mercoledì 24 dicembre 2014

Diario del 3° giorno in Tunisia

Ciao, oggi faccio a tutti i lettori gli auguri per un Natale felice e con le persone a cui si tiene veramente.

Insieme agli auguri eccovi il terzo giorno di corsa in Tunisia

Diario di 4 giorni di corsa in Tunisia


3° giorno – 22 marzo 2012 Dormire nel tendino senza materasso è tosto, mi sono svegliato parecchie volte, la sveglia suona troppo presto, alle 5 e 20, ripiego, mangio la colazione di pane burro marmellata e formaggini, un uovo sodo ma niente da bere, solo acqua. Finisco di ripiegare e preparare lo zaino (fortuna, niente umidità, tenda asciutta) e alle 6,30 parto camminando. 


Il primo pezzo nelle dune me lo concedo di riscaldamento e sopra la salita nei pressi del forte inizia la corsa, dopo le colline pietrose ritrovo la discesa dove al fondo si piega a sinistra, c’è ancora un branco di cammelli al pascolo, mi guardano con i loro occhioni miti e non troppo intelligenti, ci sono dei piccoli veramente cuccioli e teneri.

 Ogni tanto qualche dettaglio del panorama mi riporta alla realtà dal mio mondo di pensieri sogni e riflessioni; ti ritrovi, non sai come, con la mente posata sulle cose più strane e non ricordi come ci sei arrivato. Da qui la pista è un po’ angosciante, ne vedo almeno 6 km che procedono dritti come una spada salendo e scendendo attraversando lingue di sabbia e forre scavate da torrenti alluvionali generati dalle improvvise e feroci piogge che colpiscono, raramente, queste zone; uno oued, così si chiamano, è addirittura indicato da una fettuccia rossa appesa ad un arbusto che si vede da lontano, è pericoloso, se arrivi veloce col fuoristrada o con la moto e lo vedi tardi precipiti per almeno 8 metri. Ad un certo punto comincio a sentire rombare dei motori, alcuni di moto, alcuni di vetture ed altri di mostri che ululano rabbiosi come delle F1, sono alla mia destra, passano come i fulmini ma non li vedo, deve esserci una pista non troppo lontano dietro i rilievi (ne avevo notata una che proseguiva dove ho curvato, evidentemente anche quella curvava più avanti).


Con questa compagnia solo sonora proseguo fino a perdere di nuovo la pista che svanisce, ma questa volta me ne frego, seguo approssimativamente la traccia che ho sul gps, adesso sono sicuro che dall’altro lato la pista c’è, l’ho percorsa ieri! Incontro delle sagome che mi osservano da una duna, avvicinandomi mi approcciano dei bambini con un cane al guinzaglio, vogliono invitarmi al loro campo, mi dispiace, ma con tutta la gentilezza possibile rifiuto, voglio arrivare al caffè che c’è oltre le dune, all’andata l’ho mancato con il taglio diretto.

Piano piano mi ricollego alla pista dove vedo passare ancora qualche mezzo, è la carovana della corsa Libya Rally, adesso si spiega il rombo troppo professionale di alcuni motori che sentivo. 

Finalmente si vede il cordone di dune da attraversare, dovrebbe esserci un caffè da questo lato, lo incrocio ma non c’è nessuno, è sbarrato affronto una lunga salita ed arrivo alle propaggini della sabbia, in fondo, sulle dune alte vedo gente a piedi, mi immagino un veicolo che non riesce a disinsabbiarsi. Intanto sono costretto a passare in posti scomodi perché continuano a passare camion e vetture. Finalmente arrivo sulle dune e mi rendo conto che i formichini a piedi erano i fotografi che aspettano in una zona spettacolare il passaggio dei concorrenti. 







Mi fotografano come se fossi uno di loro e mi si avvicinano per esprimermi il loro apprezzamento, per chiedere, vogliono il mio indirizzo email per mandarmi le foto, sono gentilissimi, mi fanno sentire un supereroe, roba da volare via come superman, ma sono ridotto come un “Capitan Ventosa”, è il massimo dell’eroismo che mi riesce, adesso fa veramente caldo, sto colando, e il fondo è faticosissimo. 



Ancora una mezz’ora e arrivo al mitico cafe Bibene, me lo sognavo da un po’. Già in lontananza vedo dei mezzi parcheggiati intorno alla capanna di foglie di palma, ancora una volta mi sorpassa un quad blu, alla guida una ragazza, la stessa che le altre volte mi salutava con un saluto simil militare, adesso la riconosco…è Isolde la fotografa.
11,30, Finalmente sono al bar e fortunatamente c’è gente, ovviamente con la solita paresi quando mi vedono arrivare a piedi, perché sono in riserva con le batterie del gps, è vero che ormai sono fuori dalle curve, ma non si sa mai; ad ogni modo un italiano gentilissimo mi regala un pacchetto di batterie a fronte delle due che mi bastano (nel deserto non si nega mai niente a nessuno se solo è possibile). Ho fatto 30 km, ancora 29, intanto mi ristoro con un the berbero e una coca, tutti i clienti se ne vanno ed io faccio amicizia con il barista. Nel mentre è successa una cosa singolare, ho zuccherato il mio the e l’ho lasciato sul tavolo mentre cercavo le pile, tempo 5 minuti e quando torno il bicchiere è vuoto, incredibile, qualcuno se l’è bevuto!


Offro al barman un po’ di frutta secca e un fruttino e lui in cambio mi dà tre arance, mi sogno la frutta fresca, e un succo tropicale, scambiamo un po’ di parole e alle 12,45 riprendo la corsa. Dopo un tempo imprecisato raggiungo un successivo caffè che è chiuso e mantenendo la traccia gps quando perdo la pista, continuo sino a ritrovare il punto mancato ieri. Dicono che a marcare la curva c’è un copertone di camion, ma non l’ho visto nemmeno oggi. Sono ormai sui saliscendi di terra battuta e ciottoli quando trovo un copertone (non quello giusto) e mi fermo a fare uno spuntino; da qui vedo in lontananza alla mia sinistra tre enormi camion gialli che all’inizio non sono che uno sbuffo di polvere, poi diventano puntini ed infine un 8x8, un 6x6 e un 4x4, tutti con una specie di gobba vetrata nel posteriore; passano e non si accorgono nemmeno del solitario corridore che li osserva da lontano. Mentre la mente vaga procedo sulla mia strada, deliziato dal succo tropicale consumato nella sosta, fino a trovarmi la recinzione alquanto aleatoria e intermittente del parc Jebil, prova tangibile che non sono più così lontano dalla meta. Corro gli ultimi 10 km con notevoli fastidi a un piede, ma un ritmo ed un’energia che stento a capire. Quando, finalmente intravedo la collina del bar e la torretta bianca dell’ingresso al parco spostata a sinistra una scarica di adrenalina mi colpisce, sembra di poterli toccare per quanto sono vicini, illusione data dalla visibilità perfetta. Dovrò ancora correre parecchio per arrivare a vedere che intorno al bar c’è una ressa di camion, auto, tendoni, igloo e stendardi a vela ad indicare che anche il Libya Rally ha scelto come bivacco il cafe du Parc. Sono ormai ai piedi della collina e con un ultimo sforzo arrivo ai primi mezzi del campo quando tra le persone che vedevo osservarmi due mi si avvicinano, sono i fotografi Isolde e Jan, sempre entusiasti delle mie prestazioni, vogliono portarmi a vedere le mie foto che hanno già versato sul portatile. Gli spiego che vorrei almeno arrivare e appoggiare lo zaino, poi sarò pronto a vedere le foto con piacere, superato l’entusiasmo si sono resi conto che sono un po’ provato ed ho bisogno di un attimo per riprendermi.



Majid corre a destra e a sinistra indaffarato a soddisfare le richieste dei clienti e quando mi vede rimane un attimo sorpreso, non ci contava di rivedermi, mentre alle 18 ero a chiedergli un letto. I libian sono autonomi, ma lui ha una comitiva di motociclisti siciliani con guida e non mi sembra troppo convinto di avere posto anche per me, ma alla fine mi sistema. Prima cosa pediluvio di acqua e sale in un secchiello seduto fuori dal bar, mentre contemplo il bordello del campo, con la logistica in azione: cucina da campo al lavoro, area refettorio pronta con dozzine di tavoli e panche, camion cambusa con cella frigo da paura, generatore grande come una 500, luminarie che pavesano l’area tra i camion supporto, assistenze che si affannano sui mezzi…insomma, l’attività ferve, dopo il momento degli equipaggi ora è la volta del supporto.




Superato il momento di riposo mi aggiro a curiosare e finisco con i fotoreporter nell’area stampa, mi mostrano nei loro, scontati, mc book pro il frutto della giornata di lavoro e le mie foto. Sono tutte bellissime, si vede che sono dei professionisti di caratura dagli scatti, dall’attrezzatura (Jan mi mostra un prototipo Nikon che ancora non è in commercio, ha il compito di testarlo in questo ambiente ostico) e dalla disinvoltura e padronanza con cui si muovono in Lightroom4. Mi raccontano, mi spiegano, mi mostrano (Isolde ha un obbiettivo che a causa della sabbia non scorre più bene) e io che sono curioso chiedo ancora di più, vago tra le postazioni dove si preparano i road-book per domani, dove caricano i dati sui gps dei concorrenti (che sono come il mio) e non mi stanco mai. Ad un cero punto qualcuno mi chiama e mi chiede se mi va di essere intervistato da un giornalista di Libya sport tv, non vedo perché no e così, seduto su una panca con lo sfondo del campo mi fa le abituali e lecite domande, chi sei, da dove vieni, ma perché corri, come mai proprio qui, perché da solo, perché così tanta strada…..mentre il cameraman dotato di telecamera e microfono peloso mi guarda dal suo occhione di vetro. Accidenti, te ne vai da solo in un deserto e non riesci a sfuggire al momento di notorietà che era stato scritto nel destino.



Ormai è l’ora di cena e, siccome i siciliani si sono accaparrati tutti i posti, Majid mi porta nel retrobancone a mangiare ad un tavolino come faresti con un vecchio amico, mi scarica un paio di brik al tonno piuttosto piccanti ma buoni e un piatto monumentale di fusilli, sorprendentemente al dente, alla fine c’è l’arancia.
Scambio quattro parole con uno e con l’altro, vado a vedere un po’ di mezzi della corsa, c’è una porsche 4x4 italiana, il navigatore è Roberto Musi e c’è anche la sua morosa (uniche persone che conosco) e arrivo alla fine delle energie così mi vado a sprofondare in un materasso, questa notte…che lusso rispetto a ieri! Riesco persino a scrivere il diario prima di svenire.
Oggi 59,5 Km, poco riposo e piedi fumanti, ho l’unghia dell’alluce destro che mi dà fastidio.
TOTALE 176,1 KM

Nessun commento:

Posta un commento