità delle inutili opere pubbliche.

Siamo in prossimità di Dakhla e andiamo ad accamparci alla radice della penisola tra le dune bianche. 



Qui il vento è al suo massimo e i kite surf imperversano nella baia colorando magnificamente il cielo.





La pista che ci nasconde tra le dune vede la prima moto accasciata miseramente su un cilindro e ci fa sentire il polso alle difficoltà che affronteremo più avanti.

Intanto ci lavoriamo una bella pasta e fagioli



Oggi 574K tot2632 Stiamo recuperando bene


Giorno07 SA13/04/13
Troppo vento, notte difficile, ho letto parecchio. La mattina difficile accendere il fuoco, ma una volta partita la Kettle scalda come una forgia spinta dal vento teso.

Passiamo il Tropico del Cancro, un cartello lo indica e mi dico: al ritorno lo fotografo, non manterrò la parola.  
Il traffico ormai è scarso e la colonna di camper in salita che ci ha accompagnato fino ad Agadir (generalmente pensionati che svernano al caldo) si è ridotta a qualche sparuto avventuriero, anche se le condizioni dell’asfalto sono ottime e permettono il passaggio senza problemi.
Passiamo una zona di rocce d’arenaria erose dal vento immerse in dune di sabbia dorata.
Più avanti si attraversa una depressione dominata da dune di sabbia bianchissima che contrasta col resto del panorama.
Siamo prossimi alla frontiera maura e l’Hotel Barbas, che abbiamo sentito chiamare “Versailles”, probabile visione di giardino dell’Eden nel nulla sconfinato, è un richiamo a cui non si sfugge.



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All’ombra dei paracadute e sull’onda del wireless (un po' di uottsapp con Luca che è in Australia e Lella e Vale che sono a Novara in apprensione per entrambi)ci beviamo una coca fresca, ormai le temperature viaggiano sui 40°.
Prossimo stop la frontiera, benzina e poi affrontiamo i soliti faccendieri di confine che cercano con ogni sorta di strategia di scucirti qualche soldo. E’ carino vedere come ognuno di noi affronta la situazione, io li ignoro, Patou gli dice in faccia che non gli dà un soldo, JF fa quello un po’ idiota che non capisce, mentre Bernie ci ride e ci scherza ma non molla comunque.


Il confine Marocchino si supera velocemente e si affronta la terra di nessuno, un paio di km di pista prevalentemente rocciosa che ha sfondato più di una coppa del motore, prova ne sono i cadaveri d’auto che ne disseminano il tracciato. Qua e là pozze di sabbia insidiano i mezzi in transito, sino al lato Mauritano della frontiera.
Con pazienza e in un tempo accettabile superiamo i vari step, 10€ di polizia e passavant, 10€ di dogana, 1€ di tassa di soggiorno, 18 € di assicurazione per 20gg. Cambiamo un po’ di soldi, la moneta locale si chiama Oughia, 1€=380 Ou
Pranziamo in una bettola di frontiera dove ci servono pecora con le cipolle.
Alla fine ci carichiamo 3 bottiglie d’acqua a testa e affrontiamo la Mauritania.
Scartiamo la penisola di Nouadibou andando verso est a fianco alla ferrovia delle miniere, noi non incrociamo il treno che descrive Fagot, peccato, mi sarebbe piaciuto vederlo, è unico.
Più avanti si procede verso sud e si capisce che qualcosa è cambiato, il clima è più caldo e soffocante.
Ci fermiamo a bivaccare un centinaio di km a sud del confine, ai bordi della strada ci sono gruppi di baracche dove non c’è nulla e nessuna ragione per starci, mi domando se ci viva qualcuno.







Scegliamo il posto perché ci sono degli alberi che riparano un po’ dal sole , dal vento e ci nascondono dai passanti, adesso in cado si sente, siamo a 45°.




Questa sera ci facciamo un aperitivo di cubalibre con salatini, seguirà risotto ai funghi annaffiato dalla seconda bottiglia di vino e un dolce alla fine…siamo veramente motociclisti viziosi.
Oggi 432K tot3064


Giorno08 DO 14/04/13




Questa mattina abbiamo un giovane ospite al campo, è un gerbillo che sembra appena nato, si fa prendere in mano, stranissimo di solito sono velocissimi.







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Basta! Abbiamo recuperato, adesso possiamo goderci un po’ di più il mondo circostante e l’idea è di fare sosta al parco del Banc d’Arguin. Stop rifornimento a Chamy distributore con bar negozio alimentari e ristorante e sosta per vari trasporti collettivi. 












Riempiamo i serbatoi a 437Ou/l, riforniamo la cambusa che ha continuamente bisogno d’acqua e di generi freschi e ci sediamo a gustare l’immancabile the. 
La figlia di JF ha vissuto a Nouadibou per lavoro così abbiamo suggerimenti e contatti. 
Telefoniamo a Monsieur Vetan, il custode del campo tendato nel parco, ma al momento non è presente, ha bisogno di un giorno di preavviso, vista la scarsità di turisti, così ci accordiamo per la sosta al ritorno.
Il caldo in Mauritania è pressante e scendendo si fa sentire sempre più. Il panorama non è entusiasmante, tutto piatto e sabbioso, alberi assenti, rari cespugli e tristi baracche che ogni tanto appaiono ai lati della strada, costruite con tavolette di recupero dei pallets o semplici ossature di paletti rivestite di plastica, latta o materiali di recupero.
Dovunque ci si fermi la sabbia è letteralmente costellata di conchiglie, anche a kilometri dal mare.
Proseguiamo fino a una ventina di Km da Nouakchott dove ci aspetta El Sultan, una spiaggia con bar ristorante campeggio tenuta da un francese di nome Nicolas, originario di Lione ma da anni trapiantato qui.




Molliamo le moto, ci smutandiamo al volo e senza nemmeno toccare terra siamo nel refrigerio dell’Atlantico dopo la grande scaldata nell’abbigliamento protettivo si, ma anche lessante.
Giochiamo sulle onde che ci strapazzano come foglie morte e sfatti andiamo a docciarci, questa scontata comodità che non siamo più nemmeno in grado di apprezzare a casa, ma che qui, dove facciamo prevalentemente campeggio libero, spesso si riduce a salviettine umide o un litro d’acqua e sapone antibatterico da ospedale.
Grande bucato, le magliette cominciano a viaggiare da sole, dopo tutte queste ore di calore.




Una passeggiata sulla spiaggia costellata di conchiglie, seppie enormi e pesci strani, per par riprendere vita alle gambe atrofizzate dalla sella e poi tavolo al tramonto con piccola delusione, Nicolas non ha più il permesso di vendita di alcoolici, quindi niente birra, una spremuta di arance ci deve bastare! (…dannato pidocchio, potevi allungare qualche mancia in più ai funzionari!) 






Chiacchieriamo un po’ e ci racconta della sua vita qui, dice che il turismo è molto calato e i suoi clienti sono soprattutto stranieri che lavorano in città e benestanti locali, ma il lavoro è concentrato nel fine settimana.
Ci consoliamo ampiamente con orate e capitaine grigliati, circondati da una quantità di verdure e patatine, che libidine i pesci escono una spanna per lato dal piatto, non vola una mosca, mangiamo in concentrazione religiosa.
Questa sera mettiamo anche le corna ai due cm di schiuma del materassino per un vero materasso, anche se appoggiato su una stuoia sotto il tendone in spiaggia è sempre un grande comfort.
Oggi 330K tot3394


Giorno09 LU 15/04/13
Colazione mista, bar e nostrana, ripieghiamo tutto, paghiamo 15€ a testa per bibite cena campeggio e colazione e ripartiamo. Nella periferia di Nouakchott sosta per riprodurre le fiches, me ne faccio altre 30, tanto vanno via come il pane e salame. L’attraversamento della città è piuttosto lento, traffico sostenuto, pedoni, carretti tirati dagli asini, dagli uomini, carichi in testa…c’è di tutto e bisogna avere gli occhi anche dietro.
Purtroppo sono afflitto da un’avaria gravissima, non ho il claxon che qui è indispensabile, non posso sollecitare cani pecore capre asini vacche, che affollano le strade della capitale, a levarsi di mezzo. Sudati fradici, un po’ scossi dalla bolgia che vi regna sovrana lasciamo la città, non prima di aver donato 2 fiches all’entrata e 2 all’uscita.
Dopo una cinquantina di km la strada diventa come te l’aspetti in africa, tutta crivellata di buche, talvolta dalla profondità impressionante. La guida qui è più impegnativa che sulle oiste, non ti puoi distrarre un attimo, pena rimetterci un cerchio o peggio.
Il panorama non cambia, sempre piatto, sempre sabbia ma la temperatura cresce, oggi arriviamo al record di 48,5°. In questo idillio di fata morgana incrociamo le tremolanti figure che fatichiamo a riconoscere in 3 ciclisti, per l’incredulità non per la forma.







Una ragazza, Camille partita sola dalla Francia arriverà a Dakar e dopo un tour della Casamanche tornerà a casa e due ragazzi partiti insieme sempre dalla Francia partiranno per il Sudamerica per un tour di 3 anni, si sono incontrati più volte ed ora stanno facendo un tratto insieme. Esterniamo tutta la nostra ammirazione per l’impresa e teniamo per noi l’invidia per l’età che forse non arriva alla metà della mia, che sono il giovane del gruppo, e per l’avventura che surclassa la nostra riducendola alla partita a bocce della domenica.
Saluti, auguri e proseguiamo per sostare a pranzo nel villaggio di Tiguent dove ci svestiamo all’ombra del ristorantino e 40° sembrano freschi.






Insieme al nostro pollo con verdure arrivano anche i 3 ciclisti rossi e congestionati che come noi approfittano del locale. Ci raccontano ridiamo e scherziamo e nella calura feroce del primo pomeriggio ci avviamo verso Rosso.







Sostiamo solo il tempo di fare rifornimento, non contiamo di passare la frontiera qui, ma ci spostiamo sulle rive del Fiume Senegal verso la dogana di Diama.
E’ una bella pista che attraversa il parco Diawling, una zona umida piena di uccelli, facoceri, varani. La cosa sconcertante è che ci sono controlli di polizia e distribuzione di fiches anche qui.












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Ormai siamo arrivati a fine giornata e seguiamo le indicazioni Dekeur Macene di un villaggio turistico e con un po’ di indicazioni dei locali lo raggiungiamo.



Ci sistemano in bungalow tipo rondavel, dal tetto di paglia, un lusso a cui non siamo abituati, con doccia in camera; ci accordiamo per una cena con montone e patatine (la carne è sicuramente fresca, perché fino ad un’ora prima camminava nel prato).












Oggi abbiamo cumulato qualche altra caduta, una valigia si è spaccata nella zona di supporto ma con un abile lavoro di calzoleria composto da nastro americano e cinghie di nylon il problema è stato brillantemente superato.
Oggi 280k di cui 80off tot 3674


Giorno10 MA 16/04/13
Grande lusso, dormito in un vero letto, tormentato da vere zanzare, docciato con acqua calda in una doccia, colazione a un tavolo con sedie e tutto quanto. Non ci resta che riprendere la pista del parco verso Diama.
Ormai il camelback è obbligatorio con le temperature correnti, ritorniamo a costeggiare il Senegal tra pescatori, facoceri, acc… a momenti schiaccio un varano grande come un coccodrillo, stava attraversando la pista mi vede e si blocca, io inchiodo, mi vede rallentare e riparte, lo vedo fermarsi ridò gas e quasi gli stacco la coda. Ci manca solo di cappottarsi sulla lucertola; più avanti mi attraversano due facoceri ma non sono a 20 cm dalla ruota, solo a qualche metro, mi preoccupo un po’ meno.











Da un albero un’aquila pescatrice mi guarda passare con sufficienza, un po’ come bovini che incrociamo continuamente. Giungiamo alla sbarra dove un solerte addetto ci fa pagare il biglietto del parco, all’uscita. Poco più in là c’è il confine, i Mauri ci levano 10€ di polizia e 10 di dogana come all’ingresso e un faccendiere tenta di estorcere altri 40 ma rischia di trovarsi l’impronta delle heidenau sulla pancia.
Eccoci al ponte mobile, con un bell’8€ di pedaggio siamo dall’altra parte, pronti per il lato Senegalese : 10€ al poliziotto che ci organizza anche un bel cambio nero 1€=640 FranchiCFA, in dogana ci fanno una sceneggiata napoletana di prim’ordine per il passavant che vale solo due giorni, è necessario avere il carnet de passage en douane per rimanere di più, ci dicono.
Ma noi non lo abbiamo e con grande magnanimità ci prospettano 2 alternative: andare a Dakar per farlo prolungare o essere scortati a St. Louis alla sede della dogana per fare un’estensione, per la modica somma di 40€. Optiamo per la risposta B (sapevamo già che normalmente questa è la prassi, il Carnet fatto in Italia è comunque molto più caro) e, dopo aver stipulato l’assicurazione Senegalese a , mi pare, 35€ seguiamo il trafficone a St.Louis dove ci produce l’estensione al documento e si intasca la grana.



Tutta la pantomima ci ha portato alle tre di pomeriggio, sentiamo il richiamo della panza e ci imbuchiamo in un ristorante di fronte, vistamare e con wifi (gli altri mi prendono per il culo con sto wifi, ma non me ne frega niente, ho il figlio in Australia e voglio sentire come vanno lui e le femmine a casa). 
Siamo dei veri sfigati, in Senegal in un ristorante koreano, la sciura ci vuole portare gli spring roll che rifiutiamo cordialmente a favore di un bel Thioff, pesce locale molo buono, grigliato con verdure e una bella birrazza Flag che è da 75 e manco ci basterà.
Lasciamo il risto belli soddisfatti, giro panoramico di sanluigi, il porto dei pescatori è un casino incredibile, un auto tenta di abbattermi arretrando, ma sono fortunato, non ci riesce. 

































Ci avviamo sulla costa verso Gandiol seguendo la pista litoranea.
Ci sono frotte di studenti che vanno e vengono, bambini a decine in ogni villaggio, i profumi esotici di spezie nell’aria, le donne orgogliose nei loro abiti coloratissimi e copricapi con fioccone dello stesso tessuto…è bellissimo, mette una grande allegria. Nonostante la povertà sia evidente c’è una sorta di atmosfera allegra e scanzonata, non cercano di farti pena, portano avanti le loro attività senza ansia, tanto…”noi abbiamo l’orologio, loro hanno il tempo”, come usano dirci. 
Ancora una volta si fa sera, un villaggio dietro l’altro, è abitato ovunque, bisogna trovare un posto dove fermarsi. Ci indicano il Salmon Hotel, poco lontano dal villaggio di Leona.







Anche questo somiglia ad un villaggio, con i tucul, la piscina inutilizzabile e nessun turista.







Ci installiamo e ci cuciniamo la cena sfruttando le loro strutture.
Oggi 137K off100 tot3811

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